Diocesi. Assemblea di inizio anno: essere lievito di speranza. Due priorità: gli organismi di partecipazione e le relazioni

Un’assemblea curiosa e attiva, la prima con il vescovo Benoni. Un incontro che molti hanno definito stimolante. Ma il bello inizia ora che dalle indicazioni generali dobbiamo passare a sperimentare un nuovo metodo e attuare le priorità proposte

Quasi impaziente quest’anno l’attesa dell’assemblea diocesana di sabato 8 novembre presso la Casa di Spiritualità Sant’Anna: è l’inizio, oltreché di un qualsiasi anno pastorale, dell’azione pastorale del nuovo vescovo.

È dal cammino sinodale svolto dalla Chiesa italiana che prende le mosse l’impostazione del nuovo anno. “Lievito di speranza – Dalla ferita alla fraternità responsabile” è il tema che viene comunicato proprio nell’assemblea di questa mattina e prende spunto – è evidente già dal titolo – dal documento finale del cammino sinodale della Chiesa italiana, “Lievito di speranza e di pace”.

Circa 250 tra sacerdoti e collaboratori, che il vescovo definisce “cinghia di trasmissione dell’azione ecclesiale”, sono riuniti attenti e partecipi nell’auditorium della Casa Sant’Anna.

È il momento iniziale di preghiera, in cui viene posta all’attenzione dei presenti la parabola del granellino di senape (Mc 4,26-34), il più piccolo di tutti i semi che è metafora del Regno di Dio, che prende avvio la riflessione del mattino: esser piccoli, non appariscenti, nella logica dell’amore che si dona senza far rumore. È questa la logica di Gesù Cristo.

Mons. Ambarus: “Il mondo ha fame e sete di Vangelo. A noi è chiesto di sfamarlo ed essere lievito”

Il mondo ha bisogno del lievito, che di fatto è “farina andata a male”, spiega mons. Ambarus: è questo che siamo noi, non più puri di Gesù che si definiva “ebreo impuro”.

Il mondo ha sempre avuto fame e sete di Vangelo e siamo noi chiamati, oggi, come Chiesa a sfamarlo e dissetarlo: sinodalmente, in comunione. Nella consapevolezza che tutti siamo dei “facenti funzione” e agiamo a nome di Dio e non a nome nostro: è così che sicuramente ci liberiamo di quel senso di possesso si esplicita con espressioni come “la mia diocesi”, “la mia parrocchia”, “il mio gruppo”, quasi una bestemmia.

Chiesa in uscita? Certo, e anche “incidentata” o “con le ossa rotte”, ha puntualizzato don Ben, se è così che usciamo dopo “essere entrati nelle pieghe dell’umanità”. Ma mons. Benoni fa anche sua l’apprensione già avanzata dal card. Repole, di Torino: “Prima di avere una Chiesa in uscita, sono preoccupato di come la gente esce dalla chiesa, perché se esce fuori una certa Chiesa, meglio che non esca!”.

Due azioni da intraprendere in questo anno pastorale

Il primo punto su cui il vescovo pensa di agire in questo primo anno di episcopato: la corresponsabilità. Nulla di nuovo: anche una delle priorità lanciate all’inizio del precedente episcopato. Ma se si ritorna, evidentemente, è segno che c’è ancora bisogno di potenziare questo aspetto. E l’azione concreta che mons. Ambarus si prefigge per quest’anno è il consolidamento degli organismi di partecipazione esistenti (Consiglio pastorale, Consiglio per gli affari economici) o la costituzione degli stessi dove questi ancora mancassero.

Con la sottolineatura che non si tratta di “rappresentanze sindacali” di minoranze che difendono le proprie posizioni e nemmeno di una semplice democratizzazione della Chiesa (“non decidi solo tu, decidiamo insieme”), ma di luoghi in cui decidere insieme come essere un migliore “lievito di annuncio del Vangelo”.

Il secondo punto di azione di quest’anno è quello di creare “relazioni sanate e sananti”, riconoscendo la presenza di dinamiche relazionali tossiche, anche nelle comunità religiose.

Le relazioni hanno un impatto enorme sulla vita, potendo essere sia una benedizione (“balsamo esistenziale”) sia “tossiche”. La Chiesa è chiamata a essere segno di comunione attraverso relazioni autentiche che valorizzano le differenze.

Per rimettere al centro la relazione con il Signore, viene proposto di ripercorrere la storia di Giuseppe (Gen 35, 37, 50), oggetto di gelosia da parte dei fratelli che lo vendono come schiavo, destinatario di predilezione da parte del faraone che lo crea suo vice, strumento di salvezza per l’Egitto, finché si reincontra con i fratelli. Una storia rappresentativa di dinamiche relazionali complesse come gelosia, tradimento, invidia e, infine, perdono e riconciliazione. Un modello di rilettura delle relazioni difficili in un’ottica di fede, trasformando il male in bene.

E per il prossimo anno, mons. Ambarus anticipa già che il lavoro pastorale diocesano potrebbe vertere sul discernimento comunitario.

Il metodo: la conversazione nello Spirito

Anche dalle indicazioni scaturite dal Cammino Sinodale della Chiesa italiana è attinto il metodo adottato dalla Chiesa materana per quest’anno pastorale: la “conversazione nello Spirito”, che presenta all’assemblea mons. Filippo Lombardi, vicario episcopale per la pastorale.

Un metodo di lettura della Parola di Dio, in piccoli gruppi, che ha come caratterizzazione principale l’ascolto: in primis, della propria coscienza che viene sollecitata in ognuno in modo specifico a partire dal brano letto e, poi, nel giro di risonanze che ognuno propone, dell’altro, che rappresenta le sollecitazioni che dalla meditazione del brano scaturiscono in lui.

Non è consentito che chi prende la parola faccia riferimento all’intervento precedente, magari per esprimere disappunto, finanche implicitamente: solo in un giro di risonanze successivo ognuno farà risuonare quello che, detto dagli altri, ha invece ritenuto più valido. E sulla base delle istanze ritenute più valide in assoluto viene fatta una scelta pastorale.

Una modalità di discernimento che, per essere attuate nella sua completezza, richiede circa 90 minuti e che già alcuni presenti hanno sperimentato: “pace” la parola chiave con cui Vitalba Acquasanta, ad esempio, ha testimoniato di poter sintetizzare le emozioni provate. Una scelta che ricade non su ciascuno ma è frutto dell’ascolto di tutti alla luce dello Spirito Santo.

Dibattito franco illuminato dall‘esperienza dell’arcivescovo

Conclude l’assemblea un bel dibattito vero: assieme ad espressioni positive sulla realtà ecclesiale locale, tra tutti, ad esempio, anche l’intervento che auspicava il superamento di contrasti per motivi futili in un contesto dove si sta iniziando a sforzarsi per l’interparrocchialità o la presenza di frizioni che spesso nascono nei consessi assembleari diocesani e la frustrazione che segue al non essere ascoltati. Proprio quello che per la struttura il metodo della conversazione nello Spirito non consente che accada.

Auspichiamo che le proposte si traducano in prassi senza gettare la spugna di fronte alle difficoltà che inevitabilmente sorgeranno. Tutti dobbiamo volerlo!

Riportiamo di seguito gli interventi integrali tenuti dal vescovo Benoni (programma pastorale) e da don Filippo (il metodo della conversazione nello Spirito).

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.

Redazione

Latest videos