
Ancora 250mila fedeli sono addensati nel mattino della quinta domenica di Pasqua in Piazza San Pietro e pullulano di popolo via della Conciliazione e la nuova Piazza Pia per la celebrazione eucaristica di inizio mandato di Papa Leone. Quella celebrazione che 12 anni fa Bergoglio presiedette la sera di San Giuseppe e che Wojtyła II celebrò il 22 ottobre 1978 pronunciando parole che difficilmente dimenticheremo per la loro prorompenza:“Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” .
In un incrocio di sguardi e di braccia agitate, come già dalla loggia delle benedizioni dieci giorni fa, Leone in papamobile, sotto il primo sole del mattino, abbraccia la folla multietnica, che risponde festosa agitando le bandiere, gridando il suo nome e sorridendo, e riesce a prendere qualche bimbo tra le braccia per benedirlo.
Tutto il mondo è presente nella Piazza Vaticana: si sono accreditate oltre 180 delegazioni, dall’Italia agli USA, dall’Ucraina alla Francia, dalla Gran Bretagna a Israele, dalla Spagna al Belgio, dall’Olanda, al Lussemburgo e a Monaco; una nutrita delegazione è peruviana (il Papa ha la doppia cittadinanza Usa-Perù) e ovviamente non mancano i rappresentanti di Commissione Europea ed Europarlamento; in tantissimi hanno seguito l’evento trasmesso in mondovisione tramite i moderni mezzi di comunicazione.
Impeccabile – raccontano i pellegrini giunti a Roma – il funzionamento dei mezzi pubblici e il servizio d’ordine, garantito da 300 vigili del fuoco, 1100 uomini della Protezione civile, 1040 steward, 1100 militari, mille uomini di Ama (Azienda Municipale Ambiente, per la gestione dei rifiuti) e mille della Polizia locale di Roma capitale per il servizio d’ordine.

Il primo momento della celebrazione: al tropheum di San Pietro
Tutto è pronto per la celebrazione: sull’ingresso centrale della Basilica Vaticana campeggia l’arazzo seicentesco della pesca miracolosa, ispirato all’omonima opera di Raffaello, in tema con la celebrazione del giorno. Mentre accanto all’altare, l’effige rinascimentale della Madonna del Buon Consiglio, tanto cara al nuovo pontefice, presa dal Santuario mariano di Genazzano, che nei giorni scorsi ha visitato.
Terminato il giro di Leone tra la folla, i cardinali entrano in Basilica e si dirigono processionalmente verso l’altare maggiore; solo il papa, i patriarchi delle chiese orientali e alcuni diaconi scendono nel tropheum di San Pietro, mentre tutti gli altri cardinali fanno corona al baldacchino del Bernini unendosi da qualche metro di distanza a questo forte e tradizionale momento di preghiera per il nuovo pontificato. Attimi intensi in cui Papa Leone si ferma sulla tomba del principe degli apostoli per affidagli la sua missione e poi lo incensa. E due diaconi prendono di lì l’anello del pescatore e il pallio che a breve Leone indosserà.
La processione dei prelati dal sepolcro del primo vescovo di Roma verso l’altare viene accompagnata, come previsto, dal canto delle Laudes regiae, una variante delle litanie dei santi: alcuni santi sono invocati per intercedere per la Chiesa Santa di Dio “che congiunge le anime al di là dei confini dei regni”, altri per Papa Leone, altri ancora per i governanti e ancora altri per tutti coloro che sono raccolti in preghiera.
Una liturgia della parola “petrina”
La liturgia della Parola, come previsto, è stata quella specifica per questo evento, pur cadendo questa celebrazione in una domenica di Pasqua.
Al centro delle letture, ovviamente, c’è Pietro, a cui Gesù per tre volte domanda “Mi ami tu?” e, poi, dice “Seguimi” (Gv 21,15-19), Pietro che esprime la sua fede in Cristo risorto, “unica salvezza” e “pietra d’angolo” (At 4,8-12), Pietro che raccomanda ai pastori: “Pascete il gregge che vi è stato affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri” (1Pt 5,1-5.10-11).
Le letture sono proclamate in spagnolo e inglese, mentre il Vangelo, come richiesto, in latino e in greco (il salmo responsoriale, invece, in italiano).
Sempre pregnanti i riti esplicativi
Dopo la proclamazione delle letture, in tutta la loro potenza espressiva si svolgono i riti esplicativi.
Primo rito: la consegna a papa Leone del pallio papale, una doppia fascia realizzata con la lana di agnelli benedetti che cade sul spetto e sulle spalle del pontefice: è l’insegna del papa e dei vescovi metropoliti, il simbolo del peso del ministero petrino o, più in generale, del vescovo, buon pastore, che carica sulle sue spalle la pecorella perduta o più debole. Il pallio viene posto sulle spalle del Papa dal cardinale dell’ordine dei diaconi Mario Zenari, nunzio apostolico a Damasco.
Poi, un cardinale dell’ordine dei presbiteri – S. Em. Fridolin Ambongo Besungu, O.F.M. Cap. – invoca la benedizione sul nuovo papa perché il suo ministero corrispondesse alla grandezza del carisma conferitogli.
E, infine, un cardinale dell’ordine dei vescovi – S. Em. Luis Antonio Tagle, su cui molti avevano scommesso come futuro papa alla morte di Francesco – consegna a Leone l’anello, simbolo di fedeltà, insegna episcopale sin dal primo millennio, che Leone ha baciato in segno di rispetto. Su di esso è raffigurato Pietro con le chiavi del Regno e la rete del pescatore, per ricordare l’impegno che i ministri della Chiesa di oggi, successori degli apostoli, hanno di conquistare uomini al Vangelo. Ed è suggestivamente chiamato “anello del pescatore”.

E’ visibile, come dieci giorni fa quando si è mostrato dalla Loggia delle Benedizioni, il volto commosso di Leone una volta ricevute le insegne pontificie.
Dopo aver ricevuto l’augurio “Ad multos annos, Domine”, ultimo momento rituale dell’insediamento, le dichiarazioni di obbedienza espresse da una decina di presenti a nome della Chiesa tutta. Sguardi intensi, sorrisi solari e rapidi scambi di battute tra Papa Leone e tre Cardinali, il Vescovo di Callao (Perù) e il segretario generale della Conferenza episcopale peruviana, un diacono, due Religiosi, una coppia di sposi e una coppia di giovani, che dicono quanto Papa Leone prenda sul serio il suo servizio alla Chiesa.
L’omelia: amore e unità gli inviti di Papa Leone
Una bellissima omelia, intensa nella sua semplicità, in cui Papa Leone ha trasmesso, nella sua indole di “umile servitore della vigna del Signore – “Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia” – le coordinate fondamentali del suo pontificato:
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
“‘Nell’unico Cristo siamo uno‘ – continua Leone citando il suo motto –: questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace”.
nella Santa Messa per l’inizio ufficiale del Suo ministero petrino
Domenica 18 maggio 2025
Trascrizione integrale
Cari fratelli Cardinali,
Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo Diplomatico,
fratelli e sorelle!
Saluto tutti voi con il cuore colmo di gratitudine, all’inizio del ministero che mi è stato affidato. Scriveva Sant’Agostino: «Ci hai fatti per te, [Signore,] e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in te» (Le Confessioni, 1, 1.1).
In questi ultimi giorni, abbiamo vissuto un tempo particolarmente intenso. La morte di Papa Francesco ha riempito di tristezza il nostro cuore e, in quelle ore difficili, ci siamo sentiti come quelle folle di cui il Vangelo dice che erano «come pecore senza pastore» (Mt 9,36). Proprio nel giorno di Pasqua, però, abbiamo ricevuto la sua ultima benedizione e, nella luce della Risurrezione, abbiamo affrontato questo momento nella certezza che il Signore non abbandona mai il suo popolo, lo raduna quando è disperso e «lo custodisce come un pastore il suo gregge» (Ger 31,10).
In questo spirito di fede, il Collegio dei Cardinali si è riunito per il Conclave; arrivando da storie e strade diverse, abbiamo posto nelle mani di Dio il desiderio di eleggere il nuovo successore di Pietro, il Vescovo di Roma, un pastore capace di custodire il ricco patrimonio della fede cristiana e, al contempo, di gettare lo sguardo lontano, per andare incontro alle domande, alle inquietudini e alle sfide di oggi. Accompagnati dalla vostra preghiera, abbiamo avvertito l’opera dello Spirito Santo, che ha saputo accordare i diversi strumenti musicali, facendo vibrare le corde del nostro cuore in un’unica melodia.
Sono stato scelto senza alcun merito e, con timore e tremore, vengo a voi come un fratello che vuole farsi servo della vostra fede e della vostra gioia, camminando con voi sulla via dell’amore di Dio, che ci vuole tutti uniti in un’unica famiglia.
Amore e unità: queste sono le due dimensioni della missione affidata a Pietro da Gesù.
Ce lo narra il brano del Vangelo, che ci conduce sul lago di Tiberiade, lo stesso dove Gesù aveva iniziato la missione ricevuta dal Padre: “pescare” l’umanità per salvarla dalle acque del male e della morte. Passando sulla riva di quel lago, aveva chiamato Pietro e gli altri primi discepoli a essere come Lui “pescatori di uomini”; e ora, dopo la risurrezione, tocca proprio a loro portare avanti questa missione, gettare sempre e nuovamente la rete per immergere nelle acque del mondo la speranza del Vangelo, navigare nel mare della vita perché tutti possano ritrovarsi nell’abbraccio di Dio.
Come può Pietro portare avanti questo compito? Il Vangelo ci dice che è possibile solo perché ha sperimentato nella propria vita l’amore infinito e incondizionato di Dio, anche nell’ora del fallimento e del rinnegamento. Per questo, quando è Gesù a rivolgersi a Pietro, il Vangelo usa il verbo greco agapao, che si riferisce all’amore che Dio ha per noi, al suo offrirsi senza riserve e senza calcoli, diverso da quello usato per la risposta di Pietro, che invece descrive l’amore di amicizia, che ci scambiamo tra di noi.
Quando Gesù chiede a Pietro: «Simone, figlio di Giovanni, mi ami?» (Gv 21,16), si riferisce dunque all’amore del Padre. È come se Gesù gli dicesse: solo se hai conosciuto e sperimentato questo amore di Dio, che non viene mai meno, potrai pascere i miei agnelli; solo nell’amore di Dio Padre potrai amare i tuoi fratelli con un “di più”, cioè offrendo la vita per i tuoi fratelli.
A Pietro, dunque, è affidato il compito di “amare di più” e di donare la sua vita per il gregge. Il ministero di Pietro è contrassegnato proprio da questo amore oblativo, perché la Chiesa di Roma presiede nella carità e la sua vera autorità è la carità di Cristo. Non si tratta mai di catturare gli altri con la sopraffazione, con la propaganda religiosa o con i mezzi del potere, ma si tratta sempre e solo di amare come ha fatto Gesù.
Lui – afferma lo stesso Apostolo Pietro – «è la pietra, che è stata scartata da voi, costruttori, e che è diventata la pietra d’angolo» (At 4,11). E se la pietra è Cristo, Pietro deve pascere il gregge senza cedere mai alla tentazione di essere un condottiero solitario o un capo posto al di sopra degli altri, facendosi padrone delle persone a lui affidate (cfr 1Pt 5,3); al contrario, a lui è richiesto di servire la fede dei fratelli, camminando insieme a loro: tutti, infatti, siamo costituiti «pietre vive» (1Pt 2,5), chiamati col nostro Battesimo a costruire l’edificio di Dio nella comunione fraterna, nell’armonia dello Spirito, nella convivenza delle diversità. Come afferma Sant’Agostino: «La Chiesa consta di tutti coloro che sono in concordia con i fratelli e che amano il prossimo» (Discorso 359, 9).
Questo, fratelli e sorelle, vorrei che fosse il nostro primo grande desiderio: una Chiesa unita, segno di unità e di comunione, che diventi fermento per un mondo riconciliato.
In questo nostro tempo, vediamo ancora troppa discordia, troppe ferite causate dall’odio, dalla violenza, dai pregiudizi, dalla paura del diverso, da un paradigma economico che sfrutta le risorse della Terra ed emargina i più poveri. E noi vogliamo essere, dentro questa pasta, un piccolo lievito di unità, di comunione, di fraternità. Noi vogliamo dire al mondo, con umiltà e con gioia: guardate a Cristo! Avvicinatevi a Lui! Accogliete la sua Parola che illumina e consola! Ascoltate la sua proposta di amore per diventare la sua unica famiglia: nell’unico Cristo siamo uno. E questa è la strada da fare insieme, tra di noi ma anche con le Chiese cristiane sorelle, con coloro che percorrono altri cammini religiosi, con chi coltiva l’inquietudine della ricerca di Dio, con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, per costruire un mondo nuovo in cui regni la pace.
Questo è lo spirito missionario che deve animarci, senza chiuderci nel nostro piccolo gruppo né sentirci superiori al mondo; siamo chiamati a offrire a tutti l’amore di Dio, perché si realizzi quell’unità che non annulla le differenze, ma valorizza la storia personale di ciascuno e la cultura sociale e religiosa di ogni popolo.
Fratelli, sorelle, questa è l’ora dell’amore! La carità di Dio che ci rende fratelli tra di noi è il cuore del Vangelo e, con il mio predecessore Leone XIII, oggi possiamo chiederci: se questo criterio «prevalesse nel mondo, non cesserebbe subito ogni dissidio e non tornerebbe forse la pace?» (Lett. enc. Rerum novarum, 21).
Con la luce e la forza dello Spirito Santo, costruiamo una Chiesa fondata sull’amore di Dio e segno di unità, una Chiesa missionaria, che apre le braccia al mondo, che annuncia la Parola, che si lascia inquietare dalla storia, e che diventa lievito di concordia per l’umanità.
Insieme, come unico popolo, come fratelli tutti, camminiamo incontro a Dio e amiamoci a vicenda tra di noi.
A seguire, martedì 20 maggio, alle ore 17, il Papa sarà nella Basilica di San Paolo fuori le Mura dove visiterà il Sepolcro di San Paolo.
Domenica 25 maggio invece, alle 17, Papa Leone celebrerà nella Basilica di San Giovanni in Laterano la Messa di insediamento sulla Cathedra Romana come Vescovo di Roma. Quindi più tardi, alle 19, si sposterà a Santa Maria Maggiore per venerare l’icona della Vergine, la “Salus Populi Romani”.
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