Festa della Bruna 2025. È mons. Carbonaro che presiede il pontificale: “Nel mistero della visitazione è svelato come Maria sia regina della comunicazione e dell’accoglienza”

È il pontificale, quest’anno anticipato alle 10:30, il momento ufficiale della giornata. È mons. Davide Carbonaro, arcivescovo metropolita di Potenza, che presiede questa seconda parte del “giorno più lungo dell’anno”: eucaristia e trasferimento dell’effige della Madonna a Piccianello.

Molto sentita la partecipazione al Pontificale

Una lunga processione parte dall’ingresso dell’episcopio: una moltitudine di sacerdoti materani e qualche tricaricese procedono nell’assolatissima Piazza Duomo assieme ai vescovi Carbonaro, che presiede la celebrazione, Pennacchio e Colaianni.

La chiesa è gremitissima di fedeli desiderosi di consacrare il giorno di festa, prendendo magari un momento di pausa dalle faccende domestiche, un’ora e mezza di permesso a lavoro, rinunciando al fresco di casa propria. Non mancano i turisti e nemmeno diverse famiglie giovani. Il Presidente della Regione, dott. Vito Bardi, è di nuovo presente dopo aver preso già parte alla messa “dei pastori”.

La statua di Maria campeggia in tutto il suo splendore con il nuovo abito. Fini fiori variopinti adornano la Madonna e il presbiterio. Entra finalmente solenne dall’ingresso principale la processione: il coro polifonico dei “Cantori Materani” canta festosamente lo “Psallite” di Valentino Miserachs.

Sono tanti gli spunti di meditazione che mons. Carbonaro offre nell’omelia, di cui alla fine dell’articolo riportiamo il testo completo, particolare è la riflessione sulla qualità della comunicazione e dell’accoglienza che connota l’incontro tra le due donne che dovrebbe essere emblematico di “ogni incontro tra cristiani”:

Il mistero della Visitazione, infatti, è il mistero della comunicazione mutua di due donne diverse per età, ambiente, caratteristiche e della rispettosa vicendevole accoglienza. Due donne, ciascuna delle quali porta un segreto difficile da comunicare, il segreto più intimo e più profondo che una donna possa sperimentare sul piano della vita fisica: l’attesa di un figlio. Elisabetta fatica a dirlo a causa dell’età, della novità, della stranezza.

Quando si incontrano, Maria è regina nel salutare per prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente, quella che dovrebbe avere ogni persona. Elisabetta si sente capita ed esclama: «Benedetta tu tra le donne». Maria si sente, a sua volta, compresa, amata, esaltata. Sente che la sua fede nella Parola è stata riconosciuta.

E inoltre, come avviene in ogni vocazione – continua ancora mons. Carbonaro – su Maria si posa lo sguardo di Dio e Maria si fa piccola: “distoglie l’attenzione da sé per rivolgerla tutta verso il Signore”. E ci mostra che “in Dio c’è spazio per l’uomo” e “nell’uomo c’è spazio per Dio”.

Il cammino verso Piccianello

Carica di emozione, anche se si tratta di un rito che torna, solo apparentemente, uguale a se stesso ogni anno, l’uscita della Madonna che stasera procederà sul carro dalla chiesa di San Giuseppe, quest’anno con i nuovi abiti giubilari e con le nuove corone, vestita come sempre da Esterina Bianco a cui si sono affiancate la figlia della compianta Lidia Carbone – che per tradizione era l’addetta alla vestizione e per cui si eleva il nostro pensiero orante –, Paola Massari, e Francesca Carlucci. Accanto a loro per i dettagli – per ultimo la collana – lo stilista Miglionico che ha realizzato il nuovo abito.

Sono le giovani ragazze dell’associazione, il sindaco e tanti che fanno a gara per trasportarla sino in carrozza al suono della Banda. È festa! Questi gli onori dovuti a Maria, donna che – come abbiamo meditato poco fa, attraverso la riflessione di mons. Carbonaro – dice il suo “sì” rendendo presenti “le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, che diventano il contenuto della sua preghiera”, divenendo – ancora le parole di mons. Carbonaro nell’omelia – “donna della speranza impossibile”.

Sono i cavalieri che fanno strada a Maria, e poi i sacerdoti del Capitolo Metropolitano e i Vescovi, tra cui Carbonaro che ha con sé il Bambinello. Due cavalli bianchi trasportano in coda alla processione Maria: un percorso, senza Bambinello in braccio, che per molti rimanda a quel cammino che Maria fece verso Ain-Karim, dove, tra i monti di Giuda, abitavano Elisabetta e Zaccaria.

Come tradizione, il sole è cocente e il caldo è torrido: siamo sui 35 °C.

“Dell’aurora tu sorgi più bella”, come all’entrata in S. Francesco, è il canto che accoglie Maria nella chiesa dell’Annunziata, un tempo adiacente all’allora fabbrica del Carro Mons. Carbonaro la incensa, c’è chi sosta a lungo in preghiera, c’è chi si commuove.

Con l’ingresso di Maria a Piccianello termina la seconda parte della festa.

Nel corso della giornata, l’ultima uscita sul giorno più lungo dell’anno per la città di Matera.

Di seguito il testo integrale dell’omelia pronunciata da mons. Carbonaro nel Pontificale delle 10:30.

Omelia pronunciata da mons. Davide Carbonaro
arcivescovo metropolita di Potenza-Muro L.-Marsico N.
in occasione della Solennità della Madonna della Bruna
Basilica Cattedrale “Maria SS. della Bruna” – ore 10:30

Con la gioia dei Padri e delle Madri nella fede, rinnoviamo il nostro omaggio che sale da tutto il Popolo di Dio a Maria, qui invocata Madre di Dio della Bruna, cuore pulsante della fede di Matera e immagine della Chiesa nella quale è riconosciuta la sua origine. Un sussulto di maternità e figliolanza ritma il cuore di ogni materano, mentre Maria visita le nostre contrade, cammina tra i Sassi come un giorno giunse pellegrina tra le montagne di Giuda. Una profonda contemporaneità e somiglianza lega la nostra terra a quella dove nella pienezza del Tempo nacque il Figlio di Maria. Sentiamo forte il dolore e il disagio per la guerra che tormenta questo luogo di santità per tutti i figli e le figlie della discendenza di Abramo. Si fermi l’odio reciproco, si aprano vie di dialogo e di solidarietà, la terra è stanca di bere il sangue innocente di Abele. Sostieni o Maria, donna della speranza impossibile, il grido di pace che sale dalla nostra fragile umanità.

Nel Vangelo proclamato abbiamo udito queste parole: «D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1,48). Esse sono una profezia per la Chiesa di ogni tempo e la testimonianza che già al momento in cui scriveva l’evangelista la glorificazione della Madre del Signore fosse un dovere ed un impegno per le comunità cristiane. Ed anche un insegnamento; perché guardando Lei, la Vergine credente, potessimo vivere la testimonianza della carità fraterna ed essere segno già ora di un mondo rinnovato. Nel suo viaggio verso Elisabetta, infatti, Maria porta il Cristo insieme con lo Spirito. Luca suggerisce, nel denso incontro fra le due donne incinte, la vergine e la sterile, il senso di ogni incontro tra cristiani. Il rinnovarsi della Pentecoste, della discesa dello Spirito, un evento di grazia in cui ciascuno riconosce l’altro nel mistero della sua vocazione e del dono ricevuto da Dio. Un abbraccio che accoglie e dona, riconosce e comunica, senza gelosie e rivalità.

A questo proposito, esistono icone della tradizione bizantina, di cui e ricco questo nostro territorio, che ci raccontano molto di questa pagina evangelica. In alcune di queste icone le due donne, la sterile e la vergine, si abbracciano strette e i volti vanno a toccarsi quasi che l’occhio dell’una confini con quello dell’altra. Si tratta, torno a ripetere, di un vero incontro fraterno di cui tanto abbiamo bisogno in questo tempo di conflitti e divisioni, che provocano apprensioni nel cuore dei singoli e delle comunità.

In questo incontro scopriamo le ragioni dell’odierna solennità, attraverso le parole proferite da Elisabetta: «Beata colei che ha creduto» (Lc 1,45). Ma nel Magnificat che segue, proclamato invece da Maria, Lei distoglie l’attenzione da sé per rivolgerla tutta verso il Signore. Non Lei ha fatto nulla, bensì è Dio che ha fatto tutto. E l’azione di Dio nei suoi confronti è espressa da Maria come un vedere, uno sguardo: «Il Signore ha guardato la piccolezza, l’umile condizione della sua serva» (Lc 1,48). Sguardo che, secondo il Vangelo, è all’inizio di ogni vocazione. Come quando trovatosi di fronte all’uomo ricco, Gesù «lo guardò e lo amò» (Mc 10,21). Ma lo sguardo e l’amore di Dio richiede un’adesione, un sì. Mentre l’uomo ricco se ne va, la Vergine di cui è stata vista la piccolezza risponde: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Questa adesione di Maria permette che, mentre nel suo grembo la Parola si faccia carne, nel suo cuore vengano custodite le parole di Dio al suo popolo, le promesse fatte ad Abramo, Isacco e Giacobbe, che diventano il contenuto della sua preghiera. La Parola di Dio nel Magnificat diventa così la parola di Maria e lampada del suo cammino.

L’odierna pagina evangelica richiama questa presenza di Dio nella storia, nello stesso svolgersi degli eventi. Nel Vangelo è forte il riferimento al Secondo libro di Samuele (6,1-15), dove si narra di Davide che trasporta l’Arca Santa dell’Alleanza. Il parallelo che fa l’Evangelista è chiaro: Maria in attesa della nascita del Figlio Gesù è l’Arca Santa che porta in sé la presenza di Dio, una presenza che è fonte di consolazione, di gioia piena. Giovanni, infatti, il futuro battezzatore, danza nel grembo di Elisabetta sua madre, esattamente come Davide danzava davanti all’Arca. Maria è la «visita»di Dio che crea gioia.

Che significato ha dunque per noi la celebrazione odierna della Festa della Madre di Dio detta della Bruna? Guardando stavolta noi Lei possiamo dire con fiducia che in Dio c’è spazio per l’uomo. Il Padre che, come dice Gesù nel Vangelo secondo San Giovanni, possiede «molte dimore» (cfr. Gv 14,2), è la casa dell’uomo, in Dio troviamo destinazione e spazio. E Maria che ha portato in grembo il Figlio di Dio, Gesù, ed ora permane unita a Dio, ce lo ricorda, Lei che è «segno di sicura speranza e consolazione» (Prefazio dell’Assunzione). Non si allontana da noi, ma si fa prossima, vicinissima, per tutti coloro che desiderano trovare uno spazio in Dio, che vogliono andare a Lui. San Gregorio Magno diceva che il cuore di San Benedetto era divenuto così grande che tutto il creato poteva entrare in esso. Questo vale ancor più per Maria. La Vergine Maria, unita adesso totalmente a Dio, allarga lo spazio del suo cuore tanto che tutta la creazione vi può entrare. Maria si fa così vicina a ciascuno: può ascoltare, può aiutare, può consolare. Vicina a Dio è vicina a tutti noi, il suo cuore ci comprende tutti.

L’altro aspetto che la Festa odierna ci rivela e che risplende in Maria, è che nell’uomo c’è spazio per Dio. Anche questo vediamo in Maria, l’Arca Santa che porta la presenza di Dio, come ci ha ricordato il Vangelo. Nella nostra umanità c’è spazio per Dio e questa presenza di Dio in noi, diventa testimonianza di pace ed amore, capace di illuminare il mondo nelle tristezze e nei problemi che adesso lo attanagliano. Questa presenza naturalmente si realizza nella fede. E’ per mezzo della fede che si aprono le porte del nostro essere così che Dio entri in noi, così che Dio possa essere la forza che dà sostegno e speranza per il nostro cammino terreno. Quindi, non solo la Visitazione della Vergine ci rivela che in Dio c’è spazio per l’uomo, ma anche che in noi c’è spazio per Lui. Ce lo ha insegnato Maria a Nazareth quando rispose: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). Che fece proferire a Sant’Agostino: Nam et ipsa beata Maria, quem credendo peperit, credendo concepit – «La Vergine Maria partorì credendo quel che concepì credendo» (Sermone 215, 4).

In questa festa così dolce, occorre aggiungere, ci è svelato anche come Maria sia regina della comunicazione e dell’accoglienza. Il mistero della Visitazione, infatti, è il mistero della comunicazione mutua di due donne diverse per età, ambiente, caratteristiche e della rispettosa vicendevole accoglienza. Due donne, ciascuna delle quali porta un segreto difficile da comunicare, il segreto più intimo e più profondo che una donna possa sperimentare sul piano della vita fisica: l’attesa di un figlio.

Elisabetta fatica a dirlo a causa dell’età, della novità, della stranezza. Maria fatica perché non può spiegare a nessuno le parole dell’angelo. Se Elisabetta ha vissuto, secondo il Vangelo, nascosta per alcuni mesi nella solitudine, infinitamente più grande è stata la solitudine di Maria. Forse per questo parte «in fretta»; ha bisogno di trovarsi con qualcuno che capisca e da ciò che le ha detto l’angelo ha compreso che la cugina è la persona più adatta. Quando si incontrano, Maria è regina nel salutare per prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente, quella che dovrebbe avere ogni persona. Elisabetta si sente capita ed esclama: «Benedetta tu tra le donne». Immaginiamo l’esultanza e lo stupore di Maria che si sente a sua volta compresa, amata, esaltata. Sente che la sua fede nella Parola è stata riconosciuta.

Quanto abbiamo da apprendere da questa scuola della regalità e del servizio.Spesso sentiamo il peso della solitudine e della autoreferenzialità nelle nostre Chiese, nella nostra Società nelle nostre famiglie. Abbiamo bisogno di un sussulto di novità che ci faccia cedere ad un’accoglienza reciproca e discretissima, che non si logori con la moltitudine delle parole, che non si chiuda dentro un apparire effimero e momentaneo, che non insista su una identità senza profondità e coerenza vitale. Maria donna di accenni di luci e di fiaccole nelle nostre notti, conduci per mano i tuoi figli nel groviglio della storia che chiede di disarmare il cuore, di aprire i confini e di custodire la Vita.

Mons. Davide Carbonaro

Arcivescovo di Potenza-Muro Lucano- Marsico Nuovo

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.

Giuseppe Longo

Latest videos