Parrocchia “San Giacomo”. Festeggiato di nuovo il santo patrono dopo 30 anni. Novena “missionaria” e itinerante: parrocchia e quartiere in fermento

Riprendono alla grande i festeggiamenti per il patrono del quartiere “San Giacomo”: dieci serate tra la novena e il giorno vero e proprio della festa. La celebrazione eucaristica nei diversi cortili del rione e l’alternanza di diversi vescovi gli elementi che hanno caratterizzato questa prima edizione della festa, a cui è dedicato questo ampio servizio.

Un comitato formato da dieci volenterosi parrocchiani capeggiati dal parroco don Marco Di Lucca e dal presidente Antonio Terranova a lavoro per cinque mesi: questo il motore della macchina operativa che ha organizzato alla perfezione i dieci giorni di festeggiamenti in onore di San Giacomo.

Sì, tanto è durata la festa, tra la novena e il giorno vero e proprio della solennità.

La statua di San Giacomo, praticamente da sempre relegata in una nicchia dell’aula liturgica, ha percorso le vie della parrocchia che a lui è intitolata: solo quest’anno molti parrocchiani l’hanno vista per la prima volta.

Ecco, appropriati, i versi che Mario Leardi ha composto il primo giorno del novenario:

La parola a San Giacomo
“Di star solo sono stanco,
per amico qualche banco;
ogni tanto, qualche fedele
entra e accende due candele”:
così San Giacomo, apostolo di Gesù,
di star solo non ne può più.
Chiede aiuto al suo Signore:
“Ispira qualche buon cuore,
mi portino a fare un giretto
nel rione da me protetto.
Voglio vedere strade, vita, movimento,
ascoltare voci, qualche lamento;
voglio vedere volti lieti e gai
ma anche lacrime con i guai.
Voglio entrare in un bar per un caffè,
per gustarlo insieme a te.
Voglio incontrare bimbi e pensionati,
visi sereni e corrucciati.
Approfitto dell’occasione
per presentarTi tutti del rione.
Benedici coloro che mi portano a spasso
con devozione e senza chiasso,
benedici coloro che al mio passaggio
stendono coperte e bel cortinaggio.
Benedici, infine il parroco sacerdote,
metta a frutto ogni sua dote;
per il bene della comunità
preghiere e celebrazioni a volontà.
Inviti a venire a Dio e a trovarmi:
con un segno di Croce a salutarmi.
Io, dal piedistallo dirò a Gesù:
Benedici questo rione e non lasciarlo più”.

E molti parrocchiani pochissimo conoscevano la figura del loro protettore, di cui hanno ben tracciato il ritratto don Pasquale Giordano, in un’assemblea parrocchiale organizzata un mese prima dell’inizio dei festeggiamenti, don Marco Di Lucca nelle serate in cui ha predicato lui e i vescovi Sabino Iannuzzi e Giuseppe Satriano: fratello di Giovanni, Giacomo è sempre accanto a Gesù nelle occasioni importanti, come sul Tabor e nel Getsemani. A lui e Giovanni chiedono aiuto Simone e Andrea per tirar su la grande quantità di pesci raccolti in occasione della prima pesca miracolosa. Giacomo è inoltre figlio dell’ambiziosa Salòme che vuole entrambi i figli, soprannominati “boanerghes” – ‘figli del tuono’, per il loro carattere impetuoso – accanto a Cristo glorioso ed è il primo apostolo martire.

Comitato organizzatore della festa di San Giacomo

San Giacomo pellegrino per il quartiere

Tradizione vuole che Giacomo si sia recato in Spagna per evangelizzarla: ecco il Santuario di Compostela a lui legato e il patronato dei pellegrini che gli spetta.

Nulla di più appropriato che far peregrinare il santo, durante la prima parte della novena (16-21 luglio), per le strade del quartiere: un giro motorizzato dalla parrocchia al luogo prescelto per la celebrazione, al suono dell’Inno a San Giacomo che ha composto Enza Fumi, direttrice del coro parrocchiale. E, dopo la celebrazione eucaristica, un altro giro motorizzato per le vie del quartiere.

A distanza di due settimane, i parrocchiani ricordano ancora l’emozione con cui la prima sera arrivava la statua.

“Mi ha colpito molto il raccoglimento che si è creato nonostante la celebrazione sia avvenuta all’aperto. Un’esperienza da ripetere. Bei momenti di fede e devozione. Mai visti alcuni visi: così abbiamo aiutato qualcuno un po’ distante avvicinarsi alla parrocchia. Una bella esperienza di comunità”, testimonia Fausto Tozzi, uno dei parrocchiani del comitato organizzatore della festa nonché uno dei “Cantore materani”, davanti alla cui sede – in via E. Conversi, proprio dove si trova il locale che ha funto da prima chiesa parrocchiale – don Marco ha presieduto la prima eucaristia della novena.

Una novena che genera fermento

Tanto fermento tra gli abitanti dei condomìni coinvolti, che si sono sentiti interpellati a partecipare, a chiamare altri vicini, a mettere a disposizione un garage come appoggio per i paramenti e tutte le suppellettili liturgiche e ad adornare i balconi con lenzuola e coperte. Ad esempio, a uno di loro, Franco Duni, piace raccontare di aver suonato la chitarra per la prima volta a messa, in questa occasione.

Ma in fermento è stata anche la comunità parrocchiale: tutti si sono sentiti chiamati a dare una mano, dal carico e lo scarico del furgone, con le sedie e tutto l’occorrente per la liturgia, al “Piccolo Coro”, in alcune sere arricchito di nuovi strumentisti, che ha instancabilmente fatto sentire la sua voce in ogni liturgia, ai ministranti, giunti anche da altre parrocchie, in segno di comunione interparrocchiale.  E che dire di chi ha messo a disposizione e ha guidato il pick-up per il giro motorizzato della statua, le catechiste che hanno coinvolto i bambini, le esperte di stiro e cucito, i tecnici di luci e suoni, assieme a tanti – giovani, uomini e donne – che hanno operato nel nascondimento, esprimendo un encomiabile senso di appartenenza alla comunità per rendere belli per tutti i giorni della festa?

Commenta soddisfatta e speranzosa Angela Cotugno, un’altra parrocchiana che fa parte del comitato: “Una Chiesa in uscita che avrà come ritorno una Chiesa in entrata”. E don Marco non ha mancato di evidenziare, al termine di ogni celebrazione, la disponibilità della Parrocchia, che molti in quest’occasione hanno conosciuto per la prima volta, di fronte alle esigenze del suo popolo. Mentre padre Raffaele Minurri, missionario comboniano, di passaggio per la parrocchia in questi giorni, ha giustamente definito questa novena come “missionaria”.

Unica serata in chiesa, domenica 20 luglio, in cui sono stati benedetti i portatori della statua e, al termine della celebrazione, si è svolto il concerto del “Myosotis trio”.

Benedizione portatori

Significative due serate di questa prima parte della novena: venerdì 18 luglio, presieduta da mons. Antonio G. Caiazzo, e il lunedì 21 luglio, un po’ la sintesi di tutto il cammino percorso tra i quartieri, con don Angelo Gioia, vicario generale.

Mons. Caiazzo: “Figli di Dio e fratelli tra noi se davvero vogliamo essere santi”

Tanti materani sono venuti per salutare mons. Antonio G. Caiazzo, desiderosi di ascoltarlo:

Vivere autenticamente l’Eucaristia significa offrire la propria esistenza sull’esempio di Gesù Cristo. Che ci offre sempre un messaggio di libertà

sono le parole di mons. Caiazzo ispirate dall’episodio evangelico del raccogliere le spighe in giorno di sabato.

E se andare in giro con la statua di san Giacomo dice il desiderio di voler imitare lui che, come apostolo, ha seguito Gesù Cristo, per esser santi, prima di tutto – ancora Caiazzo – dobbiamo sentirci suoi “figli, cioè tra noi fratelli, che camminano insieme, facendo cadere pensieri, tensioni, parole e cattiverie che albergano nella nostra vita”.

Accanto a mons. Antonio G. Caiazzo ha concelebrato mons. Giorgio Bertin, vescovo emerito di Gibuti, diocesi del Corno d’Africa, la cui Caritas era gemellata con quella di Roma, amico personale di mons. Benoni Ambarus, giunto pertanto a Matera per l’insediamento del nuovo vescovo.

Don Angelo Gioia: “Parrocchia vuol dire ‘vicino le case’: è qui che ci sta portando questa novena”

Significativa anche l’ultima celebrazione della prima parte della novena, lunedì 21 luglio, presieduta da don Angelo Gioia, vicario generale.

“La parola ‘parrocchia’ vuol dire proprio ‘presso le case’, dove questa novena ci sta portando”, le parole di don Angelo all’inizio della celebrazione.

Un’omelia incisiva che, prendendo spunto dalla prima lettura che mostra il popolo ebraico nostalgico dell’Egitto e dal brano evangelico in cui i discepoli chiedono un segno al Signore, invita i presenti a pensare al loro rapporto con Dio.

Don Angelo sottolinea che, come ogni buon padre, Dio non dà tutto subito: il che infiacchirebbe la nostra volontà e intelligenza: non “dammi” e “fammi” gli imperativi che dovrebbero caratterizzare la nostra relazione con Lui, ma “dimmi”, “apri l’orecchio del mio cuore, della mia intelligenza, sul mistero grande della mia vita. Vite provate, riuscite, piene sono quelle che si pongono in questo atteggiamento di ascolto di Dio: “Dove mi mandi io vado, sino ai confini del mondo” le parole che potremmo attribuire, invece, a san Giacomo a cui tanto stiamo guardando in questi giorni.

Non meno intenso della prima parte – itinerante – della novena, il triduo in parrocchia che ha preceduto il giorno vero e proprio della festa. Bambini, anziani e coppie, tre realtà specifiche della comunità parrocchiale, sono stati i protagonisti di ognuna delle sere del triduo, presiedute ciascuna da un vescovo.

A questa seconda parte della novena viene dedicato un secondo servizio.

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Giuseppe Longo

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