Dieci suore polacche martiri e Robert Schuman, padre dell’Unione Europea, saranno forse santi.

L'impegno politico di un uomo che vive i sacramenti e la condivisione del martirio in una comunità religiosa

Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione vaticana dei santi, nel corso di un’udienza concessa al cardinale prefetto Marcello Semeraro in data 19 giugno, a promulgare i decreti relativi ad alcune cause di beatificazione. La più nota di queste cause è senza dubbio quella per il riconoscimento delle virtù eroiche del Servo di Dio Robert Schuman, padre del progetto di Unione Europea, il sogno, poi divenuto realtà, di un’Europa unita e riconciliata dopo la guerra.

Schuman è nato il 29 giugno 1886 a Clausen, in Lussemburgo, ed è morto in Francia, a Scy-Chazelles il 4 settembre 1963. «Dietro l’azione dell’uomo pubblico» scrive Vatican News, «c’è l’interiorità dell’uomo che vive i sacramenti, che quando può si rifugia in un’abbazia, che riflette sulla Parola sacra prima di trovare la forma per le sue parole politiche». Robert Schuman è indubbiamente uno dei protagonisti più importanti della storia europea contemporanea.

Uno spessore storico altrettanto rilevante riveste il caso delle carissime dieci sorelle della Congregazione delle Suore di Santa Elisabetta; le suore furono uccise dai soldati dell’Armata Rossa sovietica, in odio alla fede, nel 1945 durante l’occupazione della Polonia. Le religiose erano dedite alla cura delle persone più bisognose, soprattutto malati e anziani.

«È accertato» riporta il decreto vaticano, «il martirio materiale per tutte le Serve di Dio. La loro uccisione si inserisce nel dramma vissuto dalle popolazioni nei territori compresi tra i fiumi Oder e Nysa, che con l’invasione dell’Armata Rossa subirono violenze di ogni genere. In quel contesto, l’accanimento dei militari verso le suore manifestava il loro odio verso la fede e nei confronti di appartenenti alla Chiesa cattolica. Alcune religiose al momento del martirio erano giovani, altre più anziane, alcune subirono violenza, altre furono minacciate, altre ancora vennero uccise nel tentativo di difendere le consorelle».

Il martirio delle suore polacche deve essere inserito nel triste fenomeno delle violenze consumate durante le occupazioni militari particolarmente ai danni delle donne, vittime di stupri di massa e di ogni genere di brutalità. Spesso durante le guerre vengono conteggiati, tra le vittime, gli uomini caduti in battaglia. Pochi si soffermano invece sulle sofferenze e sulle violenze cui vanno incontro le donne indifese. L’aspetto più raccapricciante delle guerre è forse proprio questo martirio femminile, soprattutto quando assume connotati ideologici.

Secondo il decreto della Congregazione della causa dei santi, «i soldati sovietici erano indottrinati con la cultura marxista, l’atteggiamento ostile verso la fede si manifestava anche con gesti di profanazione. Lo stupro divenne un’arma di umiliazione, ma particolarmente feroci furono le violenze rivolte verso chi indossava l’abito religioso».

Per altro, la circostanza del martirio venne a determinarsi per la decisione delle Serve di Dio di non abbandonare i territori occupati, rimanendo accanto alle persone che stavano accudendo, anziani e malati impossibilitati a fuggire, ben consapevoli del pericolo che correvano.

Questi i nomi delle religiose di cui si attende il riconoscimento della santità: Paschalina Jahn, Maria Edelburgis Kubitzki, Maria Rosaria Schilling, Maria Adela Schramm, Maria Sabina Thienel, Maria Sapientia Heymann, Maria Adelheidis Töpfer, Maria Melusja Rybka, Maria Felicitas Ellmerer, Maria Acutina Goldberg.

Scena dal film Agnus Dei, ispirato al martirio delle suore polacche

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Paolo Tritto

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