“Ogni centimetro quadrato del nostro territorio deve essere protetto” ha affermato la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen. Questa affermazione non è altro che l’annuncio di una politica europea sulla difesa e la sicurezza che si tradurrà in un aumento delle spese militari, come previsto dal prossimo bilancio per l’anno 2026, che secondo molti, potrebbe ridurre le risorse destinate ad altri settori vitali per i cittadini europei. “Se vogliamo la pace dobbiamo prepararci alla guerra”, così si è pronunciata la rappresentante europea per gli affari esteri, Kaja Kallas. Con queste premesse, nei prossimi giorni, il Parlamento europeo voterà il bilancio 2026 dell’Ue.
Nel frattempo sono già in discussione nuovi programmi, tra questi il prossimo bilancio pluriennale 2028-2034. Tutto il confronto politico è incentrato su un massiccio aumento delle spese militari e dei finanziamenti all’industria degli armamenti, che, a parità delle disponibilità economiche complessive a disposizione dell’Ue, comporteranno una drastica riduzione delle risorse a disposizione per la sicurezza ecologica e climatica, alimentare ed economica, sociale e sanitaria, democratica per tutti.
Come si può immaginare, gli intrecci economici e finanziari, politici e militari sono diversi ma legati dal medesimo obiettivo: “trasformare l’economia del continente in una economia di guerra e la società europea in una società in guerra”. Il programma ‘Rearm Europe (ridenominato “Preserving Peace”) prevede l’investimento di 1000 miliardi da destinare alla sicurezza, alla difesa e all’industria degli armamenti. Tutto ciò non basta, perché fra la spesa europea e le spese degli stati membri, “l’obiettivo è arrivare a 6800 miliardi nel 2035”, come ha dichiarato Andrius Kubilius, Commissario europeo alla difesa.
Di fronte a un processo economico basato sugli armamenti, come cattolici, dovremmo ricordarci e batterci per quel progetto di “economia integrale” di Papa Francesco, che si contrappone a un modello economico “che uccide”, proponendo invece un’economia che metta al centro la persona, il bene comune e la cura del creato. Una economia che si fonda su principi di giustizia sociale, sostenibilità ambientale e inclusione, coinvolgendo i poveri come protagonisti attivi e promuovendo un modello che “non produce scarti” e rispetta la dignità di ogni individuo, dall’anziano al malato, fino all’ambiente. L’economia deve servire l’uomo, non il denaro. Questo implica un modello che rispetti i diritti dei lavoratori e non generi “scarti” umani e sociali. Una economia di cura, in risposta alla “globalizzazione dell’indifferenza”, in cui riscoprire la cura per gli altri e per il pianeta, valorizzando il lavoro dignitoso e creando un’economia che supporti il bene comune e la dignità umana. Uno sviluppo integrale, in cui ogni iniziativa economica deve considerare non solo il profitto, ma anche gli aspetti sociali, ambientali e culturali, uno sviluppo che sia sostenibile e che tenga conto di tutte le dimensioni della vita. Una economia dei beni comuni che deve basarsi sulla logica del “noi” e non solo “dell’io”, e prendersi cura dei beni comuni come l’ambiente, l’acqua e l’aria, superando la mentalità individualista. Sono gli obiettivi dell’iniziativa Economy of Francesco, un movimento di giovani con volti, personalità e idee che si muove e vive in tutto il mondo per una economia più giusta, inclusiva e sostenibile e per dare un’anima all’economia dei domani.
Purtroppo, il prossimo bilancio pluriennale 2028-2034oltre all’aumento di cinque volte dei fondi destinati direttamente al settore della difesa, provocherà che l’industria degli armamenti pervaderà tutti i settori civili. Contro questo stravolgimento dell’Europa come continente di guerra, oltre ottocento organizzazioni e movimenti sociali, sotto nessuna bandiera di partito, hanno dato vita alla campagna “Stop Rearm Europe”. Dopo le prime manifestazioni nazionali, nelle diverse capitali europee dello scorso giugno, con la partecipazione di milioni di persone e dopo il primo incontro europeo a metà novembre a Barcellona nell’Unsilence Forum dedicato alla Palestina, è stato avviato un percorso per la costruzione di un movimento europeo dal basso per cambiare la politica di guerra dell’Unione Europea.
Bisogna cambiare rotta! L’obiettivo fondamentale è quello di unire la straordinaria mobilitazione per Gaza, per la Palestina e contro il genocidio, con una partecipazione dal basso per contrastare il futuro di guerra che l’Unione europea e i governi nazionali vogliono imporre alle nostre vite. Per una pace vera, nella martoriata Ucraina, in Palestina e contro tutte le guerre, che stanno insanguinando la Terra, quella “terza guerra mondiale a pezzi” sempre denunciata da papa Francesco. “La pace rende possibile la giustizia, prima tra le “vittime” di ogni conflitto, così come “la pace diventa precondizione per una società giusta”. Ma entrambe queste due dimensioni dell’umano hanno “un prezzo”, afferma il Papa, che è quello della “lotta al proprio egoismo”, cioè “mettere il mio davanti al nostro”. Ogni egoismo “è ingiusto” e “quando diventa sistema di vita personale, sociale e di decisioni politiche, apre le porte al conflitto, perché per difendere i propri interessi (o quelli che presunti tali), sottolinea il Papa “si è pronti a tutto, anche a sopraffare il vicino, che da prossimo diventa avversario e quindi un nemico. Da umiliare, abbattere e sconfiggere”. (dall’introduzione di papa Francesco al libro “Giustizia e Pace si baceranno”, edito da Libreria Editrice Vaticana, autore Angelo Cairati – 2009)

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