“Fateci arricchire, fateci fare una montagna di soldi, al resto penseremo noi, troveremo il modo per riequilibrare il sistema”. Sono le parole inquietanti di Sam Altman capo di OPEN AI, nota azienda impegnata nello sviluppo dell’Intelligenza artificiale, la cui missione, almeno sulla carta, sarebbe quella di garantire benefici a tutta l’umanità.
Si assiste, invece, alla nascita di un Nuovo Modello Economico che non coincide più con il tradizionale liberismo e che si potrebbe definire “tecno-capitalismo”: la tecnologia come motore principale dell’economia che crea valore, crescita e benessere per pochi privilegiati. Del resto la storia dell’umanità è costellata da teorie economiche pensate per essere al servizio di molti che in realtà finiscono per arricchire un’èlite ristrettissima.
Fare soldi, tonnellate di soldi attraverso la tecnologia significa infatti concentrare potere e ricchezze nelle mani di pochissimi individui, con la vaga promessa di ridistribuirla. Come e quando, però, nessuno lo dice.
Nel frattempo la povertà assoluta e relativa avanza. Il 10% della popolazione più ricca detiene il 75% della ricchezza mondiale, il 44% della popolazione mondiale vive con meno di 7 dollari al giorno, i miliardari aumentano le loro ricchezze di 2,7 miliardi/die e oltre 1 miliardo di persone è intrappolato nell’estrema miseria.
Una situazione ormai insostenibile, non più giustificabile. E’ urgente un radicale cambio di paradigma fondato su nuove politiche economiche capaci di rimettere l’uomo al centro di ogni interesse e non colpevolizzare i poveri rendendoli responsabili delle loro povertà.
Il divario fra ricchi e poveri, però, non riguarda solo i singoli ma intere aree del Pianeta. Il Nord globale continua a sfruttare risorse e mano d’opera a basso costo del Sud secondo logiche predatorie. Molti paesi in via di sviluppo sono costretti a destinare gran parte delle ricchezze prodotte per rimborsare i debiti contratti in passato, anziché per migliorare la vita dei propri cittadini.
Sul piano geopolitico il loro peso è nullo e in questi tempi di nazionalismi aggressivi guerrieri e di leader che vogliono fare solo “montagne di soldi”, il grido disperato dei poveri sale sempre più in alto.
I ricchi del “tecno capitalismo” digitale hanno già accumulato fortune immense, possiedono i dati di milioni di utenti, condizionano l’opinione pubblica e aumentano il loro potere decisionale. Un circolo vizioso destinato ad autoalimentarsi con le promesse di tecnologie sempre più sofisticate.
Come distribuire tanta nuova ricchezza, non è dato saperlo. Così i poveri, la gran parte dell’umanità, vengono messi da parte, cacciati dalle loro terre (come succede a Gaza) con il rischio che tanta emarginazione possa degenerare in conflitti sempre più atroci, perché la povertà (assoluta e relativa) ha ormai superato il livello di guardia.
Forse, anziché occuparsi di intelligenza artificiale, questi nuovi padroni di tutto dovrebbero occuparsi della propria stupidità naturale.
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