«Mi domando che madri avete avuto». Cinquant’anni fa moriva Pier Paolo Pasolini

La risposta religiosa del poeta alla cultura della scarto.

«Vi hanno insegnato / come il servo può essere felice / odiando chi è, come lui, legato». Questo è, secondo Pasolini, il “vergognoso segreto” che il mondo avrebbe trasmesso alle nuove generazioni: «Non provate mai pietà o rispetto / per nessuno, covate nel petto / la vostra integrità di avvoltoi!» Sono i versi di una poesia intitolata “La ballata delle madri” che fu pubblicata nel 1964 nella raccolta “Poesia in forma di rosa”, edita da Garzanti.

In una notte lontana – sono trascorsi esattamente cinquant’anni – all’Idroscalo di Ostia, moriva Pier Paolo Pasolini, un intellettuale il cui nome è particolarmente legato alla nostra città di Matera. Il poeta morì a causa delle percosse subite e dopo essere stato ripetutamente investito dalla sua stessa automobile. I particolari di questa esecuzione sono raccapriccianti e le condizioni del corpo del poeta apparvero davvero penose. Era come se chi lo aveva ucciso avesse eseguito quel comando: «Non provate mai pietà o rispetto / per nessuno, covate nel petto / la vostra integrità di avvoltoi!»

Il suo cadavere, abbandonato dall’omicida, sarà ritrovato soltanto nella mattinata successiva, il giorno 2 novembre del 1975, giorno dei morti.

Nella “Ballata delle madri”, uno sconsolato Pasolini scrive: «Mi domando che madri avete avuto»; sono versi dedicati a quei figli cui non viene riconosciuta la dignità di uomini. «Madri servili, abituate da secoli / a chinare senza amore la testa, / a trasmettere al loro feto / l’antico, vergognoso segreto / d’accontentarsi dei resti della festa».

Papa Francesco parlerà poi di “cultura dello scarto” per descrivere questo scempio. È necessario però capire quale idea avesse il poeta della maternità, se pose questa dolorosa domanda: “che madri avete avuto?” Perché sappiamo quanto positiva sia la figura materna nell’opera di Pasolini e quanto valore egli assegnasse alla madre nella sua vita personale.

Può aiutare a capire questo proprio il film che egli ha girato a Matera nelle vesti di regista cinematografico. Nella pellicola del “Vangelo secondo Matteo” vediamo Pasolini identificare sua madre – proprio la madre biologica, come diremmo oggi – con la Madre di Cristo.

Come mai opera questa scelta? Anche Maria di Nazareth si fece serva – «Ecco la serva del Signore» dirà. Si fece serva ma non fu “servile”, né si accontentò di sapere “come il servo può essere felice”; al contrario, disse: «mi chiameranno beata».

È proprio Maria di Nazareth, una ragazza che allora non poteva avere più di quindici anni che, ci suggerisce il laico Pasolini, ha riscattato gli uomini da uno stato servile, liberandoli dalla condizione di scarti, di rifiuti. Maria è madre – addirittura madre “biologica”, secondo la visione poetica di Pasolini. È vera madre e lo è perché, come ogni madre, ci rende eredi. E quale eredità!

Perché l’eredità che ci giunge tramite Maria non è, come solitamente accade, un semplice beneficio patrimoniale. Per mezzo di Maria, Dio dà in eredità tutto ciò che è suo ma anche tutto se stesso. Per Maria, Dio dona suo Figlio che è l’eredità di Dio e che è Dio stesso. Dio è anche lo Spirito, il tramite che rende l’umanità erede di Dio. È questa la nostra madre. La vera madre, come dice Pasolini. E lo dice chiaramente nel suo film.

Non è la fede che spinge Pasolini, nonostante la sua spiccata sensibilità religiosa, ad affermare ciò. Anche questo egli vuole dirlo chiaramente nel film, presentando un Cristo che è soltanto umano. C’è un episodio che abbiamo riferito su questo stesso giornale alcuni anni fa, quando Mimì Notarangelo ci parlò della sua partecipazione al film. Notarangelo era tra l’altro fotografo e alcune delle sue foto di scena diventeranno iconiche del film “Il Vangelo secondo Matteo”. Ma a Notarangelo Pasolini aveva anche assegnato, nel film, il ruolo del centurione romano che ai piedi di Cristo crocifisso ne afferma con forza la divinità: “Davvero era Figlio di Dio!”

Ci raccontava allora Notarangelo del suo dispiacere quando vide che nel montaggio il regista aveva tagliato questa battuta del centurione, battuta che egli aveva recitato con tanto trasporto. Pasolini aveva cioè omesso quella frase nella quale si affermava la divinità di Cristo. Volendo con questo evidentemente presentare, nel suo film, un Cristo soltanto umano.

Ciò non sorprese ovviamente soltanto Notarangelo. Perplessità emersero soprattutto nella Chiesa. Dove però poi prevalse la considerazione che tutto ciò avrebbe potuto comunque valorizzare l’aspetto umano di Cristo, un aspetto che, pur essenziale, in quel tempo era scarsamente considerato, soprattutto nella religiosità popolare. Anche durante la lavorazione del film di Pasolini, per dirne una, ci fu chi rincorse Enrique Irazoqui, che recitava la parte del Cristo e che peraltro non era nemmeno credente, invocando un suo miracolo. Cristo, tra tanti fedeli, era compreso soltanto nella sua natura divina.

A Pasolini questo non interessava. Il poeta voleva soltanto capire come può succedere che Dio si faccia uomo. Come può succedere, se può succedere, che questo grande Mistero che domina la vita degli uomini possa, nel momento storico presente, rendersi umana presenza.

Dunque, in Pasolini non c’era fede, non c’era il riconoscimento di Cristo. Ma era come se egli ugualmente attendesse Cristo e come se, nell’attesa, scorgesse già l’insorgenza dei suoi lineamenti umani.

Nello stesso tempo, è come se il non credente Pasolini sapesse che non si potrà riconoscere Cristo se non nel suo farsi uomo, nel suo prendere carne nel seno di Maria. Pasolini aspettava Cristo e lo aspettava da Maria. Sapeva che l’incontro con Cristo non sarebbe potuto avvenire se non sorprendendolo nel procedere dal seno materno che lo ha generato. “Veni, Sancte Spiritus, Veni per Mariam” come recita l’invocazione.

Che siamo credenti o anche non credenti, ci suggerisce Pasolini, guardiamo a Maria attraverso la quale il Figlio di Dio verrà a liberarci. Con questo, tutti gli uomini acquisteranno dignità di figli. Come figli, diventeranno eredi. “E lo siamo realmente!” ricorda la Prima lettera di Giovanni.

Mentre ora noi, come ci ricorda Pasolini nella “Ballata delle madri”, siamo minacciati da ogni parte da uno sguardo che manifesta la pretesa che gli uomini si accontentino degli scarti della festa, possiamo guardare con fiducia alla vera Madre che dona agli uomini, suoi figli, la loro piena dignità, quella dignità che soltanto Dio può dare.

Si è appena concluso in Vaticano il Giubileo della spiritualità mariana; anche la riflessione del poeta laico Pasolini sulla figura materna di Maria può farci cogliere il senso di questa spiritualità. Può anche illuminare la tragica scena dell’Idroscalo di Ostia, dove cinquant’anni fa quel poeta fu barbaramente ucciso e la sua dignità calpestata.

Susanna Colussi, madre di Pier Paolo Pasolini, è la Vergine Maria nel film Il Vangelo secondo Matteo

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Paolo Tritto

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