Aspettando don Ben | 2. Il nostro nuovo pastore: cittadino del mondo con l’odore delle pecore e lo sguardo del Magnificat

Come non si può racchiudere tutta la propria vita in un’intervista, nemmeno è possibile tracciare il ritratto di una persona in un articolo prendendo spunto da qualche testimonianza. Ma proviamo a presentarvi don Ben attraverso qualche testimonianza e qualche sua parola.

“Bellissimi ricordi” è il refrain che torna nei racconti di don Ben quando parla dei suoi 29 anni romani. Uno sguardo di gratitudine – “ho toccato la bellezza”, sentiamo dirgli più di una volta –, un approccio fiducioso alla realtà nella consapevolezza che “è il Signore che fa” e noi siamo solo suoi collaboratori. Il suo è “lo sguardo del Magnificat”, come lui stesso dice.

La gratitudine per la vita e per Dio, della cui attenzione, fedeltà, misericordia don Ben riconosce di essere stato oggetto dall’ordinazione presbiterale a quella episcopale, non può che sfociare in un atteggiamento generoso.

È proprio la generosità il tratto distintivo di don Ben che sottolinea il direttore della Caritas diocesana di Roma suo successore, il diac. Giustino Trincia, facendo riferimento in particolare al tempo che gli ha dedicato nel passaggio di consegne, nella ricchezza di informazioni e indicazioni che gli ha dispensato. Certo, una bella testimonianza di stima e cooperazione, ma anche testimonianza di un servizio svolto con amore e di concretezza: tanti i processi avviati in soli tre anni di attività (2018-2021), gli anni del Covid, anni di isolamento e di problemi già sussistenti ma che si sono acuiti, in cui don Ben ha espresso tutto il suo potenziale. E Papa Francesco, che l’ha notato, l’ha nominato vescovo ausiliare per il settore della Carità: era il 20 marzo 2021, dicevamo nello scorso numero di “Aspettando don Ben”, mentre l’ordinazione è avvenuta il 2 maggio.

Proprio la concretezza, assieme alla semplicità, sono le caratteristiche che riconosce in don Ben mons. Rocco Pennacchio.

Mons. Benoni a Gibuti (Corno d’Africa, 2019)

Lontano dalla sua terra, accanto ai migranti

“Io sono cittadino del mondo, curioso spiritualmente e culturalmente”: è così che don Ben si definisce davanti alla videocamera di TRM quando gli viene chiesto di parlare della sua doppia cultura, italo-rumena. Certo l’integrazione è stata frutto di una capacità innata ma anche di un allenamento, di sicuro non sempre facile, in tal senso. Ecco che don Ben non dimentica la sua storia e, così, la dignità dei migranti, che a lui si appellano per non essere più “invisibili”: all’interno della Conferenza Episcopale Italiana, mons. Benoni è segretario della Commissione per le migrazioni.

Di don Ben il ricordo è piacevolmente vivo anche nelle comunità di periferia – San Frumenzio ai Prati Fiscali, Santa Maria Causa Nostrae Laetitiae a Torre Gaia, Santi Elisabetta e Zaccaria a Valle Muricana – che ha servito come pastore: non si fa fatica a definirlo “un pastore con l’odore delle pecore”, per usare un’espressione ormai nota a tutti che proprio un parrocchiano utilizza nel testimoniare su di lui. Ma non solo i parrocchiani ci trasmettono belle parole: anche Papa Francesco che, dopo aver visitato la sua parrocchia, riferì di don Ben come il sacerdote che più gli piaceva. E pure tanti lontani dai corridoi delle sacrestie.

Il dono della carità nella prospettiva di una rinascita

La carità verso gli ultimi per offrire a chi incontrava una rinascita è il cuore del suo apostolato romano, nella stima del compito delle istituzioni, nella certezza che la povertà visibile è “solo la punta dell’iceberg”, nella convinzione che una Chiesa che non si preoccupa dei più fragili è “incompleta”.

Bella la storia di rinascita di Mourad, di cui ascolteremo la testimonianza nel video che conclude il prossimo numero: un artigiano di pelle, che in un momento di difficoltà si è ritrovato “per strada”, ma, grazie a don Ben e ad altre persone che erano con lui, si è ripreso. E attende di venire a trovare don Ben a Matera “anche solo per prendere un caffè, fosse anche freddo”: il primo viaggio dopo quindici anni!

Riportiamo in conclusione le parole convinte che mons. Benoni, in qualità di vescovo con delega alla carità, pronunciava al sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, in un incontro sulla povertà che si teneva nella notte del 31 marzo 2023 nei pressi della Stazione Termini:

La povertà viene considerata come una malattia che contagia perché quando guardiamo chi sta male, abbiamo paura che possa accadere anche a noi. Anche perché in una città come Roma, in una società come quella di oggi, tenere la barra dritta è difficile e ci vuole poco a passare dall’altra parte. Ecco, bisogna smetterla di pensare che i poveri siano un’emergenza, che siano una questione di sicurezza. Sono un dramma, di cui bisogna parlare. E non hanno colpa di essere tali.

Il prossimo numero tratterà dello stemma e del motto episcopale di don Ben.

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Giuseppe Longo

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