Da ciò scaturisce la dolcezza. Il beato Ambrosoli e le api

Una singolare scoperta all’interno della sepoltura del missionario in terra africana

Uno sciame di api si è inaspettatamente sprigionato dall’interno della tomba del beato padre Giuseppe Ambrosoli nel momento in cui si è resa necessaria l’esumazione dei suoi resti mortali per la ricognizione che normalmente si esegue nelle cause di canonizzazione.

Le api, che evidentemente erano riuscite a crearsi uno stretto passaggio da una fessura della lapide che ricopriva la tomba, avevano collocato proprio lì un alveare che al momento della rimozione della pietra tombale era perfettamente attivo e carico di miele.

Ne ha dato notizia recentemente anche il Corriere.it che ha espresso meraviglia per il singolare fenomeno. In considerazione soprattutto che padre Giuseppe è stato uno dei componenti della famiglia Ambrosoli, proprietaria dell’omonima azienda leader nella commercializzazione del miele, con prodotti presenti negli scaffali di tutti i supermercati.

Quale sarà mai il significato di questo segno delle api, si chiede Anna Campaniello, autrice dell’articolo. Si può parlare di miracolo? O almeno, come scrive lei, di un “piccolo miracolo”? Forse non sarà principalmente questo miracolo ad aprire le porte verso il pieno riconoscimento della santità di padre Ambrosoli. Ma possiamo immaginare l’emozione che può suscitare invece un richiamo così dolce e suggestivo nel cuore della gente del popolo.

«Il Beato Giuseppe Ambrosoli» informa il Dicastero vaticano per le Cause dei santi, «nacque a Ronago, presso Como il 25 luglio 1923. Settimo figlio di Giovanni Battista Ambrosoli, l’iniziatore della famosa omonima azienda del “Miele Ambrosoli” e di Palmira Valli, il cui padre era conosciuto in Como come “il medico dei poveri”». Fu probabilmente l’esempio del nonno materno a far fiorire la vocazione del giovane Giuseppe portandolo a discostarsi dall’attività cui si dedicava la famiglia, pur rimanendo legato – era inevitabile – al brand cui rimanda il suo cognome Ambrosoli.

Giuseppe si iscrisse così alla facoltà di Medicina, studi interrotti durante la Seconda guerra mondiale e ripresi alla cessazione delle ostilità, per poi andare a Londra per specializzarsi nelle malattie tropicali. Negli anni della guerra, infatti, oltre a maturare la vocazione sacerdotale, il giovane Ambrosoli aveva deciso di seguire le missioni comboniane in Africa.

Ordinato sacerdote, nel 1953 partì alla volta di Kalongo in Uganda dove lavorò per potenziare un preesistente ambulatorio medico annesso alla missione fino a renderlo un vero ospedale con oltre 300 posti letto. Nonostante le enormi difficoltà legate all’instabilità politica della zona e ai rischi per la sicurezza personale, il padre riuscì ad avviare anche una scuola di ostetricia e di formazione per infermieri.

Padre Giuseppe Ambrosoli è morto in Africa nel 1987; ha voluto essere sepolto in quella terra africana che aveva tanto amato e alla quale aveva consegnato totalmente la sua vita. Si diceva: quale potrebbe essere il significato del “piccolo miracolo” del favo di api rinvenuto nella tomba del padre Ambrosoli? La domanda fa tornare alla mente il vescovo Anselmo Filippo Pecci che ha retto la nostra diocesi un secolo fa.

Mons. Pecci aveva inserito in un quadrante del suo stemma episcopale cinque api che riprendevano il suo cognome – peccia è sinonimo di ape – e aveva adottato un motto che anche in questo caso alludeva alla vita delle api: “hinc dulce”, da ciò il dolce, da ciò scaturisce la dolcezza. Il motto fa riferimento alla fede cristiana che, come le api, trasforma in dolcezza tutto ciò che fa proprio.

Nel giorno della sua ordinazione sacerdotale, padre Giuseppe Ambrosoli aveva scritto che intendeva essere per tutta la vita uno specchio, la cui vera natura è riflettere sugli altri lo splendore dell’amore divino che riceveva. Uno specchio non aggiunge né toglie nulla all’immagine che riflette. Questa, in fondo, è anche la filosofia dichiarate dall’azienda di famiglia: «Al miele non bisogna né aggiungere né togliere niente».

E questo dice anche la fede cristiana: a Dio non si può aggiungere né togliere nulla. Si può soltanto fare in modo che la sua presenza, come le api, trasformi in dolcezza ogni cosa che la rifletta. “Per tutta la vita” ma – lo abbiamo visto per padre Ambrosoli – anche nella dura realtà della tomba.

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Paolo Tritto

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