
Giovedì 30 ottobre, noi alunni del Liceo Scientifico di Ferrandina abbiamo preso parte alla tanto attesa udienza che Papa Leone XIV ha tenuto agli studenti in Aula Paolo VI.
Il nostro percorso giubilare è iniziato il giorno precedente con la visita alle Basiliche di San Paolo Fuori le Mura, San Giovanni in Laterano e San Pietro.
La consapevolezza di trovarci in luoghi così pregni di valore spirituale e artistico ci ha trasmesso un senso di tranquillità e meraviglia, preludio alle profonde parole del Santo Padre.
Col trascorrere del tempo aumentava l’aspettativa per l’incontro. Ansia, gioia, trepidazione si mescolavano accompagnandoci fino all’ora dell’udienza.


All’arrivo nei pressi dei palazzi vaticani, eravamo circondati da giovani provenienti da tante parti del mondo, tutti diversi ma accomunati dalla stessa fede. Nell’aria si percepiva tanto entusiasmo, curiosità e una gran voglia di pregare insieme, ci siamo sentiti parte di una Chiesa viva e giovane.
L’arrivo del vescovo di Roma e il saluto che ha rivolto direttamente a noi ci hanno subito riempito il cuore di nuova gioia: il papa, la guida della Chiesa Cattolica, era a pochi metri da noi, al punto che qualche nostro compagno è riuscito addirittura a stringergli la mano, e a noi – alunni di un piccolo paesello della Basilicata, giunti lì dopo cinquecento chilometri di viaggio – si rivolgeva empaticamente, da persona amica.
Quando il Pontefice ha iniziato il suo discorso si è rivolto al mondo dei giovani portando, da caritatevole pastore e luminoso esempio di umanità, con la spontaneità e la semplicità che lo contraddistinguono, un messaggio di pace e speranza.
Ha incoraggiato alunni e insegnanti a guardare con fiducia al futuro, a sviluppare positivamente il proprio spirito di iniziativa a servizio dell’umanità, ad usare con saggezza la tecnologia e ad essere «costruttori di pace».
Ancora una volta il Santo Padre ha ribadito il concetto a lui caro della necessità di una «pace disarmata e disarmante» e di «disarmare i cuori», lanciando un messaggio di amore quanto mai attuale in un mondo ancora dilaniato da violenze e conflitti.
Ha poi spiegato il senso del motto del Giubileo del mondo educativo, “Costellazioni di speranza”: ciascuno di noi deve essere stella e farsi costellazione con gli altri con fraterna solidarietà. Parole espresse, nella loro universalità e potenza, per incoraggiare le generazioni a cui il mondo sarà a breve consegnato ad essere buoni custodi: sapienti, misurati e capaci di coltivare – tanto nella intimità dell’individuo quanto nella collettività sociale – la propria spiritualità. Un benevolo invito a riscoprire con gioia la fede e farsene testimoni al giorno d’oggi, che il papa ha mosso accoratamente richiamando San Carlo Acutis come esempio di santità che ha saputo usare i mezzi della odierna era digitale per diffondere il suo messaggio di fede.
Abbiamo ascoltato questo discorso con vivo interesse e partecipazione, ciascuno meditando quanto gli era stato detto e avvertendo il peso straordinario di questa occasione a suo modo, ma con la certezza di tornare arricchiti e rinnovati spiritualmente e di avere ora una maggiore consapevolezza della nostra missione nel mondo.
Tanta soddisfazione e gioia anche da parte dei docenti che hanno partecipato a questo momento. Ecco il loro commento:
Questo momento tanto atteso dagli studenti ha suscitato in loro grandi emozioni e li ha indotti a riflettere sul valore della cultura e sulla funzione che gli educatori hanno nelle loro vite, soprattutto per scoprire e valorizzare la loro interiorità. Sicuramente questa esperienza li ha arricchiti e ritornano a casa consapevoli del ruolo che ha affidato loro il papa di essere “persone di parola” e “costruttori di pace”.

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