Effetto Delta

La decisione del Governo di estendere l’obbligo del Green pass come lasciapassare sanitario per accedere ai locali al chiuso e a molte attività culturali e ricreative è diretta conseguenza dell’aumento dei contagi registrati nel cuore dell’estate.

È mancato poco che l’ultima settimana di luglio segnasse il ritorno di molte regioni italiane al colore giallo con le limitazioni che credevamo di esserci lasciati alle spalle: il decreto del Ministero della Salute è intervenuto a scongiurare questo pericolo modificando i criteri che definiscono le classi di rischio.


Si è scelto in pratica di non penalizzare la stagione turistica e la ripresa economica accettando come criterio principale non quello del numero dei contagiati (con la soglia settimanale delle 50 persone ogni 100.000 abitanti) ma quello della percentuale di occupazione dei posti letto in ospedale, sia nei reparti ordinari che in quelli di terapia intensiva.


Per più di un osservatore siamo di fronte a un rischio non più “calcolato” quanto piuttosto “accettato” per esigenze di carattere sociale e politico, con lo scopo di contenere le critiche dell’opposizione e di una parte della maggioranza di governo.


Essendo l’Italia, a differenza della Francia, una repubblica parlamentare e non presidenziale ogni provvedimento, seppure a carattere di urgenza, richiede un lungo dibattito prima di essere attuato.


La decisione del Presidente francese Macron di imporre delle limitazioni alle libertà di quanti scelgano di non vaccinarsi, annunciata dai media pochi minuti prima del discorso alla nazione, ha contribuito ad accelerare in Italia la discussione tra favorevoli e contrari a nuove misure per frenare il contagio.


La nostra Costituzione tutela la salute non solo come fondamentale diritto dell’individuo ma anche come interesse della collettività: è questo il riferimento giuridico dei provvedimenti adottati che, se da una parte intendono rispettare la libertà personale assicurando il diritto alla scelta delle cure o al loro rifiuto, dall’altra devono anche garantire la tutela della salute come bene di tutti.


In questa prospettiva il discusso tema dell’obbligo vaccinale pone molti interrogativi: perché non imporre la vaccinazione in modo esplicito piuttosto che in forma indiretta? gli attuali vaccini sono sicuri ed efficaci per prevenire la malattia ed il contagio?


Sul primo interrogativo si è già espresso il Consiglio d’Europa che ha escluso la possibilità che gli stati possano rendere obbligatoria la vaccinazione anti COVID ed ha vietato che venga utilizzata per discriminare lavoratori o chiunque decida di non avvalersene (Risoluzione 2361 del 27/1/2021).


Al secondo interrogativo rispondono i dati forniti settimanalmente dall’Istituto Superiore di Sanità: all’attuale aumento dei contagiati e ricoverati contribuisce in misura prevalente la popolazione dei non vaccinati o di coloro che hanno ricevuto una sola dose di vaccino.


Nonostante il parere del Consiglio d’Europa e i dubbi di legittimità costituzionale l’Italia è la prima nazione, seguita dalla Francia, ad aver imposto l’obbligo di vaccinazione anti COVID-19 per tutto il personale della sanità, pubblica e privata, inclusi liberi professionisti, farmacisti e personale ausiliario.


La norma, valida per il solo periodo dell’emergenza sanitaria e quindi fino al 31/12/2021, prevede che il personale non vaccinato non possa “svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2”.


Ove possibile il personale dipendente potrà essere destinato a mansioni diverse, anche inferiori, che non comportino rischi di diffusione del contagio, “con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate” ; quando l’assegnazione ad altre mansioni non fosse possibile verrebbe meno anche la retribuzione!
Quanti sono i sanitari in Italia non ancora vaccinati?


L’ultimo dato di giugno riporta il 2,3% di sanitari non vaccinati, pari a circa 45.000 persone. Alla stessa data risultava aver ricevuto la prima dose il 100% dei 14.521 addetti alla sanità della regione Basilicata con un 12% di questi in attesa della seconda.
È un buon risultato per la nostra regione che negli anni scorsi è sempre stata ai primi posti per la percentuale di pazienti over 65 vaccinati contro l’influenza.


Cosa dobbiamo attenderci per prossimi mesi? Quali effetti avrà la decisione di estendere l’uso del lasciapassare sanitario per accedere a locali al chiuso, comprese RSA e reparti di degenza, oltre che per la partecipazione ad eventi ricreativi e culturali?


In gran parte dei paesi europei i contagi sono in rapida crescita sospinti dalla variante Delta che sta dominando la scena non tanto per la gravità della presentazione clinica quanto per la maggiore facilità di trasmissione da individuo ad individuo: i sintomi iniziali dell’infezione sembrano più quelli di un banale raffreddore che di una sindrome influenzale con febbre elevata ma si stima che il tempo di contatto necessario perché un soggetto contagiato possa infettare una persona sana sia sceso da 15 a soli 5 minuti, il tempo di incubazione a 4 giorni, l’indice di contagiosità (R0) sia invece salito tra 6 e 8.


Alcuni esperti di sanità pubblica ritengono infine che potrebbero risultare inefficaci e tardivi eventuali provvedimenti adottati sulla base di una pur contenuta occupazione di posti letto in ospedale e nelle terapie intensive: sebbene i ricoveri crescano in proporzione al numero dei contagiati, sintomatici e asintomatici, l’onda lunga di una nuova fase epidemica segue sempre di 2-3 settimane il suo inizio.

L’attuale scenario europeo in relazione a tassi di positività e percentuale di contagiati ogni 100.00 abitanti
(Report della ECDC – Agenzia Europea per la prevenzione ed il controllo delle malattie)

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Erasmo Bitetti

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