La doccia fredda della candidatura di Zohran Mamdani

New York avrà il primo sindaco socialista e musulmano? Una corsa col favore dei sondaggi e di TikTok. E' un messaggio anticipatore di quello che avverrà anche in Europa?

Quando il potere di Donald Trump negli USA e nel mondo intero sembrava essersi ormai ben consolidato, la campagna elettorale per l’elezione del sindaco di New York ha finito per rimescolare totalmente le carte della politica americana. Almeno da quando si è profilata la candidatura del democratico Zohran Mamdani. Ma soprattutto da quando ha cominciato a prendere consistenza in maniera inattesa il consenso intorno a questo trentaquattrenne privo fino a oggi di grande notorietà, consenso maturato nonostante il pesante boicottaggio che egli ha subito da parte dei media, non soltanto della parte avversa dell’informazione filorepubblicana.

Per emergere nella sua impegnativa battaglia politica, infatti, Mamdani ha dovuto fare ricorso quasi esclusivamente ai canali social, soprattutto TikTok, modalità che però doveva essere congeniale a questo ex-ragazzino “cresciuto su internet”, come ha scritto qualcuno.

Qui in Italia la candidatura di Zohran Mamdani è stata prontamente fagocitata nel vecchio schema di destra-sinistra, fascismo-antifascismo, per cui il candidato viene presentato come un politico sulle semieretiche posizioni del socialismo di Bernie Sanders. Mamdani sarebbe dunque il primo sindaco di New York socialista e musulmano.

Indubbiamente Zohran Mamdani socialista lo è davvero perché tale lui stesso dichiara di essere. Il problema è però che egli, più radicalmente, afferma il definitivo superamento di tali categorie politiche. Per Mamdani infatti non ha più senso parlare di destra-sinistra, di democratici e repubblicani. La vera questione che oggi la politica ha di fronte è per lui tutta nel rapporto coloni-nativi. Una questione, come si può ben capire, spinosissima ma che per Mamdani non può più essere elusa. E i fatti, a cominciare da quello che sta avvenendo in Palestina, decisamente sembrano dargli ragione.

Il mondo globalizzato ha finito per mettere, nello stesso calderone delle nazioni, popoli di ogni provenienza e delle più varie identità. Una miscela che è ormai diventata esplosiva. È a questo che, secondo Mamdani, si devono far risalire le atrocità che vediamo a Gaza, in Ucraina, nel Sudan, in Uganda, in Ruanda; e qui l’elenco sarebbe davvero troppo lungo.

Non solo, ma secondo l’idea del candidato newyorkese quella conflittualità coloni-nativi serpeggia anche in paesi dove regna, o sembra che regni, la pace. E dove vediamo le popolazioni dei nativi che cercano in tutti i modi di arginare il fenomeno migratorio cui si attribuisce un presunto progetto colonizzatore: nelle scuole, nei quartieri, in intere città, si dice, la popolazione nativa ha dovuto cedere tutti i propri spazi agli immigrati.

La storia, inoltre, ha prodotto anche situazioni inverse, in luoghi dove sono stati invece i coloni a sostituirsi ai nativi; come in Canada, negli USA e, appunto, in quella Palestina che è diventata oggi il perfetto e tragico esempio di tutto questo. Ciò che la politica ha rappresentato fino a oggi con i suoi vecchi schemi destra-sinistra, ci viene a spiegare Zohran Mamdani, finisce così per essere risucchiato come in un astronomico buco nero. Altro che sindaco socialista!

Nonostante il pesante boicottaggio subito da destra e da sinistra, Mamdani si è potuto presentare alle elezioni col favore dei sondaggi, che gli attribuiscono un vantaggio che oscilla attorno ai quindici punti rispetto al suo principale antagonista repubblicano, il potente Andrew Cuomo; il quale potrebbe ritornare in gioco soltanto in caso di ritiro del terzo candidato Curtis Sliwa.

Come Zohran Mamdani potrà gestire in maniera adeguata tutto questo? Ne sarà capace? Soprattutto se si pensa al decisionismo indubbiamente un po’ avventato che ha mostrato fino a non molto tempo fa e che lo ha portato a sposare la causa palestinese fino al punto da mostrare una certa reticenza a condannare quello slogan ricorrente nei cortei pro-pal e che vorrebbe “globalizzare l’intifada”. Sono cose da far tremare le vene e i polsi in una società come quella americana dove si sa quale peso abbia la presenza ebraica.

Ma Mamdani, che evidentemente non si lascia impressionare facilmente, ha tirato fuori dal suo cilindro tante di quelle ragioni da riuscire a ricavare un forte consenso. Perfino da parte di larghi settori della comunità ebraica se il leader degli ebrei di New York Brad Lander ha detto di lui: «credo che proteggerà i newyorkesi ebrei e i nostri diritti».

Ovviamente ha avuto il buon senso di moderare un bel po’ i toni del suo linguaggio; compresa una certa revisione ideologica che lo ha portato sulle posizioni più morbide di un socialismo democratico. Anche per la Grande Mela, evidentemente, vale la massima “Parigi val bene una messa”.

Resta comunque la sua idea di fondo, che cioè in politica tutto si gioca ormai attorno al diritto di cittadinanza. Non è più tollerabile, dice, che all’interno di una società ci sia un gruppo dominante che eserciti la sua egemonia e che metta in atto una politica di contenimento delle forze minoritarie. Anche quando quei gruppi maggioritari e quelle minoranze siano oggettivamente in conflitto tra loro, devono trovare il modo di accettare le reciproche diversità. In parole povere, è necessario imparare a convivere anche con i propri nemici. Perché ciò che conferisce il diritto di cittadinanza è per Mamdani semplicemente la residenza, non certo l’appartenenza a questo o a quel gruppo.

Possiamo immaginare quante polemiche possano alimentare queste idee. Donald Trump – non c’era da dubitarne – senza mezzi termini, continua a definire Mamdani “un comunista pazzo” e ha detto che lo arresterà nel caso vincesse le elezioni.

Qualcuno si chiederà come può un giovanotto alle prime armi e che sembra spuntato fuori da TikTok avere elaborato una dottrina così ben definita. La risposta è abbastanza semplice: il giovanotto è figlio di Mahmood Mamdani, docente alla Columbia University e studioso delle società post-coloniali, studi cui si deve evidentemente l’elaborazione delle teorie sulle dinamiche coloni-nativi.

Questi però sono aspetti palesemente troppo generici, dai quali non si può certamente far dipendere il successo o meno delle politiche locali. Quali sono, dunque, nella sostanza le proposte che Zohran Mamdani fa per amministrare la metropoli di New York?

Se il perno di tutto è l’affermazione del diritto di cittadinanza, per Mamdani la città di New York deve essere vivibile da parte di tutti. Cosa che evidentemente non è. Vivere a New York, con i suoi costi elevati, è diventato impossibile per chi non ha un reddito altrettanto elevato. La ricetta di Mamdani è quella di imporre contratti di affitto a equo canone, creare supermercati sociali a prezzi calmierati, trasporti pubblici e asili nido gratis. Oltre a tante altre misure di questo tipo che possano consentire, anche a chi non è milionario, di vivere a New York. Come finanziare tutto questo? La risposta di Zohran Mamdani è anche in questo caso semplice, forse semplicistica: tassando i milionari che vivono nella metropoli.

Ma i milionari accetteranno di essere tassati? Più di quanto siano tassati già? A New York, infatti, già adesso i milionari che sono l’uno per cento della popolazione pagano il quaranta per cento delle tasse dell’intera popolazione. D’altro canto però, ci si può rendere facilmente conto che il costo proibitivo della vita a New York rende la vita impossibile non soltanto ai poveri ma anche a quei milionari che possono permettersi di spendere molti soldi. Come si può vivere infatti, pur avendo tanti soldi, in una città da dove scappano coloro che di quelle risorse non dispongono: gli insegnanti dei propri figli, gli infermieri degli ospedali, i manutentori degli ascensori, gli studenti universitari, gli operatori ecologici?

È un problema grosso che si può notare ormai anche nelle grandi città italiane. La ricetta del candidato Mamdani funzionerà? Quanto sia difficile vincere questa scommessa, il giovane candidato mostra di saperlo benissimo e lo ha fatto capire con il famoso video del tuffo dell’orso polare, quando si è tuffato tutto vestito nelle fredde acque dell’oceano Atlantico per sperimentare sulla sua pelle quale disagio si può provare nel tentativo di far raffreddare qualcosa, come dovrà essere per i prezzi a New York. Non sarà cioè una sensazione molto piacevole. Sarà, appunto, una doccia fredda.

Che la sua ricetta funzionerà o meno questo si vedrà, nel caso verrà eletto. Quello che si sa è che intanto Zohran Mamdani vola nei sondaggi. E che, comunque vada – come si dice in questi casi – nulla sarà più come prima. Sicuramente.

Zohran Mamdani
Foto di Dmitryshein, con licenza CC BY 4.0 .

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Paolo Tritto

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