“Al cuore della partecipazione… in cammino verso Trieste”

Alla presenza di mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente della Settimana Sociale, si sono confrontate sul tema diverse espressioni del laicato cattolico lucano

È stato presentato l’11 aprile scorso in Basilicata il prossimo appuntamento della Settimana Sociale dei cattolici che si terrà a Trieste dal 3 al 7 luglio. Presso il Centro Mater Ecclesiae di Garaguso Scalo, alla presenza di mons. Luigi Renna, arcivescovo di Catania e presidente della Settimana Sociale, si sono confrontate diverse espressioni del laicato cattolico lucano per parlare di “Al cuore della partecipazione… in cammino verso Trieste” e del lavoro portato avanti con le “buone pratiche di partecipazione” alla vita sociale.

Nel suo saluto iniziale Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, vescovo delegato per la Pastorale Sociale e del Lavoro della Basilicata, ha richiamato da una parte i dati sullo spopolamento progressivo della regione che interessa in particolare i giovani (ventimila partenze negli ultimi 10 anni) dall’altra gli sviluppi del Progetto Policoro che offre prospettive concrete di lavoro proprio per le fasce giovanili.

Sono seguite le presentazioni di alcune delle buone pratiche che sono già in atto in regione e che si sono dimostrate capaci di “riabitare il territorio”. Dall’Agorà dei Giovani Lucani al Progetto di governance ambientale partecipata, solo per citarne alcune, iniziative che hanno trovato nel cammino sinodale della chiesa lucana un’occasione di rilancio.

Ha moderato l’incontro, in rappresentanza di tutte le équipe diocesane di Pastorale Sociale e del Lavoro, don Giordano Stigliani, della diocesi di Acerenza.

Mons. Renna, nel suo intervento, è partito dalla considerazione della crisi di democrazia in atto nel nostro paese. Come si sa, quanti si recano alle urne in occasione delle consultazioni elettorali sono in numero sempre più ridotto, determinando un deficit di rappresentanza democratica che viene di conseguenza occupato da ristrette élite politiche.

Bisogna anche riconoscere però, ha continuato il presule, che tale disinteresse non è tanto espressione di stanchezza del voto né soltanto di sfiducia nei leader della politica. Consiste piuttosto in una sfiducia che scaturisce dal dover constatare quante diseguaglianze rimangono irrisolte.

La conferma di questa crisi di fiducia viene da tanti report statistici relativi a paesi come Francia e Italia, ma si tratta di un deficit di democrazia riscontrabile in tutto il mondo. I paesi democratici sono sempre meno numerosi.

Come scrive papa Francesco nel capitolo quinto della “Fratelli tutti”, ciò è la conseguenza del tentativo di far sparire dal linguaggio corrente la parola popolo, un tentativo che potrebbe portare a eliminare la parola stessa di democrazia. Sempre più ampie fasce di popolazione rimangono ai margini, come chi vive nelle aree interne, per esempio in Basilicata o nelle zone montuose degli Appennini o delle Alpi.

Come si può recuperare fiducia nella democrazia? La si può trovare sicuramente nella dottrina sociale della Chiesa. Pio XII, ha ricordato mons. Renna, nell’ultimo tragico Natale di guerra, in un radiomessaggio affermava cosa sia la democrazia: «Queste moltitudini, irrequiete, travolte dalla guerra fin negli strati più profondi, sono oggi invase dalla persuasione – dapprima, forse, vaga e confusa, ma ormai incoercibile – che, se non fosse mancata la possibilità di sindacare e di correggere l’attività dei poteri pubblici, il mondo non sarebbe stato trascinato nel turbine disastroso della guerra e che al fine di evitare per l’avvenire il ripetersi di una simile catastrofe, occorre creare nel popolo stesso efficaci garanzie».

Ciò vuol dire che, secondo Pio XII, se ci fosse stata democrazia non ci sarebbe stata la guerra. Il Compendio della Dottrina sociale dice chiaramente che la democrazia è la forma più valida di governo. Lo è principalmente per due motivi: assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche, garantendo la possibilità di eleggere i propri governanti, e assicura la possibilità di sostituire i governati in modo pacifico. Tutto questo pone come punto di partenza la persona. In questa visione non esistono semplicemente lo Stato e il mercato. Ma anche la società civile che è fatta di persone cui è riconosciuto un potere: il poter essere, il poter fare, il poter cambiare. Nella visione cristiana dunque sono presenti il valore della persona e il valore della società civile che deve recuperare un suo protagonismo come lo Stato e il mercato.

Ma se un tempo i cattolici italiani non avevano altro che il magistero della Chiesa come punto di riferimento, oggi ne possono trovare un altro, quello della Costituzione. In tanti passaggi della Carta fondamentale si possono trovare elementi che sono in sintonia con il magistero della Chiesa, come l’articolo 3 quando recita che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. È questa un’affermazione che, secondo mons. Luigi Renna, è speculare a quello che afferma la “Gaudium et spes” a proposito del bene comune, definito come l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia ai singoli sia ai gruppi di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente. Cosa permette di raggiungere tale perfezione? Non è evidentemente soltanto qualcosa di individuale perché la perfezione può essere raggiunta soltanto insieme agli altri.

Quali risorse e quali progetti sono stati messi in atto in Basilicata, a partire da questa visione cristiana? È stato costruito tanto. Con il Progetto Policoro, per esempio, è presente una grande ricchezza di capitale sociale che è necessario narrare. L’arcivescovo ha anche invitato a guardare all’Europa, perché l’Unione Europea può aiutare il paese a respirare più democraticamente. Oggi, infatti, l’Europa è un pungolo per tanti paesi a respirare democraticamente.

«Vogliamo metterci in ascolto dei mondi sociali» ha concluso mons. Renna, «io mi auguro che per questo nasca una presenza nuova, una nuova consapevolezza».

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Paolo Tritto

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