Un film (muto) – tra i più noti e struggenti, diretto, prodotto e interpretato da Charlie Chaplin dal titolo “Luci della città”- racconta la storia di straordinaria emozione di una giovane fioraia cieca che, grazie all’aiuto economico del protagonista, riacquista la vista. Il film si conclude con la giovane fioraia che riconosce la persona che l’ha aiutata da una semplice stretta di mano. Quella mano che aveva avuto modo di toccare da cieca e che con grande bontà gli aveva ridato la vista.
Il Natale, che dovrebbe rappresentare un momento di rinascita e di riflessione su un evento che ha cambiato le sorti dell’umanità, è diventato un fattore commerciale che viene esaltato inondando di luci le città. Dovrebbe, invece, come ha fatto il benefattore del film con la fioraia cieca, indurre tutti ad impegnarsi per una soluzione di tante vicende umane drammatiche. Luci che vorrebbero generare momenti di gioia e di spensieratezza. Un momento per non pensare a nulla, dimenticando le tante sofferenze in giro per il mondo.
Queste luci però non riescono nemmeno ad illuminare semplicemente il buio di luoghi poco lontani da noi. Allora, queste luci sono poco credibili; invece di illuminare accecano i nostri occhi, inquinano le parole e soprattutto depotenziano il senso di una festa così importante come quella del Natale.
Si tratta di luminarie che tradiscono la luce, quella vera. Sono solo spettacolari, belle da vedere, certamente, ma niente di più. Attirano l’attenzione su tutto ciò che è commercio, utile per quanti vivono di tale lavoro, che nessuno vuole disconoscere o cancellare, ma non devono far dimenticare le cose vere e autentiche, la vita di tanti che in questi momenti non possono gioire.
Dovremmo diventare benefattori come fa il protagonista del film “Le luci della Città”, per portare la luce dove c’è ombra: nelle trincee dell’Ucraina, nei campi profughi palestinesi, nelle guerre e nei massacri in Africa. Per non dimenticare tanta umanità che fugge da ogni tipo di persecuzione: fame, desertificazione, persecuzioni, violenze, per trovare una vita degna altrove, ma che viene rifiutata e muore attraversando deserti e mari.
Come possono queste luci far accettare azioni che definire criminali è poco, come è il caso dei due fratellini Fadi e Goma Abu Assi di 8 e 11 anni. L’esercito più “morale” del mondo ha così commentato la vicenda: “le truppe dell’IDF hanno identificato due sospetti che hanno attraversato la linea gialla, hanno posto in essere attività sospette e si sono avvicinati alle truppe nel sud di Gaza, ponendo un’immediata minaccia. Le forze aeree israeliane hanno eliminato i sospetti per rimuovere la minaccia”. Come possono essere una minaccia due bambini per l’esercito più armato e forte del mondo?
Ecco che le luci delle nostre città sono ingannevoli e fuorvianti rispetto a ciò che accade nel mondo e soprattutto rispetto alla verità dell’Avvenimento che le luci vorrebbero festeggiare. Come si può parlare del Natale quando ci si prepara a riarmarsi, e si parla di guerra? Non abbiamo bisogno di luci superflue, dovrebbe bastare la luce di quella Stella per illuminare l’umanità e il suo cammino di Speranza. Speranza, la parola centrale del Giubileo 2025. A tal proposito va ricordato quanto ha scritto Papa Francesco in vista dell’anno giubilare: “Dobbiamo (…) fare di tutto perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto”.
Sembrerà banale ma forse è opportuno concludere questo pensiero sul Natale con alcune parole, molto significative e attuali, di una canzone dal titolo “Buon Natale (Se Vuoi)” di un famoso cantante italiano:
La neve che cade qui mi sembra candida
Ma nel silenzio che fa c’è una guerra
In ogni terra a metà
Che nessuno mai salverà
Anche un giorno speciale fa male e tregua non haDimmi perché
È Natale ma pace non c’è
“Buon natale” ma il senso qual è? Una frase formale non è
Un pensiero che vale perché c’è un Natale se vuoi
Ma può nascere solo da noi, dentro di noi


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