
Mons. Ambarus, più informalmente don Ben, il nostro nuovo pastore. Ci siamo: dopodomani sera la celebrazione in Cattedrale con cui prende possesso della Diocesi. Domenica mattina, invece, una celebrazione eucaristica nella concattedrale di Irsina.
Giornate di lavoro per la Diocesi e per Matera e Irsina che si preparano ad accoglierlo.
Giornate di intensa preghiera personale e preparazione interiore per mons. Benoni, alla vigilia del nuovo grande compito che lo attende: la guida di due delle sei diocesi della Basilicata, Matera-Irsina e Tricarico, di nuovo unite, come nell’ultimo periodo dell’episcopato di mons. Antonio G. Caiazzo, “in persona episcopi”.
Don Ben è il 73° vescovo della Chiesa materana, un tempo Diocesi di Acerenza e Matera, poi di Matera e, infine, dal 1976 di Matera-Irsina, nel cui nuovo assetto è il sesto arcivescovo.
Il vescovo: guida e “sorvegliante” della fede in una porzione di Chiesa
Dal greco “epískopos”, alla lettera “sorvegliante” – una carica mutuata dal mondo delle poleis greche –, il vescovo è in ogni realtà locale il successore degli apostoli con il compito principale della cura pastorale e della guida della vita di fede, vigilando sull’ortodossia della stessa, della trasmissione dello Spirito Santo ricevuto nell’ordinazione attraverso l’imposizione delle mani.
Vescovo di Roma è il papa, che, coadiuvato dai nunzi apostolici, nomina i vescovi delle diverse realtà locali (diocesi, eparchie, esarcati, abbazie territoriali, ecc.); in tutto il mondo cattolico sono tremila, con 5.430 vescovi totali. L’Italia, invece, ha 226 Chiese locali e 441 vescovi (considerando diocesi con più vescovi ausiliari, gli ordinariati, le prelature, ecc.).
L’episcopato, dopo il diaconato e il presbiterato, è il massimo dei tre gradi dell’ordine sacro.
Mons. Benoni è stato ordinato vescovo il 2 maggio 2021 dal card. Angelo De Donatis – co-consacranti il card. Enrico Feroci e l’arcivescovo di Bucarest, Aurel Percă – dopo che papa Francesco lo aveva nominato vescovo ausiliare di Roma il 20 marzo 2021.

Nel Vicariato di Roma, mons. Benoni ha svolto il ministero episcopale come ausiliare, incaricato dell’ambito della diaconia della carità, direttore della pastorale sanitaria e carceraria, dei migranti, dei Rom e Sinti, incaricato ad interim del Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, mentre all’interno della Conferenza Episcopale Italiana è segretario della Commissione per le migrazioni.
Mons. Benoni: nome ebraico, “figlio del dolore”
Scrive don Ben in un post su X: “Il mio nome, Benoni, è un nome ebraico: Ben-onì”, che alla lettera vuol dire “figlio del mio dolore”: così si chiamava l’ultimo figlio di Rachele e Israele perché nasceva nel dolore della madre morente; poi il padre cambiò il suo nome in Benjamin, Figlio della mano destra o della buona sorte. Continua mons. Benoni nello stesso post:
La mia fede, cristiana, ha radici ebraiche. I miei fratelli e sorelle, ebrei, li sento parte profonda di me. Da sempre, lungo la mia vita, ho letto, studiato, il dolore che il popolo d’Israele ha subito lungo i secoli.
Sappiamo, con vergogna, il dramma della Shoah. Eppure, a Israele, busso e chiedo: per favore, non smettete di essere nostri fratelli maggiori! Non perdete la lucidità e non cedete alla spirale di violenza!
Nell’uso moderno, il nome Benoni è raro, ma coloro che ne conoscono il significato biblico vengono riportati in una storia di perdita e resilienza: una sorta di promemoria sulla possibilità che è offerta a ogni uomo di nascere di nuovo.
E, come nelle testimonianze che accompagnano questi articoli, spesso, è lo stesso mons. Benoni che parla di sé facendo riferimento a nuove nascite: l’ingresso in seminario, l’arrivo a Roma… Non di meno nelle storie dei poveri, per cui ha sempre uno sguardo preferenziale, è evidente che mons. Benoni cerchi sempre la strada per nuove nascite: lungi dall’assistenzialismo, il ruolo di Chiesa e istituzione è collaborare alla redenzione degli ultimi.

A Roma dal 1996 per completare gli studi teologici
Primo vescovo straniero a capo di una Diocesi italiana, cittadino italiano dal 2024, don Ben è in Italia da quasi trent’anni: dopo sei anni di seminario minore e il successivo biennio di studi filosofici nella sua Diocesi di Iași, il vescovo, mons. Petru Gherghel, lo inviava a completare la formazione nel Pontificio Seminario Romano Maggiore di Roma.
Era il 29 giugno del 2000 quando don Ben veniva ordinato presbitero: un anno giubilare, come questo in cui diviene pastore non di una ma di due Diocesi.
L’anno dopo, la licenza in teologia dogmatica alla Gregoriana e tanti intensi anni di attività, prima come educatore nel Pontificio Seminario Romano Maggiore, e poi come pastore nelle parrocchie della periferia romana: San Frumenzio ai Prati Fiscali – a nord, oltre il Raccordo – e, la parrocchia più periferica dell’Urbe, ancora più a nord, SS. Elisabetta e Zaccaria, di cui, nel video che segue, un parrocchiano ci lascia una bella testimonianza.
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