Nel 150° anniversario dell’elezione di S. Giuseppe a patrono della Chiesa Cattolica, papa Francesco indice un anno speciale dedicato al padre di Gesù per consentire alla Chiesa di riscoprire questa figura. E concede l’indulgenza plenaria a coloro che, oltre alle solite condizioni della confessione sacramentale, della comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre, aggiungeranno una delle pratiche legate alla figura di S. Giuseppe indicate nel decreto di indizione dell’anno di S. Giuseppe.

Quello di oggi: un mondo bisognoso di “padri”

L’8 dicembre 1870, papa Pio IX “mosso dalle gravi e luttuose circostanze in cui versava una Chiesa insidiata dall’ostilità degli uomini”, con Il Decreto Quemadmodum Deus, “dichiarò San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica”.

150 anni dopo, l’8 dicembre 2020, papa Francesco – con l’intento di “perpetuare l’affidamento di tutta la Chiesa al potentissimo patrocinio del Custode di Gesù” (decreto di indizione dell’Anno di S. Giuseppe) e di accrescere la devozione verso questo santo – “ha stabilito che fosse celebrato uno speciale Anno di San Giuseppe” (ibidem).

Al perfetto conseguimento di tal fine gioverà molto il dono dell’indulgenza plenaria conseguibile alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Santo Padre) a cui si aggiunge una delle pratiche che seguono, legate alla figura di S. Giuseppe, indicate nello stesso Decreto:

  1. la meditazione per almeno 30 minuti della preghiera del Padre Nostro, oppure la partecipazione a un Ritiro Spirituale di almeno una giornata che preveda una meditazione su San Giuseppe
  2. il compimento, sull’esempio di San Giuseppe, di un’opera di misericordia corporale o spirituale
  3. la recita del Santo Rosario nelle famiglie e tra fidanzati, in quanto Giuseppe fu custode della Santa Famiglia di Nazareth
  4. l’affidamento quotidiano della propria attività lavorativa alla protezione di San Giuseppe, patrono dei lavoratori, e la preghiera di intercessione all’Artigiano di Nazareth perché chi è in cerca di lavoro possa trovare un’occupazione e il lavoro di tutti sia più dignitoso
  5. la preghiera delle Litanie a San Giuseppe, a favore della Chiesa perseguitata ad intra e ad extra e per il sollievo di tutti i cristiani che patiscono ogni forma di persecuzione.

Nella lettera “Patris corde” (Con cuore di padre, PC), papa Francesco ci offre qualche bella riflessione che può aiutarci ad avvicinarci a questa figura tanto discreta e, pertanto, sconosciuta presso tanti cristiani.

Comunemente attribuiamo a Maria la prerogativa della fedeltà alla volontà di Dio – suggellata dal “fiat” pronunciato all’arcangelo – e non ci risulta immediato pensare che, invece, “in ogni circostanza della sua vita, Giuseppe seppe pronunciare il suo ‘fiat’ come Maria nell’Annunciazione e Gesù nel Getsemani” (PC, 3): accogliendo le indicazioni di Dio nei sogni, se n’è fatto pronto attuatore appena sveglio.

I. Rupnik, L’angelo parla a San Giuseppe
(Cappella delle Suore della Carità di s. Vincenzo de Paoli, Fiume – Croazia)

il padre di Gesù utilizza “l’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro” (PC, 1): sempre obbediente, ma mai un’obbedienza che subisce, bensì un’obbedienza “creativa”. In Egitto, ad esempio, la Santa famiglia avrà pure dovuto mangiare, e il padre del Redentore si sarà attivato creativamente per trovare una casa e un lavoro.

Giuseppe è  come quelle tante figure che quest’anno si sono prestate nel silenzio per soccorrere chi era nel bisogno e “ci ricorda che tutti coloro che stanno apparentemente nascosti o in ‘seconda linea’ hanno un protagonismo senza pari nella storia della salvezza” (PC).

L’artigiano di Nazareth, ancora, è “padre in ombra”: ombra del Padre celeste e, insieme, padre che agisce con discrezione, lasciando spazio alla libertà. Lo sposo di Maria mostra di agire comprendendo che “ogni figlio porta sempre con sé un mistero, un inedito che può essere rivelato solo con l’aiuto di un padre che rispetta la sua libertà. […] Giuseppe ha sempre saputo che quel Bambino non era suo, ma era stato semplicemente affidato alle sue cure. […] Tutte le volte che ci troviamo nella condizione di esercitare la paternità, dobbiamo sempre ricordare che non è mai esercizio di possesso, ma ‘segno’ che rinvia a una paternità più alta. In un certo senso, siamo tutti sempre nella condizione di Giuseppe: ombra dell’unico Padre celeste” (PC, 7). Questo è il senso dell’appellativo “castissimo” che attribuiamo a Giuseppe e che esprime anche il carattere dell’amore di Dio nei confronti dell’uomo: l’assoluta libertà. Di questa paternità libera ma responsabile ha bisogno il mondo d’oggi. Ed anche la Chiesa nei suoi ministri.

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Giuseppe Longo

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