

“Fratelli, scelti da Dio, santi e amati,
rivestitevi di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà,
di mansuetudine, di magnanimità” (Col 3,12).
Accompagnati sapientemente dalla Parola della festa della Santa Famiglia abbiamo celebrato nella Basilica Cattedrale i dieci anni di ordinazione diaconale di Giuseppe Centonze e Terenzio Cucaro.
A presiedere l’Eucaristia mons. Salvatore Ligorio che li aveva ordinati il 27 dicembre 2015 nella chiesa di san Francesco d’Assisi, essendo ancora chiusa per il restauro la Cattedrale.
Collegando sapientemente la liturgia della festa a quanto si stava vivendo, il vescovo Salvatore, nella sua omelia, ha sottolineato subito un aspetto fondamentale: dai diaconi si impara ad essere famiglia, ad accogliere e relazionarsi reciprocamente, a passare dal relativismo ed individualismo alla capacità di confronto e di comunione.

Per tale motivo occorre avere il coraggio di “sfondare” i muri di mentalità rigida ed aprirsi al dono in una Chiesa che fa ancora fatica, a volte, a riconoscere e discernere un cammino verso il diaconato. Ecco, a proposito, le parole di Sant’Ignazio di Antiochia (I-II sec.):
Una Chiesa particolare senza vescovo, presbitero e diacono sembra impensabile. Egli sottolinea come il ministero del diacono non è altro che il ministero di Gesù Cristo, il quale prima dei secoli era presso il Padre ed è apparso alla fine dei tempi. Non sono, infatti, diaconi per cibi o bevande, ma ministri della Chiesa di Dio.
I diaconi: chi sono? Cosa fanno? Chi li ha voluti?
Nella Chiesa dei primi secoli
Tale riflessione ci riporta alle fonti della teologia dei primi secoli e nella prassi ecclesiale, nonché agli sviluppi successivi del pensiero magisteriale e teologico.
Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi apostolici. Una consolidata tradizione, attestata già da sant’Ireneo ha visto l’inizio del diaconato nell’evento dell’istituzione dei sette di cui si parla negli Atti degli Apostoli (6, 1-6).
San Paolo li saluta assieme ai vescovi nell’incipit della Lettera ai Filippesi e, nella Prima Lettera a Timoteo, elenca le qualità e le virtù di cui devono essere ornati per compiere degnamente il loro ministero (cf 1 Tm 3, 8-13).
La ministerialità della Chiesa e, in senso più specifico la ministerialità diaconale, è un argomento interdisciplinare e come tale deve porci sapientemente all’ascolto umile della scuola della Parola e della tradizione come scolari desiderosi di apprendere cose antiche e sempre nuove. Solo assumendo questo atteggiamento si potranno scoprire le prospettive che arricchiscono e fondano tale ministero partendo dalla dimensione biblica, oltre che patristica e storica, da quella cristologica ed ecclesiologica, spirituale e sacramentaria e per finire alla dimensione psicologica ed antropologica, canonica e pastorale, ecumenica. L’approccio a tali fonti è molto importante e richiede una lettura attenta per poter comprendere che nella storia della Chiesa i ministeri si sono configurati secondo le esigenze dei tempi.
È accertato che il diaconato non solo è esistito nel cristianesimo primitivo, ma ha esercitato un grande influsso. L’istituzione diaconale fu fiorente, nella Chiesa d’Occidente, fino al V secolo; poi, per varie ragioni, essa conobbe un lento declino, finendo con il rimanere solo come tappa intermedia per i candidati all’ordinazione sacerdotale.
La riscoperta del ministero diaconale con Concilio Vaticano II
Il Concilio Vaticano II ha il merito di aver ripristinato il ministero diaconale; al n. 29 della Lumen Gentium, Costituzione dogmatica sulla Chiesa, così si legge:
In un grado inferiore della gerarchia stanno i diaconi, ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il servizio. Infatti, sostenuti dalla grazia sacramentale, nella diaconia della liturgia, della predicazione e della carità servono il popolo di Dio, in comunione col vescovo e con il suo presbiterio. È ufficio del diacono, secondo le disposizioni della competente autorità, amministrare solennemente il battesimo, conservare e distribuire l’eucaristia, assistere e benedire il matrimonio in nome della Chiesa, portare il viatico ai moribondi, leggere la sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere al culto e alla preghiera dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere al rito funebre e alla sepoltura. Essendo dedicati agli uffici di carità e di assistenza, i diaconi si ricordino del monito di S. Policarpo: essere misericordiosi, attivi, camminare secondo la verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti.
Il diaconato oggi è, in un certo modo, banco di prova per un corale esame di coscienza per tutta la Chiesa.
L’identità e il ministero del diacono, infatti, chiamano in causa la Chiesa come mistero-sacramento (Lumen Gentium), la priorità dell’ascolto-annuncio della Parola di Dio (Dei Verbum), il primato della liturgia, culmine e fonte della vita della Chiesa (Sacrosanctum Concilium), il rapporto tra Chiesa e mondo e l’urgenza di una nuova evangelizzazione nell’attuale situazione (Gaudium et Spes).
Pertanto, una riflessione sul diaconato consente di allargare l’orizzonte all’intera vita e missione pastorale della Chiesa in questo nostro tempo, per evitare che il diacono possa finire nella palude del ritualismoe del devozionismo.
Mons. Ligorio: “Diacono esempio di vita generosa e di perdono”
Sulla scia di questo excursus storico si pone anche la triplice riflessione/augurio di Mons. Ligorio ai diaconi.
- Essere esempio con il proprio ministero di una vita generosa e spesa che possa superare la forza dominante ed attuale dell’egoismo che svuota di significato ogni cosa, azzera i valori, le relazioni ed il dialogo a scapito della reciprocità e sensibilità verso tutti. Essere non permissivi ma autorevoli nel servizio, nell’amore, nella croce, nel perdono.
- Compito urgente del diacono oggi più che mai è essere testimone del perdono. In un mondo dilaniato dalla vendetta e dall’inasprimento, il suo ministero esercitato negli spazi di ogni genere della vita quotidiana può essere testimonianza contrastante di pace ed accoglienza e fratellanza.
- Esercitare un ministero tessuto da un servizio disinteressato, forte del bene compiuto senza pretendere di essere ricambiati. Nel servizio c’è il profumo dell’amicizia, della gratuità come fonte di comunione, dell’attenzione ai poveri quale tesoro della Chiesa come ebbe a vantarsene san Lorenzo, patrono dei diaconi!
C’è un altro aspetto da evidenziare in quello che è il cammino di formazione e anche elemento di discernimento per un futuro diacono: il consenso della sposa. La Chiesa, Madre e Maestra, nella sua profonda saggezza la coinvolge e la rende protagonista in una scelta che non deve assolutamente creare difficoltà all’interno del nucleo familiare, ma generare nuova armonia e un cammino da compiere uniti se pur con ruoli differenti.
La celebrazione bella, familiare, gioiosa di ieri sera ci ha donato di vivere e fare memoria di tanti aspetti di questo ministero che per la nostra chiesa di Matera-Irsina è ancora tutto da scoprire e valorizzare.
Per tale motivo, mons. Ambarus, al termine ha comunicato che nel prossimo Consiglio presbiterale si discuterà proprio del ministero diaconale quale “ministero profetico e di avanguardia”.
Che la nostra Chiesa possa sempre più arricchirsi di diaconi capaci di essere testimoni d’eccezione e pietre di scandalo, segno indiscusso di una Chiesa che pone la sua grandezza nel riscoprire se stessa come discepola di quel Maestro che si fece Parola a servizio di chi non ha parole per salvaguardare la propria dignità.



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