
Tanta è la trepidazione tra i detenuti, tra gli agenti di polizia penitenziaria e nel comandante dott. Giacomo Prudentino, in fra Gianparide e tra i volontari dell’Associazione Disma per l’arrivo del pastore che un anno fa accanto a Papa Francesco apriva la Porta Santa del carcere romano di Rebibbia.
Inizia al buio, con la suggestiva lettura della Kalenda e l’ingresso in presbiterio del vescovo con il Bambinello tra le mani, affiancato da due volontarie di Disma con due candele e accompagnato dal diacono Giuseppe Centonze e dal seminarista Pasquale Bernalda, la celebrazione eucaristica del Natale con una cinquantina di detenuti.
Uno alla volta, i presenti si recano ai piedi del presbiterio e alle candele accendono un lumicino e lo lasciano lì, accanto al Bambinello. Si accendono le luci della cappella della casa circondariale. Un’espressiva forma di lucernario, accompagnata dal canto “Tu scendi dalle stelle”, che bene rende l’idea di quel “popolo che camminava nelle tenebre e vide una grande luce”.

“Cosa c’è da festeggiare?”, chiede il vescovo prendendo la parola nell’omelia. “Il fatto che ci stiamo precipitando nell’autodistruzione come umanità? Che siamo sempre più litigiosi? Che dobbiamo sopportarci tra parenti almeno una volta all’anno?”.
Questo c’è da festeggiare: proprio le persone che potrebbero pensare di essere isolate, disprezzate, che credono che la loro vita valga nulla, sono i primi destinatari di questo annuncio che dice: “Oggi è nato per voi un bambino”.
Sono i pastori, protagonisti del brano del Vangelo ascoltato, “gente che si occupava di cose impure, esclusi dal tempio, relegati ai margini della società, coloro che, secondo un midrash, ritardavano la venuta del Signore”, che per primi ricevono l’annuncio del Natale del Signore, continua il Vescovo.

L’adorazione del Bambino è l’altro gesto che, prendendo spunto dal segno che ha avviato la celebrazione, il vescovo invita i presenti a vivere nella vita: adorarlo vuol dire
che la mia vita possa essere messa a disposizione sua, perché lui possa compiere la sua opera in me,
sottolinea il vescovo. E dunque “arrendersi nelle sue mani, rovesciando i criteri dell’oggi e agendo e vivendo con i suoi stessi criteri. Allora sì, il suo Regno si instaurerà”.
“Ti insegno io come si vive, come si ama, come si muore: io nasco, perché così tu lo sappia”:
“questa – ancora la riflessione del vescovo – la premura che ha sentito il Padre per l’umanità di cui sembra l’unico ad esserne ancora innamorato e che lo ha spinto a inviare il Figlio”.
Sono i ristretti che proclamano la Parola di Dio, mentre l’animazione musicale della liturgia è affidata alla potente voce di fra Gianparide, sostenuto da Enzo e Gabriele con la tastiera e la chitarra.
Efficace nella sua sintesi il saluto del comandante dott. Giacomo Prudentino che ringrazia mons. Ambarus per la sua presenza in carcere in questo primo Natale da arcivescovo di Matera-Irsina e per le sue manifestazioni di vicinanza per i detenuti: “Sei tu la luce!”.


Dopo la celebrazione, il giro nei reparti e nella cucina e la consegna del dono del vescovo per i detenuti: dodici panettoni. Una piccola immagine della natività “da comodino” è stata invece donata a ogni ristretto a fine celebrazione.




il presepe che i ristretti hanno realizzato assieme a un volontario di Venosa in questo tempo di Avvento

assieme al comandante dott. Giacomo Prudentino e gli agenti di Polizia Penitenziaria.

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