
Ma più che la conclusione di un pellegrinaggio fisico, questa esperienza appare come l’inizio di un itinerario spirituale destinato a lasciare tracce profonde nelle nostre comunità, nei cuori e nelle relazioni ecclesiali.
La proposta è nata dall’ANSPI diocesana, con l’intento di offrire alle parrocchie e agli oratori un incontro vivo con la figura di Carlo Acutis, un ragazzo del nostro tempo che, pur con la normalità dei suoi giorni, ha vissuto con limpidezza l’amore per Cristo e l’Eucaristia. In questa estate, l’oratorio e le parrocchie sono diventate spesso il luogo concreto dell’accoglienza: nelle attività estive, nei momenti di gioco, nelle veglie serali i ragazzi hanno potuto incontrare “in piccolo” il santo adolescente, ascoltare la sua storia e riflettere su come ciascuno può rispondere a Dio nella vita quotidiana.
Sin dall’inizio, la peregrinatio è stata resa possibile grazie alla disponibilità di don Angelo Gioia, che nel tempo in cui era amministratore diocesano ha accolto la proposta con fiducia e coraggio, aprendo le porte a questo cammino spirituale. Successivamente, l’Arcivescovo Mons. Benoni Ambarus ha accompagnato l’ultima fase, in quanto nuovo Pastore della nostra diocesi. Un grazie speciale anche all’ANSPI diocesana, che con dedizione ha curato ogni dettaglio organizzativo e spirituale, rendendo possibile un’esperienza così significativa.
Non sono mancati segni concreti: in alcune parrocchie si sono formati piccoli gruppi di adorazione eucaristica serale; molti giovani hanno chiesto al parroco di poter organizzare momenti di riflessione su Carlo; l’entusiasmo è cresciuto negli oratori, che si sono sentiti “rilanciati” nella loro missione educativa. Alcuni adolescenti, partecipando alle attività dell’oratorio in quei giorni, hanno espresso il desiderio di impegnarsi come animatori, testimoni, custodendo nei loro gesti quotidiani un pizzico della passione di Carlo per Gesù.
Inoltre, questo pellegrinaggio ha stimolato nelle parrocchie una rinnovata attenzione al valore del “camminare insieme”: le comunità vicine si sono incontrate per veglie condivise, momenti di preghiera comune e scambi di idee su come coltivare l’eredità spirituale del giovane milanese. Quelle relazioni di comunione, nate intorno alla reliquia, potranno continuare a germogliare lungo i mesi a venire.
Mentre la peregrinatio si conclude nella nostra diocesi, la Chiesa universale ha da poco vissuto un evento di grande risonanza: la canonizzazione di Carlo Acutis, celebrata da Papa Leone XIV il 7 settembre scorso, insieme a quella di Pier Giorgio Frassati. Nella sua omelia, il Santo Padre ha sottolineato che i due giovani “sono un invito rivolto a tutti noi, soprattutto ai giovani, a non sciupare la vita, ma a orientarla verso l’alto e a farne un capolavoro”.
Leone XIV ha richiamato come elemento comune nelle due esistenze la fedeltà ai mezzi semplici: la partecipazione quotidiana alla Santa Messa, la preghiera, specialmente l’adorazione eucaristica, la confessione frequente, l’attenzione ai poveri e ai fratelli. Egli ha avvertito che “il rischio più grande della vita è quello di sprecarla al di fuori del progetto di Dio” e che Carlo e Pier Giorgio, in epoche diverse, hanno vissuto con forza la decisione di “donare tutto per Lui”.
Queste parole non restano astratte: risuonano come un appello concreto alle comunità, agli oratori, ai giovani maturi e agli adulti che li accompagnano. Se nel nostro territorio la reliquia è passata di chiesa in chiesa, ora è il tempo che i gesti del cristiano, nel quotidiano, siano portatori del messaggio che Carlo ha incarnato: “Non io, ma Dio”, come egli stesso amava ripetere.
Mentre salutiamo la reliquia che lascia le nostre parrocchie, non dobbiamo concepire questo momento come una fine, ma come l’avvio di una responsabilità: custodire quanto ricevuto, e farlo crescere. I giovani che hanno sentito parlare di Carlo nei mesi scorsi hanno bisogno di adulti credibili che li accompagnino; l’oratorio, già teatro di incontro in questo pellegrinaggio, può diventare laboratorio di santità ordinaria, uno spazio dove fede, amicizia e servizio si intrecciano.
Il desiderio che rimane, al termine di questa esperienza, è che ogni comunità possa continuare a percorrere l’autostrada verso il cielo indicata da Carlo: non sciupare la vita, ma orientarla verso l’alto, rendendola una piccola, grande opera d’arte di Dio.




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