Una ricca novena ha preparato i fedeli della parrocchia materana di Sant’Antonio di Padova ai festeggiamenti in onore di sant’Antonio. Tra i momenti più significativi, l’adorazione eucaristica vocazionale e le benedizioni impartite nelle diverse serate: ai portatori della statua del santo, agli ammalati – con l’amministrazione dell’unzione degli infermi –, ai bambini che indossavano l’abitino antoniano, ai ragazzi del quartiere e, infine, il 12 giugno, al termine della celebrazione eucaristica, a tutti quelli che portano il nome di Antonio/a; a sorpresa è giunto anche il sindaco, ing. Antonio Nicoletti, per festeggiare con la comunità intitolata a sant’Antonio il suo onomastico e ricevere la benedizione.
Gli ultimi due giorni della novena ha predicato don Antonio Mattatelli, parroco della “Madonna del Carmine” in Ferrandina. Tante attese, e pertanto tanta gente, per la venuta dell’esorcista diocesano appassionato di agiografia.

Positiva la sinergia con l’Associazione di Quartiere “Lanera” che ha animato diverse serate della novena, in primis quella del 7 giugno con la cena di comunità nel giardino “Semeria” preparata dagli abitanti del rione; altri eventi, la presentazione del libro di V. Nicoletti “Infanzia al rione Lanera di Matera”, la gara di orienteering e il torneo di bocce.
Padre Angelo Sardone: “Matera non solo città mariana ma anche antoniana”
Queste le parole con cui p. Angelo, superiore del Villaggio del Fanciullo, che ben conosce diverse realtà locali, ha salutato i fedeli presenti alla fine dell’ultima celebrazione del 13 giugno, un giorno che calamita ogni anno nella parrocchia antoniana di Matera i fedeli di tutta la città.
Sette celebrazioni, a partire dalle sette del mattino hanno offerto a tutti coloro che sono venuti a “visitare” l’effige del santo francescano che tanta devozione suscita ancora oggi, a otto secoli dai tempi in cui è vissuto (1195–1231), anche la possibilità accostarsi all’Eucaristia e di vivere questa giornata non solo all’insegna della devozione ma pure alla luce della parola di Dio. Alle sette la prima celebrazione, presieduta dal parroco, don Antonio Paciello, con la benedizione del pane “di sant’Antonio”; a seguire, le altre celebrazioni sono state presiedute a turno da diversi parroci della città. Tutti hanno centrato l’omelia sulla qualità più grande di Sant’Antonio: predicatore grande, ma pur sempre umilissimo, non ha avuto bisogno di proporsi in prima persona per far apprezzare le sue qualità ma ci ha pensato Dio, a cui lui si è affidato completamente.


Il clou del giorno di sant’Antonio: la solenne celebrazione presieduta da mons. Ligorio
Concetto ripreso anche da S.E. Rev.ma mons. Salvatore Ligorio, vescovo emerito di Potenza e già vescovo di Matera, che ha presieduto la partecipatissima celebrazione delle ore 19, concelebrata dai padri rogazionisti – p. Angelo Sardone, p. Angelo Laddaga e, il parroco, p. Antonio Paciello –, don Pasquale Giordano, due diaconi – Giuseppe Centonze e p. Massimo Lataro – e un gruppetto di ministranti piccoli e adulti, tra cui l’accolito Paolo Chieco, insieme al popolo di Dio accorso devoto e copioso da tutta Matera. Non mancava nemmeno questa sera il neo-sindaco della città!
Mons. Ligorio, nella sua omelia, ha cercato di spiegare le motivazioni di tanta popolarità della figura di Antonio, seppur lontana da noi temporalmente: il santo di Padova è stato “in mezzo alla gente” e così è stato sempre riconosciuto come intercessore.
Antonio è stato perennemente in cammino – incarnando ante litteram quella che Papa Francesco avrebbe chiamato “Chiesa in uscita” – per la passione di far conoscere a tutti quello che egli personalmente aveva avuto modo di sperimentare. Nel suo andare, Antonio non portava se stesso e non portava un suo messaggio; portava, invece, ciò che Dio aveva desiderio di comunicare a chi egli avrebbe incontrato. Poteva farlo perché non aveva opposto resistenze all’opera in lui compiuta dallo Spirito Santo, che lo rendeva sempre più conforme a colui del quale era diventato discepolo.
Un’interpretazione esistenziale del vangelo quella che ha fatto sant’Antonio, che nel 1946 gli giovò l’appellativo coniato da Pio XII di “Dottore Evangelico”. Ma, ha continuato mons. Ligorio:
Antonio ha saputo coniugare mirabilmente la fedeltà alla parola di Dio e quella al suo destinatario: l’uomo. Che è ciascuno di noi.
Da fine teologo qual era, Antonio si sarebbe potuto arroccare nella sua posizione, eppure rimase dimenticato, divenne il “Signor Nessuno” – ancora le parole di mons. Ligorio nell’omelia – fin quando, confinato nell’eremo di Montepaolo (Forlì), fu il Signore stesso a tirarlo fuori in una provvidenziale circostanza in cui era venuto a mancare un predicatore. Fu quest’evento fortuito che permise al santo portoghese di farsi conoscere in tutto il suo spessore, e – attraverso la sua coerenza evangelica – di suscitare radicali conversioni:
Quando ti sembra tutto chiuso, quando ti sembra tutto finito, ecco che il Signore sa trarre anche da situazioni misere, povere e grande suo pensiero.


presieduta da mons. Ligorio (foto: R. Maino)
Il pane di S. Antonio
Oltre la chiesa adorna di fiori e il viavai di devoti al santo “degli oggetti smarriti”, segno inconfondibile della festa di sant’Antonio i tavolini attorno a cui alcune parrocchiane distribuivano, in cambio di un’offerta, i panini di S. Antonio e un’immaginetta con la preghiera a sant’Antonio per benedire i pasti. Il pane di S. Antonio è una tradizione che affonda le sue radici in un miracolo attribuito a S. Antonio nei confronti di Tommasino, un bimbo di 20 mesi morto soffocato nella pila d’acqua dei muratori che effettuavano lavori di ristrutturazione dell’antica chiesa di S. Antonio e ridonato vivo alla mamma che aveva molto pregato e promesso al santo taumaturgo tanto grano quanto era il peso del bambino.
La consuetudine entrò nell’uso liturgico con una formula di benedizione detta ad pondus pueri, (“secondo il peso del bambino”). Con essa i genitori invocavano per l’intercessione di S. Antonio la benedizione sui loro figli offrendo ai poveri tanto peso di grano quanto era il peso dei loro bambini. Svanita nel secolo XVI questa consuetudine liturgica, fu ripresa nell’800 legata all’emigrazione soprattutto nelle Americhe sia per l’influsso dei missionari e dei fedeli giunti dall’Italia che per il fatto che il santo italo-portoghese era considerato colui che aiutava a risolvere il problema del pane quotidiano. La tradizione è entrata poi in ambito prettamente rogazionista ai tempi del colera di Messina.
La processione


Dopo l’Eucaristia, una partecipata processione, in cui si alternava la musica del complesso bandistico “N. V. Paolicelli” alla lettura di alcuni episodi dalla vita di S. Antonio, muovendo dalla chiesa parrocchiale ha attraversato le vie di tutto il quartiere: via Lanera, via Serrao, via P. Vena, piazza Padre Semeria, viale dell’Ulivo, viale Carlo Levi, per tornare nella chiesa di Sant’Antonio. Per raggiugere coloro che non hanno potuto o non hanno sentito la necessità di recarsi personalmente in chiesa: manifestazione di una Chiesa che si fa prossima alle case degli uomini…
Sei uomini hanno portato la statua del santo, preceduta dalla reliquia di S. Antonio (frammento di ossa); assieme ad una abbondante folla, erano presenti alcuni bambini con l’abitino francescano.


Al termine, i fuochi d’artificio, l’intrattenimento a cura del complesso musicale Melody Orchestra e la presenza di ambulanti hanno allietato la parte di festa non religiosa
Tanta fatica nell’organizzazione, soprattutto per il parroco p. Antonio e un paio di collaboratori, ma tantissimi parrocchiani si sono spesi per la buona riuscita della festa, dai portatori della statua, a chi si è occupato del pane e della vendita dei biglietti della lotteria, di cui domani 16 giugno ci sarà l’estrazione dei biglietti vincenti.
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