Le bollette della luce e del gas sulle montagne russe. Perchè i costi alle stelle?

Si prospetta un inverno carico di preoccupanti incognite, particolarmente in Italia, per le famiglie e per le aziende

La nostra economia non ha ancora superato il delicatissimo momento provocato da una pandemia che nello scorso anno ha portato anche a un prolungato blocco delle attività produttive e ci ritroviamo davanti a una nuova crisi. È una crisi legata alle forniture di energia che potrebbe risultare particolarmente pesante per quei paesi, come l’Italia, che sono maggiormente dipendenti dalle importazioni di risorse energetiche.

C’è il problema del prezzo del metano che in Italia copre la metà – oltre il 49 per cento – del fabbisogno energetico e che ha raggiunto quotazioni vertiginose. E questo problema dipende dal tipo di relazioni commerciali con il maggiore produttore che è la Russia. Ma purtroppo non c’è soltanto questo. Per una fatale coincidenza, l’impennata del prezzo del metano si è verificata proprio nel momento in cui in Francia è scattata l’emergenza delle centrali nucleari che ha costretto Parigi a decidere di chiudere, per lavori di manutenzione non più rinviabili, 15 delle 58 centrali nucleari attive nella produzione di energia elettrica.

L’Italia è il più grande importatore di energia elettrica al mondo e la maggiore quota di energia importata arriva proprio dal nucleare francese. Come sappiamo, per effetto dei referendum popolari, il nostro paese ha detto no al nucleare. Ma ciò ha significato soltanto andare a rifornirsi dalle centrali atomiche appena al di là dei confini alpini. Insomma, anche in questo caso siamo davanti alla solita storia “non nel mio giardino”, un espediente che piace tanto agli italiani. Ma questo è un altro capitolo.

Per attutire i danni economici che deriverebbero dal calo delle importazioni di energia nucleare, l’Italia ha riacceso due vecchie centrali a carbone, a La Spezia e a Monfalcone. Una decisione che va nel senso contrario alla conversione ecologica e che non è priva di altre conseguenze. In questo caso, infatti, sarà necessario rivolgersi al “Sistema europeo di scambio” previsto per le quote di emissione di gas a effetto serra, come sono appunto quelle provocate dal carbone. Queste quote, in sostanza dei “permessi per inquinare”, devono essere acquistate sul mercato, partecipando alle aste che si tengono periodicamente. Come era prevedibile, anche in questo caso, i prezzi delle quote hanno subito consistenti aumenti, fino a raddoppiarsi rispetto a un anno fa.

Come se tutto questo non bastasse, è intervenuto un intoppo burocratico che ha bloccato la messa in esercizio del gasdotto Nord Stream 2 ormai ultimato e che, attraverso il Baltico, avrebbe già dovuto portare il gas russo in Germania e di qui nell’intera Unione, senza passare quindi da Bielorussia o Ucraina che minacciano di interrompere le forniture, cosa purtroppo ricorrente per il deteriorarsi da parte di questi due paesi dei rapporti con Russia e con UE.

La Germania ha bloccato il gasdotto Nord Stream 2 perché l’operatore designato non avrebbe requisiti compatibili con il diritto tedesco. Ci si trova dunque di fronte a una serie di problemi estremamente complessa e di non immediata soluzione. Quali saranno le conseguenze per le famiglie?

Secondo i calcoli di alcune associazioni di consumatori, c’è il rischio che nell’arco dell’anno si dovrà far fronte a una maggiore spesa di circa mille euro a famiglia. Ma questa sarà soltanto una conseguenza diretta della crisi energetica. Perché ci sarebbero anche altri rischi, altrettanto importanti. C’è da chiedersi infatti quali saranno le conseguenze di tutto ciò per il sistema industriale. Le aziende si troveranno di fronte a un costo dell’energia che oggi è per loro il triplo rispetto al passato. È evidente che in queste condizioni pochissime aziende saranno in grado di garantire le attività produttive e, tanto meno, si potrà affrontare in maniera competitiva il mercato. Andiamo verso un blocco della produzione industriale?

Per limitare, nella misura del possibile, questi disagi spetterà principalmente all’Unione Europea apportare dei correttivi, in particolare nei rapporti commerciali con la Russia. Rapporti che sono condizionati dalle pressioni degli Stati Uniti interessati a estendere la sfera di influenza della Nato sul continente europeo, cosa che evidentemente viene percepita come un atto ostile da parte di Mosca. Concretamente, ciò significa che, tra le altre cose, l’UE non può sottoscrivere con la Russia contratti a lungo termine per le forniture di gas, mettendola al riparo dagli speculatori.

Dovendo quindi far riferimento alle quotazioni di mercato, in momenti particolarmente sfavorevoli come questo – dove il prezzo del gas subisce oscillazioni molto forti – l’Europa è esposta a speculazioni finanziarie che potranno metterla letteralmente in ginocchio. Insomma, le bollette dell’energia di tante famiglie e di tante aziende sono finite – è il caso di dire – sulle montagne russe.

La speranza è che si possa spingere l’UE a un’azione politica, mettendo da parte una buona volta lo schematismo burocratico di Bruxelles. Durante la conferenza stampa di fine anno, il presidente Draghi ha proposto di mantenere un canale aperto con il presidente Putin – uno “stato di ingaggio” lo ha chiamato – invece di insistere, come vorrebbero gli USA, su indiscriminate sanzioni economiche.

Sarebbe questa un’azione politica che potrebbe portare anche a rivedere le condizioni commerciali nelle forniture di gas. Una soluzione che la Russia ha già fatto sapere di essere disposta a considerare.

C’è da sperarlo veramente perché la posta in gioco è indubbiamente altissima.


Gas Flame
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Paolo Tritto

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