“Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.
È nel nome del Dio trinitario che iniziamo ogni giornata ed è nel suo stesso nome che, ascendendo al Cielo, Gesù inviò gli apostoli a battezzare tutte le genti.
Ed è nel Dio “uno e trino” che tutti i Cristiani professano sin dai tempi del Simbolo degli Apostoli, la propria fede:
Io credo in Dio, Padre onnipotente, […]
e in Gesù Cristo, Suo unico Figlio […].
Credo nello Spirito Santo […].
È stata da sempre insita in tutti i cristiani l’idea di un Dio “uno e trino”, ma per molti questo rimaneva un mistero incomprensibile.
È noto l’aneddoto di sant’Agostino che vi meditava passeggiando in riva al mare, quando si imbatté in un bimbo che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca e, incuriosito dall’operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: “Che fai?”. La risposta del fanciullo lo sorprese: “Voglio travasare il mare in questa mia buca”. Sorridendo Sant’Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: “Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l’immensità del Mistero trinitario”. E detto questo sparì. È proprio una delle maggiori opere di sant’Agostino il trattato in 15 libri “Sulla Trinità”, un testo di primaria importanza nella storia del pensiero teologico e filosofico dell’occidente.
È anche espressivo, negli stessi anni, il modo che il vescovo Patrizio, abbondando i trifogli in terra gaelica, utilizzò per spiegare questo mistero nell’evangelizzazione del popolo irlandese: un unico fiore con tre foglioline uguali e distinte.
Originale e non fa una piega la spiegazione di don Tonino Bello, sempre creativo per rendere concrete immagini teologiche che altrimenti sarebbero le più astratte: “La Trinità? Uno per uno per uno è sempre uno. Dov’è la difficoltà?”.
Per quanto ne era già implicitamente diffusa la coscienza presso tutti già nel primo millennio, passa quasi inosservato il Concilio di Seligenstadt (1022) che ufficialmente riconobbe questo mistero che il Catechismo della Chiesa Cattolica definisce come “centrale della fede e della vita cristiana” (CCC, nn. 234, 261).
Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio.
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC, n. 255)
La prima testimonianza di una specifica data dedicata alla celebrazione di questo mistero viene dal monaco Alcuino di York (735-804), che redasse di una Messa votiva della Santissima Trinità.
Nel 920, inoltre, Stefano, vescovo di Liegi aveva istituito nella sua Diocesi una festa dedicata alla Santissima Trinità e per questa celebrazione aveva fatto comporre un ufficio liturgico. Proprio in quella Diocesi nasceva 320 anni dopo anche la solennità del Corpus Domini.
Tale festività andò col tempo diffondendosi, grazie anche all’appoggio dell’Ordine monastico: un documento del 1091 dell’abbazia di Cluny attesta che la sua celebrazione era ormai ben radicata.
Nella seconda metà dell’XI secolo, papa Alessandro II espresse il suo giudizio su questa festa: pur rilevando la sua ampia diffusione, non la ritenne obbligatoria per la Chiesa universale per il fatto che “ogni giorno l’adorabile Trinità è senza posa invocata con la ripetizione delle parole: Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto, e in tante altre formule di lode”.
Nonostante ciò, la festa proseguì nella sua diffusione sia in Inghilterra, per opera di san Tommaso di Canterbury, sia in Francia, grazie anche all’ordine cistercense, tanto che, agli inizi del Duecento, l’abate Ruperto di Deutz afferma:
Subito dopo aver celebrato la solennità della venuta dello Spirito Santo, cantiamo la gloria della Santissima Trinità nell’Ufficio della Domenica che segue, e questa disposizione è molto appropriata poiché subito dopo la discesa di quel divino Spirito cominciarono la predicazione e la fede e, nel battesimo, la fede, la confessione del nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.».
(Ruperto abate, Dei divini Uffici)
Visto il riconoscimento de facto di tale festività in tanta parte della Chiesa, nel 1334, un decreto di papa Giovanni XXII, sancì che la Chiesa cattolica accettava la festa della Santissima Trinità e la estendeva a tutte le Chiese locali, collocandola nella prima domenica dopo Pentecoste. Com’è ancora oggi.
La SS. Trinità nell’arte
Un mistero così grande non ha potuto non toccare la fantasia degli artisti, sebbene non sia tra i più rappresentati.
Nota in tutto il mondo è l’icona della “Trinità” del monaco russo Andrej Rublëv (1420-30), tra i massimi iconografi di tutti i tempi. “L’ospitalità di Abramo” è il secondo nome dell’opera: forse una prima manifestazione della Trinità la ebbe Abramo. Stretta alleanza con lui e promessagli una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come i granelli di sabbia, un giorno tre signori lo visitano: “Io ritornerò sicuramente da te l’anno prossimo e allora tua moglie Sara avrà un figlio” (Gen 18,10). Chi sa che non si trattasse di Dio-Trinità piuttosto che di un uomo accompagnato da due angeli come Abramo credeva…

Tre uomini dal volto identico, tra cui è solo un’ipotesi dire che da sinistra verso destra incontriamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, in quanto le tre persone della Trinità hanno la stessa sostanza, con un querciolo alle spalle: Abramo abitava alle “Querce di Mamre” (Gen 18,1).
Unica rappresentazione della Santissima Trinità in Diocesi è l’affresco ubicato nella chiesa di S. Giuliano, la cripta adiacente alla chiesa di S. Agostino, a Matera: Padre e Figlio hanno un’unica corona e su di loro è posata una colombina, lo Spirito Santo.

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