Grande sorpresa c’è stata, come sempre, per l’elezione del nuovo Papa. Sorpresa anche per la designazione del cardinale Prevost, certamente tra i papabili ma non tra i più probabili. Non potevano sorprendere, invece, più di tanto le prime parole che il nuovo Papa, Leone XIV, ha pronunciato, con il suo appello alla pace.
Prima di entrare in conclave, infatti, tutti i cardinali lo avevano messo nero su bianco: la loro principale preoccupazione, nell’elezione del papa, sarebbe stata quella della pace. E questo – così sembrava di capire – avrebbe impegnato il nuovo papa nel suo ministero.
Non era mai successo nella storia che un conclave fosse preceduto da una dichiarazione programmatica. Una questione questa tanto dibattuta, che hanno ben presente gli storici della Chiesa, ma che in genere sfugge nel dibattito pubblico. Un segno però abbastanza chiaro di ciò che nella Chiesa si chiama sinodalità. Un segno che era visibile plasticamente nell’immagine dei cardinali affacciati tutti insieme alle quattro logge laterali della basilica, addirittura stipati, perché ci entrassero tutti. Affacciati anche nel senso di protési a mostrare la propria faccia. Di voler metterci la faccia, come si dice, su questo pontificato. Un segno di unità del collegio cardinalizio che voleva essere sufficientemente visibile.
I cardinali, nel loro comunicato, chiedevano che «si giunga quanto prima ad un cessate il fuoco permanente e si negozi, senza precondizioni e ulteriori indugi, la pace lungamente desiderata dalle popolazioni coinvolte e dal mondo intero». A questo proposito i cardinali si rivolgevano a tutti i fedeli perché si intensifichi «la supplica al Signore per una pace giusta e duratura».
Non poteva trovare altre parole, dunque, Leone XIV per il suo primo annuncio dalla Loggia delle Benedizioni: «la pace sia con tutti voi!»
Non si tratta semplicemente di un appello alla pace, come può farlo il mondo. Quello di Leone XIV è un annuncio della fede: «questo è il primo saluto del Cristo Risorto». E questa è anche la ragione che impegna la Chiesa sulla pace. Perché se Cristo, con la sua resurrezione, ha liberato l’uomo dal potere della morte, lo ha liberato anche dagli strumenti di morte che così spesso si mettono in campo.
Per questo il papa ha richiamato a una pace “disarmata e disarmante”. Come suo successore, il papa non poteva non ricordare il gesto di Pietro di mettere mano alla spada per sottrarre Cristo all’arresto e alla sentenza di morte. Non poteva non ricordare, nello stesso tempo, la reazione di Cristo: «Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?»
La pace di Cristo è una pace disarmata e che chiede di deporre le armi. È per questo un’idea rivoluzionaria, anche rispetto all’antico adagio: “si vis pacem, para bellum”. La ragione la ritroviamo in quelle poche e poco altisonanti parole pronunciate dal nuovo papa: la pace è già nel nuovo ordine stabilito dalla resurrezione di Cristo e nel messaggio cristiano. Ha detto Leone XIV: «Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente». Perché «Dio ci vuole bene, Dio vi ama tutti, e il male non prevarrà! Siamo tutti nelle mani di Dio».
L’aspetto rivoluzionario sta proprio in questo “Dio vi ama tutti”. Non ci sono dunque popoli eletti, né supremazie razziali o di altra natura.
C’è un aspetto teologico stringente dietro questa affermazione così radicale, perché la Chiesa non potrà mai tradire il supremo sacrificio di Cristo sulla croce. Se Cristo morì per tutti, è anche risorto per tutti e la pace che scaturisce dal nuovo ordine portato dalla resurrezione è per tutti, senza alcuna esclusione.
Con la resurrezione di Cristo, come scrive Paolo ai Galati: «Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna». Non ci sono più nemmeno Terre promesse da conquistare, né guerre sante da condurre in nome di Dio. Non ci sono valori religiosi o laici che possano legittimamente turbare quella pace che Cristo ha definitivamente stabilito.
Come agostiniano, papa Prevost quando parla di pace non parla soltanto di assenza di conflitti. Questa è soltanto una conseguenza. Perché per Agostino la pace inizia nel cuore umano. Dell’uomo smarrito che si rivolge a Dio: «ci hai fatti per te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te».
È una missione difficile quella della pace. Tanto insidiosa da apparire umanamente impossibile. Ma, ci prega il papa, «senza paura, uniti mano nella mano con Dio e tra di noi andiamo avanti! Siamo discepoli di Cristo. Cristo ci precede. Il mondo ha bisogno della sua luce».
Cristo ci precede. Senza paura, seguiamolo.

(@Vatican Media)
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