1° maggio, festa de “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”

Il primo maggio, festa dei lavoratori o del lavoro che non c'è o se c'è a volte le sue condizioni sono penalizzanti. Il ruolo insostituibile della Chiesa. La Messa del primo maggio celebrata dell'arcivescovo di Matera-Irsina e vescovo di Tricarico mons. Antonio Giuseppe Caiazzo.

Papa Francesco in occasione della II edizione (dicembre 2023) diLabor Dì, “un cantiere per generare lavoro”, promosso dalle ACLI di Roma, ha voluto dare questo messaggio: “La parola ‘’lavoro’’ oggi, purtroppo, ne evoca spesso la mancanza, e ciò rappresenta una grave ferita alla dignità di tante persone. Ma la dignità è ferita anche quando il lavoro non è sufficientemente stabile e compromette progetti e scelte di vita, come la creazione di una famiglia e il desiderio dei figli”. La questione del lavoro è una questione democratica, per tale motivo occorre un nuovo patto sociale, un nuovo modo di fare impresa non incentrato esclusivamente sul profitto per pochi. Papa Francesco invita a “lavorare a un’economia integrale” che si faccia “con i poveri e per i poveri” e nel messaggio ai partecipanti al IV incontro annuale di The Economy of Francesco (Assisi, 6-8 ottobre 2023) egli scrive: “L’economia che uccide non coincide con un’economia che fa vivere… È proprio in queste consapevolezze il cuore della nuova economia per la quale vi impegnate. L’economia che uccide, che esclude, che inquina, che produce guerra, non è economia: altri la chiamano economia, ma è solo un vuoto, un’assenza, è una malattia, una perversione dell’economia stessa e della sua vocazione. Le armi prodotte e vendute per le guerre, i profitti fatti sulla pelle dei più vulnerabili e indifesi, come chi lascia la propria terra in cerca di un migliore avvenire, lo sfruttamento delle risorse e dei popoli che rubano terre e salute: tutto questo non è economia, non è un polo buono della realtà, da mantenere. È solo prepotenza, violenza, è solo un assetto predatorio da cui liberare l’umanità”.

I vescovi italiani hanno reso noto, il 28 febbraio scorso, il documento della Commissione Episcopale per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, dal titolo: “Il lavoro per la partecipazione e la democrazia”. Il documento elaborato in preparazione della festa del lavoro del 1° maggio 2024, sottolinea tre aspetti fondamentali: “Lavorare è fare ‘con’ e ‘per”, “Il ‘noi’ del bene comune: la priorità del lavoro”, “Prenderci cura del lavoro è atto di carità politica e di democrazia”. Nell’Enciclica “Centesimus annus” n. 41 è scritto: “È alienata la società che, nelle sue forme di organizzazione sociale, di produzione e di consumo, rende più difficile la realizzazione di questo dono ed il costituirsi di questa solidarietà interumana”.

Tanto premesso e in questa ottica, lo scorso 1° maggio, l’arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha celebrato la Santa Messa nella Zona Paip di Matera. Questa iniziativa è stata presa la prima volta nel 2014 per stabilire, in questa significativa ricorrenza, un rapporto diretto con il mondo del lavoro. Non è, infatti, senza significato celebrare la Messa in un luogo di lavoro: si riafferma l’impegno e la vicinanza della Chiesa a tutti i lavoratori e al mondo del lavoro nel suo complesso.

Perché questo impegno della Chiesa? Con la crisi in atto da decenni, le situazioni di difficoltà per le famiglie e i giovani sono aumentate e la Chiesa non poteva restare a guardare per cui attraverso gesti semplici ma efficaci dimostra vitalità e responsabilità, per richiamare tutte le istituzioni pubbliche e private a un preciso dovere, quello di trovare soluzioni affinché tutti abbiano una vita dignitosa.

Lavorare è una condizione necessaria sia per il benessere della singola persona che dell’intera società. In questa prospettiva, il predetto documento dei vescovi fa riferimento all’articolo 1 della Costituzione della Repubblica Italiana sottolineando che: “la “cosa pubblica” è frutto del lavoro di uomini e di donne che hanno contribuito e continuano ogni giorno a costruire un Paese democratico”.

Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel suo messaggio per il Primo maggio sostiene: “Festa del Lavoro, dunque Festa della Repubblica, che i costituenti hanno voluto fondare proprio sul lavoro. Come disse all’Assemblea Costituente il primo tra i proponenti di questa formula, Fanfani, “fondata non sul privilegio, non sulla fatica altrui”, ma sul lavoro di tutti. È un elemento base, quindi, della nostra identità democratica”.

Peraltro, n questo 1° maggio, ha assunto un ruolo significativo la 50ª Settimana Sociale dei cattolici in Italia (Trieste, 3-7 luglio), che tratterà il tema “Al cuore della democrazia. Partecipare tra storia e futuro”. Senza il diritto al lavoro, senza che sia assicurata la possibilità che tutti possano esercitarlo, non si potrà realizzare il sogno della democrazia.

Come ci ricorda Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti: “il grande tema è il lavoro. Ciò che è veramente popolare – perché promuove il bene del popolo – è assicurare a tutti la possibilità di far germogliare i semi che Dio ha posto in ciascuno, le sue capacità, la sua iniziativa, le sue forze” (n.162). Inoltre, in un altro passaggio si afferma che “non esiste peggiore povertà di quella che priva del lavoro”.

Le istituzioni hanno il dovere di assicurare condizioni di lavoro dignitoso per tutti, per riconoscere dignità ad ogni persona e conseguentemente per permettere alle famiglie di formarsi e di svolgere una vita serena. Non va inoltre dimenticato che un lavoro dignitoso esige anche una adeguata retribuzione. Colmare i divari economici fra le generazioni e i generi, è una questione non più rinviabile. A parità di lavoro e di responsabilità non può esserci differenza tra uomini e donne; dovrebbe essere eliminato il precariato e lo sfruttamento dei lavoratori irregolari.

Non si potrà parlare di una democrazia compiuta nel nostro Paese, fino a quando non saranno riconosciuti i diritti di tutti i lavoratori. A questo compito non possono sottrarsi gli imprenditori i quali hanno la specifica responsabilità di generare lavoro ma assicurando condizioni contrattuali eque e sicure, un lavoro che deve essere dignitoso e nel rispetto di tutti i diritti previsti dalla legge.

Per concludere e ritornando alla Messa celebrata il primo maggio, si riportano di seguito stralci significativi dell’Omelia dell’arcivescovo di Matera-Irsina e vescovo di Tricarico, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo:

“Quando viene proclamato il Vangelo, tutti ci alziamo in piedi, quale è il motivo? Perché, attraverso il Vangelo chi parla è Gesù, e quindi abbiamo la coscienza chiara di stare realmente alla presenza di Gesù Cristo, che parla all’uomo d’oggi attraverso fatti concreti che lui per primo ha vissuto e che ha sperimentato nella carne che ha assunto… Dio si è fatto come noi condividendo tutta la nostra umanità, tutto quello che noi siamo in tutto per tutto, tranne nel peccato perché è Dio. Perché allora Dio, Gesù ha assunto la nostra natura umana? Per indicare a noi uomini, come abbiamo ascoltato nella prima lettura, che Dio ha creato ogni cosa. Il tempo che stiamo vivendo, a tutti i livelli, ci dice esattamente questo, che l’uomo a furia di mettere da parte il Creatore sta diventando sempre più egoista, e più diventa egoista, più si pensa che io sono Dio e che io posso creare qualsiasi cosa e posso bastare a me stesso. Se oggi noi stiamo celebrando l’eucarestia in questo luogo di lavoro, insieme a voi tutti, è proprio per prendere coscienza che noi siamo chiamati ad essere collaboratori di Dio nella diversità, nella diversità anche delle mansioni, dei mestieri, delle professioni, che noi svolgiamo con l’unico intento di celebrare Dio…

Se tutte le cose che noi creiamo attraverso il lavoro, attraverso la tecnologia moderna è al servizio dell’uomo è un bene, se tutto invece diventa uno sfruttamento è un male, perché condizione la vita, i rapporti, coltiva le ingiustizie mettendo in evidenza quelle discriminazioni che non aiutano nessuno. Ritorniamo in questo modo al discorso dell’egoismo. San Giuseppe viene posto come modello, nei Vangeli egli era carpentiere, per cui era costretto ad andare da Nazaret, un piccolo villaggio, in altri paesi per lavorare, portando la sua professione, la sua professionalità al servizio del bene comune…

 Allora in questo giorno in cui noi celebriamo la giornata della festa del lavoro, ma è più giusto dire la festa dei lavoratori, perché mi chiedo, quale lavoro dobbiamo festeggiare in molte famiglie, e quale lavoro tanti giovani devono festeggiare nella nostra terra di Basilicata, quale lavoro devono festeggiare tante famiglie che vedono i figli andare inesorabilmente via, fuori, per trovare e per dare senso e dignità alla loro vita. Noi festeggiamo allora soprattutto i lavoratori, perché in questo modo anche chi non ha il lavoro ma desidera lavorare, chiede di essere aiutato concretamente attraverso una progettualità, che indica seriamente, un voler investire in quelli che sono realmente oggi gli strumenti che ci vengono messi a disposizione nella nostra terra, nella nostra città Matera. Le possibilità ci stanno. Noi non possiamo investire solo in ristoranti, pizzerie e camerieri, ma dobbiamo progredire, dobbiamo crescere anche in altri settori, dobbiamo dare e dobbiamo anche ricevere. Allora la preghiera che oggi vogliamo rivolgere al Signore, per intercessione di San Giuseppe, è che tutti, di anno in anno, possiamo sentirci protagonisti perché aiutati, incoraggiati, sostenuti, affinché tante strade nuove si aprano per il bene della nostra gente, della nostra terra, che è bella, che è meravigliosa, che è stupenda, che non ha bisogno di essere sfruttata con finalità egoistiche. La stessa terra, che ha bisogno di ricevere da tutti noi quell’amore che i nostri padri, soprattutto i nostri padri, avevano perché la consideravano sacra e noi dobbiamo ritornare alla sacralità della terra, perché in questo modo ritorneremo alla sacralità della vita dell’uomo”. 

Cari lavoratori auguri a tutti quanti.

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Marino Trizio

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