Tanti incontri nei luoghi di “frontiera” della città di Matera: la casa circondariale, la casa di riposo “Mons. Brancaccio” e la mensa della fraternità “Don Giovanni Mele”
Alla casa circondariale il primo appuntamento
È qui che inizia il ministero di prossimità di don Ben nella Chiesa di Matera-Irsina. È don Angelo Gioia, ancora per qualche ora amministratore diocesano, che lo accompagna, mentre lo attendono sul posto don Ennio Tardioli, il cappellano fra Gianparide Nappi, don Vincenzo Di Lecce, parroco della vicina chiesa dell’Immacolata, e Pietro Oliva, diacono in cammino verso il presbiterato che anni fa in carcere era volontario.
La gioia è negli occhi di tutti, lungo i corridoi della casa circondariale sono stati affissi dei cartelloni di benvenuto – uno è in rumeno! – e don Ben riceve un fragoroso applauso quando entra con gli altri sacerdoti nella cappella carceraria, gremita di una rappresentanza di ospiti della casa circondariale. Tra questi ci sono gli operatori dell’Associazione di Volontariato Disma che fa servizio in carcere e che subito iniziano a cantare l’Inno del Giubileo.
Un bell’incontro nella cappella, in cui si sono susseguiti la lettura del Vangelo di Matteo che parla delle opere di misericordia, tra cui la visita ai carcerati – “L’avete fatto a me” –, il saluto di un detenuto e, poi, il cordiale e concreto messaggio di don Ben, che cita un proverbio rumeno, “Ladro non beccato, commerciante onesto”, per dire la situazione di condanna a cui siamo tutti potenzialmente soggetti: sarebbe falso separare il mondo tra giusti e disonesti, liberi e reclusi. La stessa cosa che papa Francesco esprimeva con la frase, divenuta subito proverbiale e citata anche da don Ben: “Perché loro e non io?”. “Mi auguro che ci incontreremo spesso: l’importante che mi chiamiate don Ben [n.d.r.: non, eccellenza]”.
Un bello scambio di doni, poi: i carcerati hanno donato a don Ben una cornice contenente delle vignette da loro realizzate; don Ben, per loro, ha portato una bellissima targa in tufo con la scritta: “Noi non siamo la nostra colpa”; i volontari di Disma hanno invece donato a don Ben una croce pettorale e un numero di “Scatenati”, il giornale “made in carcere”.
Momento successivo: il passaggio nella Sezione Sirio. Anche qui sovrabbondava la gioia, anche nelle celle, di incontrare don Ben. I ristretti di un’ala hanno accolto don Ben cantandogli il Santo Zairese, sostituendo alcune parole con “Don Ben”. Cosa di più bello che sentirsi cantare: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore”. Non sono mancati altri doni per il nuovo vescovo, realizzati da alcuni ristretti con un po’ più di manualità: un suo ritratto, che fra Gianparide aveva provveduto a far incorniciare, e un vescovo realizzato con la tecnica degli origami con tanto di pastorale in mano.
In ogni area della casa circondariale, don Ben non ha fatto mancare la preghiera e la benedizione.
La mattinata continua tra i “nonni” che sono le nostre radici

Una folla di operatori e di residenti nella Casa di Riposo “Mons. A. Brancaccio”, assieme al parroco del luogo don Donato Dell’Osso e al collaboratore, il diac. Pietro Oliva, ha accolto festante il vescovo, accompagnato da don Angelo Gioia.
Dopo il primo momento di preghiera silenziosa nella cappella davanti al SS. Sacramento e il saluto alle suore Figlie di Maria Madre della Misericordia, che qui abitano e prestano servizio, don Ben si è portato nel salone dove ha salutato, a uno a uno, con stretta di mano e bacio, gli anziani lì presenti: una metà di quelli non allettati.

È stato mons. Pietro Amenta, Presidente della Fondazione “Mons. Brancaccio”, che – dopo aver dato il benvenuto a mons. Ambarus: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore” – ha presentato la casa di riposo, frutto della carità di un vescovo del ‘700, a cui è intitolata, il personale che vi lavora o offre il suo servizio volontario e ha fatto cenno ai lavori di ristrutturazione ed efficientamento energetico costati 3 mln€, per quanto si sia potuto in parte fruire del “superbonus”, che sono stati conclusi alcuni mesi fa. È alla Cooperativa Sociale “Il Sicomoro” a cui è appaltato lo svolgimento di diversi servizi offerti: è intervenuto il dott. Michele Plati in qualità di presidente.
“Se perdiamo la memoria dei nonni, siamo come un albero senza radici”, il concetto che rifacendosi a Papa Francesco il vescovo indirizza ai residenti: “Ci sono persone che hanno speso la vita per costruire la società o la Chiesa materana, eppure sono dimenticate: ecco che chiedo una pubblicazione che parli delle storie dei nonni, magari coinvolgendo dei ragazzi in qualche attività laboratoriale”. E, ringraziando quelli che spendono il loro tempo a servizio degli anziani qui presenti, mons. Ambarus ha promesso di tornare a visitare la Casa di Riposo frequentemente.


E dopo il messaggio di due anziani, mamma e figlio, qui residenti, e della presidente cittadina dell’Associazione di Volontariato Vincenziano, prof. Pia Manicone, che presso il “Brancaccio” i soci offrono anche il proprio servizio, la preghiera e la benedizione a tutti i presenti nel salone, il vescovo ha proseguito la visita nei piani superiori, dove alcuni anziani erano impegnati in attività ricreative e altri sono a letto. “Sono il vescovo…”, oppure se stentavano a capire: “Sono un prete, come stai?”, le parole con cui don Ben si è presentato, a uno a uno, agli ospiti presenti (cento in tutta la casa), dispensando miriadi di benedizioni.
Accanto alla casa di riposo c’è un Centro per minori, che eroga fondamentalmente un servizio di supporto allo studio per bambini bisognosi, anche non italiani, segnalati dai servizi sociali del Comune. È lì che don Ben ha fatto l’ultima tappa accompagnato dalle volontarie vincenziane che gestiscono il centro, mostrando interesse per l’attività svolta dal centro anche in riferimento alla possibilità di poter far svolgere ai giovani il Servizio Civile, l’alternanza scuola-lavoro e l’esecuzione di pene con misura alternativa alla detenzione.


Infine, alla mensa “Don Giovanni Mele”

Ultima tappa della densa mattinata dell’ingresso in Diocesi, la mensa “Don Giovanni Mele”, una delle due mense della fraternità della città di Matera, inaugurata da Papa Francesco nel 2022 al termine del Congresso Eucaristico Nazionale.
Don Ben ha salutato a uno a uno gli utenti, “prima di salutare gli operatori”, ha sottolineato una volontaria in senso di apprezzamento. Ovviamente, non ha mancato di salutare a uno a uno anche chi presta il suo servizio: in cucina è avvenuto il piacevole incontro con Maria, cuoca rumena.
Essendo leggermente in ritardo sulla tabella di marcia al termine di una mattinata piena, il vescovo ha avuto cura di avvisare per tempo che gli ospiti della mensa iniziassero a pranzare senza attenderlo, segno di attenzione da non trascurare.
Ad attenderlo c’erano don Biagio Plasmati, presidente della mensa “Don Giovanni Mele”, don Angelo Tataranni, direttore della Caritas Diocesana, don Giuseppe Tarasco, parroco del luogo.
È lì che accanto ai sacerdoti presenti, don Ben ha consumato il pranzo, concluso oggi, giorno di festa per la sua venuta, con una torta offerta dalla pasticceria Blue Moon.

Don Biagio ha apprezzato la grande umanità del vescovo che si è mostrato accogliente verso tutti – “Questo ci dà fiducia” – e l’interesse verso alcune problematiche della mensa quale l’entità dei i contributi del Comune.
Desideroso di capire, sapere, conoscere, don Ben è entrato oggi nei cuori di tanti materani che l’hanno incontrato.
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