Il Primo Maggio di Giovannino Guareschi e di Angelo Ziccardi

«Perché, quando odo le note dell'Inno dei Lavoratori mi prende un'accorata nostalgia?»

Giovannino Guareschi, lo scrittore che ha inventato gli amatissimi personaggi di don Camillo e Peppone, nacque a Fontanelle di Roccabianca, in provincia di Parma, il 1° maggio del 1908. Non fu un evento qualsiasi. Perché non soltanto tutto il paese accorse sotto il balcone di casa Guareschi con manifestazioni di giubilo, ma si vide arrivare gente anche dai vicini comuni della Bassa.

La cosa indubbiamente è un po’ strana, dal momento che il Guareschi neonato non si può certo considerare una persona famosa. Da adulto, nel 1953, lui stesso diede la spiegazione sul Candido, il suo giornale: «Il primo sole che i mei occhi vedono è il sole della mattina del 1° maggio 1908. Un sole politico. E la politica infatti ribolle tre metri sotto la mia culla perché il primo maggio è la “festa rossa” alla Bassa. E i rossi si addensano nel cortile sul quale dà una finestra di casa mia, mentre un sottile soffitto di mattoni e travicelli mi divide dagli altri rossi che affollano il camerone della Cooperativa. E quella mattina, appena finito il comizio nel cortile sotto la finestra della mia cucina, io ho il primo contatto diretto con la politica e con la lotta di classe».

Non sappiamo che reazione ebbe il neonato a quel primo contatto. Nessuno conosce quello che passa per la mente dei neonati. Più tardi, divenuto adulto, cominciò a prendersi gioco di quei “rossi”, deridendoli senza ritegno con le sue caricature dei “trinariciuti”. Ma allora il capo di quei “rossi” che si chiamava Giovanni Faraboli questo non poteva saperlo; per cui, sentendo i primi vagiti di Giovannino, tutto contento salì le scale che portavano a casa Guareschi, afferrò il bambino, si affacciò alla finestra della cucina e lo mostrò alla folla in delirio che era radunata nel cortile, come fosse “un campione dei rossi socialisti”. Una definizione che si può spiegare col clima di particolare eccitazione che c’era in quel Primo Maggio ma che si addice poco a uno scrittore che si definirà orgogliosamente un reazionario. Comunque, questo è quello che avvenne.

Vent’anni esatti dopo Guareschi, nel 1928 nasceva a Irsina Angelo Raffaele Ziccardi il quale, certamente, non possiamo definirlo reazionario – sarà semmai il contrario di un reazionario – ma il caso aveva voluto che nascesse anche lui il giorno del Primo Maggio. E in quel comune della provincia di Matera, in quella occasione, si potette vedere tutto un popolo in festa accorrere, con il vestito buono della festa, a casa del neonato. Pari pari come era successo con Guareschi. Ziccardi sarebbe stato un importante uomo politico eletto nella lista del Partito Comunista al Senato della Repubblica. Sarà formato alla prestigiosa scuola del partito – prestigiosa almeno tra i comunisti – a Frattocchie, e fu uno dei discepoli di Giorgio Amendola, insieme a Giorgio Napolitano, futuro Presidente della Repubblica.

Ma questo, come fu per Guareschi, in quel Primo Maggio del 1928 ancora nessuno poteva saperlo. Perché allora egli fu accolto così festosamente dal popolo di Irsina? A vedere tutta quella gente che accorreva per vedere il bambino nella “naca”, sembrava di essere a un presepe vivente. Infatti, era proprio una specie di presepe vivente, sebbene si trattasse di un presepe socialista. Il motivo di tutto questo lo si sarà già compreso. Quello era un espediente che avevano trovato i lavoratori per celebrare il loro Primo Maggio in un momento storico in cui era proibito partecipare alla Festa dei lavoratori. L’espediente era quello della festosa partecipazione alla nascita in paese di qualche bambino. Allora le nascite erano molto più numerose di oggi e occasioni del genere per organizzare una clandestina Festa dei Lavoratori certamente non ne mancavano.

Giovannino Guareschi, sul Candido, il suo giornale, aveva una rubrica intitolata “Visto da destra. Visto da sinistra”. L’idea che aveva è che ogni uomo è libero di vedere le cose come meglio crede. Da destra o da sinistra, come vuole. Ma egli credeva anche che, sia vedendo da destra, sia vedendo da sinistra, non bisogna mai dimenticare che in fondo quello che si vede è la stessa cosa.

Per cui, nella giornata del Primo Maggio anche lui, che non era di sinistra, sentiva il cuore battere. E si domandava: «Perché, quando odo le note dell’Inno dei Lavoratori mi prende un’accorata nostalgia? Forse perché furono la prima musica che le mie orecchie udirono, dopo quella dolcissima delle parole di mia madre».

Primo Maggio a Irsina

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Paolo Tritto

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