Non appena si accendono i riflettori che illuminano l’antica cappella del SS. Sacramento, un riverbero luminoso ci lascia senza parole. Pittura, scultura e contemporaneamente anche argenteria sacra, svelano l’inaspettato. La vista spazia dalla visione complessiva al particolare e ripassa su ogni calice, su ogni pisside, su ogni navicella, su ogni reliquiario e su vari elementi decorativi. Oggetti liturgici preziosi, spesso disusati per vetustà che nella fattispecie non costituiscono l’intera dotazione della chiesa.

Osservando i calici in particolar modo si ammirano di questi i decori a palmette, le baccellature, i medaglioni a rilievo, i motivi a conchiglie, volute, torciglioni. Sono pregevoli manufatti ottocenteschi napoletani. Si distingue, distribuita tra questi, una coppia di candelieri d’argento sbalzato, ottocenteschi napoletani. Sobri. Senza decori. Sulla base corre l’iscrizione “A devozione di Francesco Calabrese e madre”. I donatori appartengono perlopiù ai ceti medio-alti. I nomi degli artisti prescelti, sono altisonanti.
Napoli resta il punto di riferimento! Basti per tutti Michele Pane, attivo nella città partenopea tra il 1837 e il 1842 che da perito argentiere quale fu, per finezza esecutiva realizzò un Busto di Sant’Anna per la Cappella del Tesoro di San Gennaro. Per la collegiata di Miglionico diede prova eccelsa nella navicella (distinguibile tra i calici 1 e 9) in argento sbalzato e cesellato e l’adagiato Crocifisso d’altare, con una anatomia di una precisione assoluta.


Tre ostensori in argento sbalzato e cesellato, sono opere d’arte indiscutibili. A sinistra, guardando, un capolavoro soprattutto per le due rappresentazioni allegoriche a tutto tondo della Fede e della Speranza che siedono sulla base circolare e una rispettabile altezza del pezzo che sfiora i 90 centimetri. Opera di un argentiere napoletano non identificato con le iniziali del punzone GB e il bollo di garanzia che lo data tra il 1832 e il 1839, poggia su quattro piedi che nell’elevarlo, raccordano base e fusto tramite un globo. Su questo, una coppia di angeli a tutto tondo anch’essi, sostengono il Sacro Cuore sul quale si innesta la teca ampiamente decorata.
A destra vi è un pezzo del napoletano Gennaro Romanelli. Nella relazione del 1831 di un funzionario della Regia Zecca, il nostro maestro risulta essere uno dei migliori argentieri presenti in città. In questo capolavoro di circa 80 centimetri vi è rappresentato il “pellicano” simbolo dell’Eucaristia. Nell’ostensorio centrale, sulla mensa del Polittico, è in esposizione un pezzo datato 1800 di G. Cristalli. Posto tra due reliquiari in argento e ottone, rispettivamente contenenti il “Velo della Beata Vergine” e il “Legno della Santa Croce”, presenta una decorazione fogliacea con volute, tralcio di vite, fastigio, tutto a testimoniare la complessa realizzazione di ogni singolo pezzo. I tre solenni espositori appartengono alla Matrice.


In mostra un solo ornamento aureo: un laccio oro 18 carati intervallato da pietre preziose con diamanti, rubini, smeraldi e perle. L’esclusiva creazione fu benedetta da San Giovanni Paolo II nel 1991, donato dall’orefice Guida a decoro della corona di spine del SS. Crocifisso di Miglionico. Sul lato opposto (27) una corona in lamina d’argento e pietre preziose settecentesca, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria delle Grazie esprime eleganza disegnativa e maestosità tardo-barocca.
Nel mezzo, sul margine del decoro pavimentale della cappella, quattro pezzi per impreziosire una statua di San Rocco. Di bottega napoletana della seconda metà dell’Ottocento, a devozione di Grande Giuseppe fu Serafino, come indica la dicitura sui vari elementi, consta di un cane, un bastone con una zucchetta per l’acqua e un cappello a larghe falde da “pellegrino”. Il grande quadro incorniciato con la Croce fatta a mo’ di Albero della vita, è un dono della famiglia Bruni di Miglionico.
Il reliquiario dei SS. Medici, privo di reliquie, è in argento sagomato su legno. Il “bollo” ci indica che fu realizzato prima del 1808. Sullo stesso espositore e distribuiti tra i pezzi grandi, “minutaglie” come gigli, palmette, rami fioriti, frecce, tazze.
Questa esposizione l’ho concepita in un ambiente sicuro e che non occultasse, nelle altezze e negli ingombri, il polittico e le altre eccelse opere già ivi esposte. Il progetto ha trovato il benestare del parroco Don Egidio Musillo, la fattiva e ineguagliabile collaborazione del Priore Nino Comanda e il contributo delle Signore Angela Perrotta, Antonietta Munno, Lucia Asprella che si sono dedicate alla lucidatura dei metalli.
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