
C’è il “tutto esaurito”, anzi l’overbooking, sabato 11 ottobre nel salone della Casa di Spiritualità Sant’Anna, al punto che alcuni dei ragazzini – ma, si sa, per loro, non è un problema – devono sedere per terra!
È il Giubileo Diocesano per i bambini e i ragazzi in cammino verso la Prima Comunione e la Cresima e per quelli che negli scorsi mesi hanno già completato il loro percorso di iniziazione cristiana, invitati assieme ai loro genitori, catechisti, educatori ACR, capi scout…
Un clima di gioia febbrile e grande attesa per questo momento. Alcuni sono giunti negli autobus appositamente predisposti da alcuni paesi della Diocesi, altri in auto.
Spiccano nel salone di Casa Sant’Anna le camicie azzurre degli scout e in particolare i cappellini verdi di lupetti e coccinelle: anche il cammino AGESCI è riconosciuto come una modalità di iniziazione alla vita cristiana.
Segni efficaci per riscoprire i sacramenti dell’iniziazione
Il vociare festoso di piccoli e grandi viene opportunamente interrotto dal vescovo che prende la parola per avviare questo momento invitando il coro a iniziare il canto dell’Inno del Giubileo. È il “Piccolo Coro” – piccolo solo di nome, anche se oggi, in effetti, è di nuovo arricchito come 30 anni fa di molte voci bianche che partecipano a questo momento giubilare con i loro coetanei – della parrocchia di San Giacomo, sempre molto coinvolgente, che guida il canto. Che spiccano nel tutto anche per il colore azzurro vivido delle loro magliette.

È alla (ri)scoperta dei sacramenti dell’iniziazione cristiana che viene dedicata la prima parte del pomeriggio.
Viene in primis proclamato il brano del Vangelo di Giovanni del colloquio di Gesù con Nicodemo (“Se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio”; Gv 3,1-17), che fa da cornice a tutta la prima parte del pomeriggio.
Ma al centro dell’attenzione ci sono i segni dei sacramenti dell’iniziazione che vengono portati in processione sul tavolo centrale della sala e guidano efficacemente la riflessione: l’olio dei catecumeni, il sacro crisma, il cero pasquale, l’acqua, la veste battesimale, infine il pane… accompagnati nel loro ingresso da un canto e da una didascalia, letta a turno da un educatore.



Un’efficace catechesi, un opportuno ripasso, magari uno stimolo per i più piccoli per cui i segni parlano più che per gli adulti…
Il vescovo Benoni: una densa e interessante catechesi per domande
Nella seconda parte del pomeriggio la parola passa al nostro vescovo che risponde alle domande che gli porgono un paio di bambini e un cresimando, una coppia di genitori e una catechista.
“Chi si è battezzato in età adulta?”, la controdomanda del vescovo a quello che un bambino gli pone su “come nel Battesimo diventiamo Figli di Dio”. Qualcuno alza la mano, il vescovo chiama tra tutti una signora, Brunilde, e per rendere più concreta la sua spiegazione la invita accanto a sé a indossare la veste bianca poc’anzi posta sul tavolo.
Il Battesimo ci rende figli, liberi. Eppure, come Adamo ed Eva nell’Eden, abbiamo sempre il timore che Dio non sia amore, che sia una persona con interessi “altri” o che ce l’abbia con me. E il “sospetto su Dio” è il “peccato originale”.
Anziché figli, così, ci ritroviamo a mendicare, siamo di continuo destabilizzati, portati “su e giù” dal giudizio di chi abbiamo accanto, privi di un punto di riferimento stabile in noi.
“Tu sei il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto”, è la frase che Dio Padre ripete quando ognuno di noi viene battezzato.
E dal discorso sulla figliolanza, il vescovo passa a parlare di “eredità”, rispondendo alla domanda di un cresimando su “come lo Spirito Santo agisce in noi nella Confermazione e ci rende capaci di amare Gesù”. I doni dello Spirito, di cui veniamo fatti partecipi con la Confermazione, sono quelle “energie che ci attrezzano per la vita – sempre le parole di mons. Ambarus – ma anche come l’eredità che ci lasciano i nostri genitori per una vita dignitosa. Eppure, molti si privano di questa eredità vivendo con un tenore al di sotto di quello che gli spetta”.
Come essere genitori o educatori credibili: “Dire ai propri figli cosa io provo verso il Signore, proporre di pregare tutti insieme accanto alla tavola per ringraziare chi ci ha dato questo cibo o pregare per un evento di cronaca a fine gioranta, leggere il vangelo assieme la sera… mettere Gesù al centro, andare asssieme a messa: scaricare come tassinari i figli a messa mentre noi genitori andiamo a fare la spesa è l’espressione massima che non ci crediamo”, la risposta chiara di don Ben. “E ammettere anche, con la stessa autenticità – se è il caso – di non aver mai incontrato il Signore”.

E don Ben sottolinea anche l’importanza di nutrirci settimanalmente dell’eucaristia, puntualizzando – tra l’altro – che quello in cui prendiamo la comunione sporgendo le mani “è l’unico luogo in cui dovremmo mendicare”. E invita i presenti a fare la comunione, stasera, giornata giubilare diocesana: “Se non vi siete già confessati, vi confesserete domani”.
Un dialogo interessante, che ha prodotto tanti riscontri positivi soprattutto tra i genitori – il tutto è riportato nel video seguente –, concluso con l’invito a giungere in cattedrale facendo risuonare nel nostro cuore una domanda:
Scelgo oggi di deporre il modo di camminare fatto sinora e riabbracciare la mia fede? E se lo scelgo lo devo decidere nel mio intimo: non c’è un termometro all’ingresso come uno scanner, ma c’è il Signore che vede nel mio cuore.
In cattedrale “con le mani alzate”. Una celebrazione viva con un’assemblea numerosissima
Le scale del portone centrale della cattedrale sono il punto di ritrovo di vescovo, famiglie ed educatori. E seppure in questo anno giubilare porte sante non sono che a Roma, l’invito del vescovo al popolo di Dio lì riunito è quello di vivere questo momento varcando in modo particolare l’ingresso della cattedrale, ad esempio con le “mani in alto”, per dire: “Mi arrendo al tuo amore, Signore”.

E tutti, dietro la croce che reca il vescovo, al suono delle campane, tutti entrano e gremiscono all’inverosimile la cattedrale.
“Io sono proprio contento questa sera di celebrare insieme e vedere tutti ‘sti ragazzini: mi sembra il vero ingresso nella Diocesi di Matera-Irsina. È veramente bellissimo per me”, ha commentato il vescovo all’inizio dell’omelia.
L’omelia del vescovo, come sempre, è stata capace di suscitare in ciascuno dei presenti la riflessione sulla propria vita a partire dal brano evangelico ascoltato, il racconto della purificazione dei dieci lebbrosi, di cui uno solo torna da Gesù per ringraziarlo (Lc 17,11-19).
Tutti, in un modo o nell’altro, siamo malati, fragili, isolati, rifiutati, feriti. E tutti siamo invitati oggi a unirci con i dieci a dire Signore Gesù, abbi pietà di noi. È una guarigione che avviene mentre cammini: quante volte il Signore ci guarisce, risponde alle nostre preghiere e noi non ci facciamo più manco caso.
Ma uno solo torna ed è salvato: “Non è Gesù che accampa i diritti del dire voglio che mi ringrazi. Ma la capacità di gratitudine nella vita, verso il Signore e verso gli altri – ha continuato l’arcivescovo – è garanzia di essere salvati, cioè del poter dire: io sono riempito di doni”.
Quanto guariscono questi atteggiamenti di gratitudine!
E più siamo grati e riconoscenti, più riusciamo ad accogliere anche gli altri come un dono di Dio.


Nell’occasione, inoltre, viene amministrata la Cresima a tre giovani-adulti della comunità diocesana: Angela, Anna ed Eustachio e alla fine della celebrazione il vescovo conferisce il mandato missionario a tutti i catechisti e gli educatori, portatori del Vangelo nelle realtà locali: “è necessario esser sostenuti in questa missione”.

Un momento riuscito, fortemente voluto da don Pasquale Giordano, Direttore dell’Ufficio Catechistico Diocesano e Vicario Episcopale per la nuova Evangelizzazione e la Catechesi, predisposto da lui e dall’équipe catechistica diocesana con la collaborazione dell’Ufficio Liturgico e dell’Ufficio per la Pastorale Famigliare della nostra Diocesi, prontamente recepito dai parroci e dai responsabili delle diverse realtà della Diocesi, tutte ben rappresentate.
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