La possibilità di morire vivendo “fino alla fine”

Marcello Ricciuti, del San Carlo di Potenza, nel Comitato nazionale per la bioetica

Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 dicembre scorso è stato rinnovato il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB). Sono una trentina i componenti del Comitato nel quale, con le nomine recenti, entra a far parte anche il dott. Marcello Ricciuti, anestetista e rianimatore, direttore U.O.C. Hospice e Cure palliative dell’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza.

Da quindici anni, presso questa struttura sanitaria, il dott. Ricciuti e i sui collaboratori assicurano, a persone con malattie ritenute inguaribili, cure proporzionate e senza accanimenti ma anche senza abbandoni. Si tratta di persone spesso giunte alla fase terminale della malattia quando le cure specialistiche si rivelano ormai inefficaci. Sono momenti in cui è necessario seguire il malato per il controllo del dolore e degli altri sintomi, attraverso il supporto psicologico, sociale e spirituale per garantire la migliore qualità di vita, fino alla fine.

Sono circa duecento i malati, soprattutto oncologici, che ogni anno ricevono questo tipo di assistenza presso il San Carlo di Potenza. Il tema del fine vita è uno dei più ricorrenti nel dibattito pubblico e si invocano con insistenza interventi legislativi per consentire e regolamentare il suicidio assistito. Spesso a sostegno dell’eutanasia si richiama la necessità di porre fine a lunghe e penose sofferenze che toglierebbero dignità al vivere. È vero, il dolore fa paura più della stessa morte, ma l’eutanasia è la giusta risposta a questo? È la risposta a quanti vogliono affrontare con dignità e serenità il tratto finale della propria esistenza?

Interessante è a questo riguardo la posizione del dott. Marcello Ricciuti; la nomina del governo nel Comitato di bioetica vuole riconoscere proprio questo. «Nella nostra esperienza» dichiara il medico lucano al quotidiano Avvenire, «di migliaia di pazienti seguiti – naturalmente mi assumo la responsabilità di quel che dico – non abbiamo mai raccolto richieste vere e proprie di eutanasia o di suicidio assistito. Tranne in due casi, uno molto recente di una persona già pronta ad andare in Svizzera. In entrambi i casi un percorso accettato, non senza travaglio, di cure palliative e – nel caso della Svizzera – anche di ricovero in hospice, hanno fatto cambiare traiettoria alla scelta, da una morte anticipata a una morte accompagnata».

Cicely Saunders, medico inglese e fondatrice del primo hospice – il St. Cristopher a Londra – diceva: «Tu sei importante perché sei tu, e sei importante fino alla fine della tua vita». Questo è lo spirito che anima anche l’Hospice del San Carlo e l’impegno di quanti vi operano. E questo spirito ha la capacità di ridare una speranza a vite che ritenevano l’avessero perduta. «Quanta vita in questi percorsi di fine vita» ricorda il dott. Ricciuti, «quante storie da raccontare, sempre drammatiche, vissute tra lacrime e sorrisi, tra conflitti e rappacificazioni. Ma vissute… La medicina ha fatto progressi incredibili, cura e salva molto più di prima, e con la sua veste palliativa cura e salva, in altro modo, anche la morte e il morire».

Sono tante le testimonianze a sostegno di questa bella esperienza del San Carlo di Potenza da parte di gente che ha potuto affrontare con serenità le prove più difficili della vita. Una persona accolta nell’Hospice, scriveva: «Da quando sono qua mi sento serena, sia mentalmente che fisicamente. Il tumore è stato mio compagno di viaggio, vi sembrerà strano ma mi ha fatto compagnia».

Grande è anche la gratitudine da parte delle famiglie dei malati per il sollievo che questi ricevono nel momento del congedo finale. In questa esperienza si uniscono la professionalità con la quale si assicurano le migliori cure e l’amore verso la persona che viene curata. La nomina del dott. Marcello Ricciuti al Comitato nazionale per la bioetica concorrerà certamente a far conoscere nel nostro paese una realtà come quella potentina e altre simili.

Euthanasia
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Paolo Tritto

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