Da spettatori a protagonisti

di Vincenzo Corrado
Da corso e-learning a Mooc (Massive Open Online Course) con un denominatore comune: gli animatori della cultura e della comunicazione. In questa sintesi, che suona un po’ come slogan, sono racchiusi circa vent’anni di storia con un rimando ben preciso al Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, “Comunicazione e missione”. La sigla Anicec (acronimo di animatore della cultura e della comunicazione) ha unito le comunità con una doppia finalità: formazione e promozione. Perché, si legge nel dépliant preparato per il lancio dell’iniziativa, è importante vivere «questa epoca della comunicazione non come tempo di alienazione e di smarrimento ma come tempo prezioso per la ricerca della verità e per lo sviluppo della comunione tra le persone e i popoli».
Questa motivazione di partenza non è mutata con il passare di quasi due decenni, anzi, è rafforzata dalla velocità e dalla pervasività con cui lo sviluppo tecnico e tecnologico interessa continuamente la nostra quotidianità. Per questo, il passaggio da e-learning a Mooc, oltre che segnare un cambiamento della pratica didattica, intende inaugurare anche un’estensione (“massive”, appunto) della platea degli utenti chiamati alla conoscenza e a un’idonea prassi etica nel contesto del (post)digitale. Per questo, ci si rivolge – in prima istanza – agli animatori della cultura e della comunicazione, chiamando in campo anche gli operatori pastorali, i giornalisti, i professionisti della comunicazione, gli animatori, gli educatori, gli insegnanti, gli studenti universitari, i genitori. Perché tutti abbiamo bisogno di formazione!
A tracciare l’orizzonte d’impegno è sempre il Direttorio: « L’educazione alla comunicazione e ai media non può esaurirsi nella conoscenza delle tecniche, ma deve saper leggere in profondità l’attualità sociale e culturale» (n.52). E ancora: « In questo campo nulla è frutto d’improvvisazione o d’iniziative estemporanee. Occorre, piuttosto, una formazione organica e prolungata» (n.116). La comunicazione – oggi lo si sperimenta con la molteplicità dei linguaggi a disposizione – ha bisogno di un’attenzione costante. La formazione trae ispirazione dalla dinamica stessa della comunicazione e diventa fondamento per superare comodi atteggiamenti di pressappochismo, dilettantismo, quietismo linguistico. La durata illimitata di quest’opera diviene apertura culturale che sostiene intellettualmente ed eticamente la presenza nelle innovazioni tecnologiche.
«Come ritrovare la vera identità comunitaria nella consapevolezza della responsabilità che abbiamo gli uni verso gli altri anche nella rete online?», riflette papa Francesco nel messaggio per la 53ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, offrendo una risposta a partire dalla metafora del corpo e delle membra, che san Paolo usa per parlare della relazione di reciprocità tra le persone.
La cura per una formazione continua e permanente diventa, allora, purificazione del linguaggio, con l’obiettivo di alleggerire e liberare le parole dai condizionamenti che oscurano la visuale. È un percorso difficile ed estremamente impegnativo anche per questo. Ma solo in tal modo è possibile perseguire lo scopo di una conoscenza vera e non fake, frutto di un linguaggio efficace e autentico. La responsabilità che ne consegue porta a sviluppare quel necessario senso critico per non essere fagocitati dai cambiamenti in corso. Ora, come nel 2007 (anno del primo corso e-learning), vale la chiamata all’impegno per non essere passivi. La sfida è passare da un atteggiamento superficiale a uno coinvolgente: «Da spettatori a protagonisti della nuova cultura mediale» (cfr. Direttorio, n.14). In che modo? Con progettualità e creatività, ascoltando quel grido che emerge da un contesto che ancora si fatica a conoscere, ma che non si può ignorare. Il Mooc è un’opportunità per non restare sordi.
(Pubblicato su Avvenire del 29 aprile 2025)