Aspettando don Ben | 3. “Omnia quae habuit misit”

È tratto dal Vangelo di Luca (Lc 21,4) il motto episcopale che, come ogni vescovo al momento della sua elezione, anche mons. Ambarus ha scelto.
Mons. Benoni Ambarus a Gibuti (Corno d’Africa), 2019

Il motto di mons. Benoni è

Omnia quae habuit misit

e riprende le parole pronunciate da Gesù in riferimento alla vedova povera che gettò nel tesoro del tempio due monetine, tutto quello che ella aveva per vivere, in contrasto ai ricchi che invece vi gettavano molte monete, che però erano del loro superfluo (Lc 21,4):

Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva per vivere

Non tanto ai poveri, che hanno pur sempre rappresentato l’opzione preferenziale di tutta l’attività pastorale di don Ben, quanto a sé stesso è il riferimento del motto. È quello che lui stesso spiega nel discorso di ringraziamento al termine della celebrazione di ordinazione episcopale (02/05/2021):

Accolgo questo servizio con la consapevolezza e dei due spiccioli della Vedova del Vangelo.

Siamo tutti poca cosa nelle sue mani, ma preziosi e scelti, affinché nella vita quotidiana il Signore possa moltiplicare tutto di noi per il servizio del Regno.

Riproponiamo l’intero video del discorso di ringraziamento di mons. Ambarus al termine della celebrazione di ordinazione, interessante per la ricchezza dei contenuti e delle esperienze presentate nonché per lo spessore spirituale.

Lo stemma araldico

Alla vigilia dell’ingresso in Diocesi del nuovo vescovo poniamo all’attenzione dei lettori lo stemma araldico che don Ben ha scelto in occasione della sua consacrazione episcopale.

Lo stemma e il motto episcopale di mons. Ambarus

Una stella a cinque punte sormontata da un crescente (un quarto di luna) è rappresentata nel terzo in alto a sinistra dello stemma. Lo sfondo è rosso, colore della carità; il disegno è d’oro (colore della fede). Un primo riferimento simbolico è alla Beata Vergine Maria, la “donna vestita di sole con la luna sotto i suoi piedi e sul capo una corona di dodici stelle”, di cui parla il libro dell’Apocalisse (Ap 12, 1). Inoltre, il riferimento è alle origini di mons. Ambarus che è nato in Romania, in Moldavia, nel cui stemma vi è la testa di un uro, un grande bovino oggi estinto, con una stella tra le corna inframmezzata da una rosa e da un crescente, il tutto d’oro.

Il giglio, che rappresenta san Giuseppe, insieme alla figura di una squadra, che ne richiama il mestiere, quello di falegname, è rappresentato nel terzo in alto a destra. Tutto campeggia su uno sfondo d’argento, metallo che per la sua trasparente lucentezza ben si adatta a simboleggiare la Verità del Vangelo che un vescovo deve accogliere in sé per esserne, come fedele operaio, annunciatore a tutti.

Nello spicchio inferiore è rappresentato invece un campo verde attraversato da una strada d’oro. Il colore verde richiama le vallate e i parchi della Moldavia, e allo stesso tempo allude al campo di Dio che è la Chiesa. La strada è stata scelta dall’eletto vescovo come simbolo di tutta la sua vita, che lo ha visto incamminarsi su sentieri inaspettati, chiamato a incarnarsi in realtà umane ed ecclesiali diverse da quelle del suo Paese di origine.

Riportiamo di seguito altre belle testimonianze su don Ben e il racconto di un altro tratto della sua esistenza.

L’augurio al nostro nuovo pastore di un ministero fecondo e appassionato come traspare dal racconto dei suoi – ventinove – anni romani.

L’impegno, da parte nostra, di attenderlo nella preghiera, come lui ha fatto per noi dal primo giorno in cui, esattamente un mese fa, veniva nominato pastore della nostra Chiesa.

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Giuseppe Longo

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