Saluto dell’Arcidiocesi Matera-Irsina alle autorità civili e militari

Il saluto dell'Arcidiocesi di Matera-Irsina alle autorità civili e militari. Offerta floreale a Maria SS della Bruna da parte del sindaco di Matera. Il video dell'intera cerimonia.

Nella mattina del 1 luglio, vigilia della Festa di Maria SS. della Bruna, patrona della città dei Sassi, si è svolto il tradizionale incontro delle Autorità civili e militari con l’amministratore della Diocesi di Matera-Irsina don Angelo Gioia, presente il prefetto Cristina Favilli,  il neo sindaco della città di Matera Antonio Nicoletti, il presidente della Provincia di Matera Francesco Mancini, l’assessore regionale Cosimo Latronico, consiglieri comunali di Matera, sindaci della provincia, il questore di Matera Emma Ivagnes, il presidente dell’Associazione Maria SS. della Bruna Bruno Caiella.

Di seguito il testo dell’indirizzo di saluto  alle autorità di don Angelo Gioia che ha letto anche un breve saluto inviato dal neo eletto Arcivescovo di Matera Mons. Benoni Ambarus.

Messaggio di saluto di don Angelo Gioia, Amministratore diocesano

Eccellenza, illustrissime autorità civili e militari, carissimi fedeli qui convenuti.

Quest’anno i festeggiamenti della nostra Patrona, Maria Santissima della Bruna, verranno vissuti in un clima tutto particolare in cui diversi sono i sentimenti che si rincorrono: dalla gratitudine all’attesa, dall’incertezza all’affidamento, tutti dipendenti dalla situazione temporale in cui si è venuta a trovare la nostra chiesa diocesana di Matera-Irsina dopo il trasferimento di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo alla diocesi di Cesena-Sarsina. E questo mi permette di manifestare il primo sentimento: quello della gratitudine per il ministero episcopale che il carissimo don Pino ha svolto per nove anni in mezzo a noi. Più volte si è rivolto a tutte voi, illustri autorità, invitandovi a rafforzare la logica del bene comune con e per la nostra gente.

Nello stesso tempo la sua partenza ci ha aperto la porta dell’attesa del nuovo pastore che lo scorso 18 giugno abbiamo avuto la gioia di annunciarlo nella persona di Sua Ecc. Mons. Benoni Ambarus. Un dono fatto a tutti noi dal Santo padre Leone XIV; un dono riconosciuto alla luce della fede che presenta la figura del Vescovo solo e sempre come servo di Cristo e della Chiesa nel solco benedetto della successione apostolica. Mi è gradito ringraziare a tal proposito, anche a nome di Mons. Ambarus, di cui leggerò a conclusione il suo saluto, tutti coloro che hanno fatto pervenire messaggi augurali per la sua nuova nomina a guida della nostra Arcidiocesi.

Ogni novità e ogni avvicendamento sollevano sempre interrogativi che possono aiutare a fare una sorta di pellegrinaggio interiore che parte dall’incertezza e può arrivare all’affidamento. Cosa ci aspetta? Quale percorso intraprenderemo insieme? Onestamente non lo sappiamo! Ma sento di poter condividere con voi questo profondo desiderio: non sbaglieremo, non devieremo strada se ci terrà uniti la preziosa verità di una vita comunionale da ricercare sempre e a tutti i costi. Le paure, le incertezze personali e comunitarie si possono affrontare affidandosi alla forza misteriosa della comunione che viene dall’alto e che edifica i rapporti tra di noi. Oggi c’è un deficit comunionale preoccupante di presa in carico dell’altro che si manifesta in una crescente disaffezione per la cosa pubblica, che può sfociare in un degrado del senso civico, che cerca soluzioni facili e sbrigative a processi che richiedono tempo e preparazione; che arriva a combattere e sopprimere la vita altrui quando non soddisfa le proprie pretese e non asseconda le logiche di possesso. Non bisogna aver paura di assumere il peso degli altri, perché è sempre meglio soffrire spendendosi e servendo il bene della comunione piuttosto che sopravvivere salvaguardando solo il proprio bene o un bene di parte. Oltre a Gesù Cristo che ha dato la sua vita per tutti, anche la storia dei popoli ha sempre insegnato questa grande lezione.

            In questa direzione sembra esortarci anche papa Francesco nella bolla di indizione del Giubileo della speranza quando afferma: “La comunità cristiana non può essere seconda a nessuno nel sostenere la necessità di un’alleanza sociale per la speranza, che sia inclusiva e non ideologica… Tutti, in realtà, hanno bisogno di recuperare la gioia di vivere, perché l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio (cfr. Gen 1,26), non può accontentarsi di sopravvivere o vivacchiare, di adeguarsi al presente lasciandosi soddisfare da realtà soltanto materiali. Ciò rinchiude nell’individualismo e corrode la speranza, generando una tristezza che si annida nel cuore, rendendo acidi e insofferenti (SnC 9”).

Un’ulteriore riflessione vorrei condividerla con tutti voi a partire dal brano della parola evangelica che abbiamo poco fa ascoltata. Gesù, nell’insegnare ai suoi discepoli la via della liberazione del cuore dall’attaccamento alle cose, ai ruoli, alle ricchezze, propone loro un insegnamento parabolico che mette nella condizione di interpellare la propria esistenza e imparare a prendere decisioni in vista di un bene eterno e non solo temporale, divino e non solo mondano. Il Maestro ci presenta la figura di un “amministratore fedele e saggio, posto a capo della sua servitù”.  Tutti siamo amministratori più grandi di noi! Come l’apostolo Pietro vogliamo chiederci: a chi sta parlando? Cosa vuole dirci? Per caso ce l’ha con noi? Senza permalosità e risentimenti, sgomberiamo il campo da forme di giudizio, di manie di persecuzione o di facili vittimismi, perché il Signore ci vuole riempire della sua fiducia e della sua bontà. Se ci ha scelti è perché, con i beni da amministrare, ci affida tutto se stesso e in Lui tutti gli altri beni. Il Signore infatti non mette mai a capo dei suoi beni servi malvagi e sfruttatori. Tutt’al più lo si diventa quando, sganciandosi da Lui e dalla sua Parola di verità, iniziamo a vessare la nostra vita e quella del nostro prossimo con la smania di possesso e di successo. Come riconoscersi e mantenersi allora nella logica dell’“amministratore fedele e saggio”? Il Signore ci prospetta una via: credere in una destinazione universale dei beni che sono le persone prima di tutto (nella parabola identificati con i servi). La dignità delle persone è il bene inalienabile che ha già valore di eternità e di immortalità. Solo perché uomini si è depositari di beni non misurabili, non quantificabili e, perciò, non barattabili. Aiutare a riconoscere e a far riconoscere il valore della propria dignità è la prima missione che l’uomo ha ricevuto venendo al mondo. Purtroppo ultimamente sempre più spesso immagini di guerre e sopraffazione, di morte e distruzione, di violenza e furia omicida disturbano e disorientano i nostri cuori. Dio non voglia che a tutto ciò ci si abitui, che di fronte a questi scenari si volga lo sguardo da tutt’altra parte, che non si scivoli su facili retoriche e “propagande”, come ha detto di recente anche papa Leone XIV. I volti di bambini trucidati e in fila per una razione di cibo, di mamme che piangono il loro sangue, di papà costretti a scappare sotto i proiettili del fuoco nemico, di bombardamenti che sembrano videogame, di guerre programmate a tavolino, di società costrette a reggersi su un’economia di guerra, non possono ancora perpetrarsi perché tutto ciò non è degno dell’essere umano. Di fronte a questi drammi stiamo perdendo tutti, sta perdendo il mondo, sta morendo la vita nel futuro. 

Questi richiami alla situazione mondiale devono essere un monito e un richiamo forte anche per le nostre comunità perché non si inneschi il meccanismo di una strana reazione a catena che va a intaccare anche i nostri vissuti locali. Vivendo ancora in un contesto tutto sommato a misura d’uomo, dobbiamo far di tutto affinché il nostro “capitale umano” segnato dalla fatica, dal sacrificio, dalla laboriosità delle generazioni che ci hanno preceduto non vada perso ma valorizzato. Incrementare e potenziare quel rapporto tutto speciale tra giovani e anziani, nonni e nipoti, famiglie che si aprono ad altre famiglie può essere una risorsa che aiuta tutti a vivere meglio e che può evidenziare anche quella “saggezza” di cui ci ha parlato il Vangelo, perché aiuta a guardare i doni che la vita ci ha fatto come un bene da consegnare e non trattenere.

In fondo i veri amministratori fedeli e saggi, con onestà intellettuale e alto senso morale, dovrebbero riconoscere che non c’è nulla, ma proprio nulla, che non si sia ricevuto e che non si debba consegnare. Ecco perché la parabola del Vangelo fa dipendere la saggezza dalla “fedeltà”: nella visione di una vita non legata a padroni e signori della storia, il valore della fedeltà è pietra miliare nel percorso di ciascuno perché ci ricorda che esso è profondamente innestato su quello della fiducia… e con la fiducia di un altro non si può giocare, non ci si può fare grandi. La fiducia ricevuta, che non si confonde con il consenso, non autorizza a promettere l’impossibile, a scambiarsi sempre e solo favori, a giustificare il tutto con la logica machiavellica del “fine giustifica i mezzi”. La fiducia è il tesoro prezioso che viene riposto nel nostro essere uomini paragonabili, come direbbe san Paolo, a “vasi di creta”. La fiducia di cui possiamo essere investiti riflette e allarga l’amore e la benevolenza che Dio Padre ha per ciascuno dei suoi figli. Se veniamo riconosciuti nella nostra autorità morale è perché vogliamo farci servi di una fiducia reciproca, libera, sana, non asservita; una fiducia che viene messa a disposizione per riconoscere sempre l’uguaglianza fra tutti; una fiducia che anima con giustizia e misericordia i rapporti sociali; una fiducia che si riconosce nel far crescere sensibilmente la cultura della solidarietà; una fiducia che si sviluppa e punta di più sui legami familiari; una fiducia che si spende maggiormente per tutti quei servizi che fanno crescere in cultura e formazione; una fiducia che guarda le situazioni con gli occhi degli ultimi e non esclude mai nessuno nella crescita umana e sociale.

Se guardiamo con gli occhi della grazia e della provvidenza, anche le risorse della nostra regione ci permettono di dire che siamo benedetti da Dio e che forse proprio così poveri non siamo; che le potenzialità della nostra amata terra potrebbero sostenere la crescita di tutti; che i territori e le comunità locali diventano povere quando li si identifica troppo ed in maniera esclusiva con alcuni stereotipi; che non dobbiamo troppo abituarci a pensare e a dire che “i tempi sono cattivi” Perché se “viviamo bene, i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi” (sant’Agostino).

Nel concludere, vorrei ringraziare tutte voi, illustrissime autorità, e quanti si impegneranno con il proprio lavoro e nel rispetto delle proprie competenze e responsabilità a preservare e a far rispettare l’odine e la sicurezza pubblica. Così come è importante rivolgere un appello a tutti affinché, collaborando con chi sarà impegnato nella festa, si possa godere e far godere la gioia e la bellezza dello stare insieme di questi giorni.

Il Signore ci benedica tutti attraverso la sua Madre, Maria Santissima della Bruna.

Mons. Benoni Ambarus – Foto Siciliani-Gennari – SIR

Breve messaggio di saluto dell’arcivescovo mons. Benoni Ambarus

Signor Prefetto, egregi sindaci, gentili autorità civili e militari, cari membri del dell’Associazione Maria SS. della Bruna, carissimi tutti!

Grato a don Angelo Gioia per essere il tramite di questo messaggio, desidero rivolgervi un saluto. Per la festa di quest’anno, benché già nominato pastore di questa Arcidiocesi, partecipo con il cuore e nello spirito ai festeggiamenti di Maria SS.ma della Bruna! Conto però di ricuperare il prossimo anno, abbondantemente, il bagno di grazia che questa festa spirituale porta con sé.

Vi esprimo un augurio, che è allo stesso tempo la mia preghiera per tutti voi, che in modi e ruoli diversi vi occupate dell’amministrazione e gestione del bene comune: possiate avere il cuore materno di Maria, di cui siamo tutti figli, a cominciare dalle persone più fragili e deboli! Che il vostro cuore, la vostra mente ed ogni singola vostra delibera legislativa e amministrativa possa avere lo stesso criterio del cuore di Maria: prima i più “piccoli”! Solo così nessuno verrà lasciato solo, nessuno indietro! Così adempiremo tutti sempre meglio, con disciplina ed onore, il nostro servizio!

La Madonna della Bruna ottenga questa grazia per tutti voi! Grazie per il vostro servizio! Buona festa a tutti e a presto!

Roma 1 Luglio 2025

+ Benoni Ambarus

Video dell’intera cerimonia con messaggi di saluto di don Angelo Gioia e di mons. Benoni Ambarus

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