Don Rocco Pennacchio: 25 anni di sacerdozio

Una Chiesa di Matera in festa per le "nozze d'argento" di don Rocco Pennacchio. Figlio della nostra Diocesi, è oggi arcivescovo metropolita di Fermo, già economo della CEI, oggi è assistente ecclesiastico nazionale dell'UNITALSI. Bello vedere fedeli laici e confratelli sacerdoti presenti alla celebrazione di ringraziamento per questo evento. A fine articolo, un'interessante videointervista a don Rocco e ad alcuni suoi compagni di vita.

Una serata di solenni festeggiamenti in Cattedrale per i 25 anni di sacerdozio di don Rocco Pennacchio, figlio della nostra Diocesi classe ’63 e da sei anni Arcivescovo Metropolita della Diocesi di Fermo.

“Ho voluto celebrare il venticinquesimo nella stessa cattedrale dove ero stato ordinato presbitero: gli stessi cori, molti degli stessi fedeli, seppure ‘cresciuti’!”, soprattutto da Grottole, città paterna. Un modo di fare memoria “costruttiva”. Bello vedere tanti laici e una buona rappresentanza del nostro presbiterio, insieme al vicario generale di Tricarico, d. Nicola Urgo, e a don Mimmo Florio, assistente sottosezione UNITALSI di Potenza.

“Un Antonio – Mons. Ciliberti, calabrese – ti ha ordinato 25 anni fa. E un altro Antonio – io, anche calabrese – ti ha ordinato vescovo il 25 novembre 2017”, ha scherzosamente puntualizzato il nostro Arcivescovo con il piglio che lo caratterizza quando parla di coincidenze (anzi “dioincidenze”, come a lui piace chiamarle!).

Un temperamento dinamico e concreto, immagine del “tempo ordinario”

25 anni spesi – con un temperamento sempre dinamico – tra Matera, dov’è stato per 12 anni viceparroco in S. Paolo Apostolo, accanto allo zio don Nicola Colagrande, Roma, dove ha ricoperto il ruolo di economo generale della Conferenza Episcopale Italiana ed ora è presidente del Comitato per gli interventi caritativi a favore del Terzo Mondo nonché assistente ecclesiastico nazionale dell’UNITALSI, e Fermo, dove è arcivescovo “metropolita” dal dicembre 2017.

Un carattere da “tempo ordinario: il tempo liturgico che più mi rappresenta”, ha sottolineato don Rocco nell’omelia. E dalle letture “feriali” di oggi (Gen 19,15-29, Mt 8,23-27) è scaturita la riflessione di don Rocco: Lot è stato scampato dalla distruzione di Sodoma e Gomorra, è stato “miseridordiato” – per usare un espressivo neologismo coniato da papa Francesco – ma gli viene chiesto di recarsi a Soar perché questo paesino sulle montagne venga anch’esso salvato dalla distruzione. Una dinamica tipica della vita di ogni sacerdote, destinatario di un grande dono di grazia e chiamato ad essere anch’egli dono di salvezza per chi incontra. E il rischio per noi sacerdoti è quello di dimenticare questo dono di misericordia. Anche l’episodio della tempesta raccontato nel Vangelo (Egli dormiva. E disse loro: «Perché avete paura, gente di poca fede?»), ha puntato l’attenzione sull’altro rischio della perdita della fede, che nella vita di un sacerdote è ingrediente indispensabile.

Una vocazione ‘adulta’ quella di don Rocco: “corteggiato” – sua espressione – dagli arcivescovi Giordano e Appignanesi, dopo fattivi anni di militanza in Azione Cattolica con incarichi anche a livello apicale, solo dopo 11 anni – e dopo altrettanti anni di lavoro in banca – il trentenne Rocco Pennacchio entrava nel Seminario Interdiocesano Maggiore di Potenza. Per uscirne presbitero 5 anni dopo.

Dicono di lui…

Un carattere pratico, concreto e – allo stesso tempo – di profonda umanità quello di don Rocco, ha sottolineato don Vincenzo Di Lecce, che ha vissuto con lui la maggior parte degli anni del Seminario.

Uno spirito coinvolgente, da leader, ma sempre attento alle esigenze dell’altro, sottolineano altri amici che lo hanno conosciuto da adolescente.

“Che bel ricordo abbiamo di lui: la mattina quando ci alzavamo lo sentivamo cantare e com’era capace di entrare in dialogo con noi ragazzi”, raccontano ancora oggi – a distanza di oltre 20 anni – dei giovani che condivisero con lui un’esperienza di servizio in una Mensa Caritas di Roma.

“Sei sempre un birbante anche se sei diventato un pezzo grosso”, ha detto lui – gli direbbe oggi la madre se fosse viva.

Si ringrazia Valentina Epifania per l’attento e ricco reportage fotografico.

Di seguito la parola a don Rocco e a qualche testimone che l’ha conosciuto in gioventù.

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Giuseppe Longo

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