Giorni di comunione tra cielo e terra

Siamo quasi al termine dell'anno liturgico e la Chiesa ci fa guardare, attraverso le letture che prevede per le celebrazioni di quest'ultimo periodo, al destino ultimo dell'Uomo. E attraverso la solennità di "Tutti i Santi", celebrata alcuni giorni fa, ci ricorda quale sia la vocazione fondamentale di ogni cristiano.
Giusto de’ Menabuoi (XIV sec.), Paradiso, Padova – Battistero di S. Giovanni Battista

È alla memoria dei defunti, sostanziata dalle visite ai cimiteri che in questi giorni pullulano di gente, che nel senso comune si associa l’inizio del mese di novembre. Eppure, così, si sottace il senso del primo giorno del mese che, diversamente dal giorno due, a sottolinearne il peso specifico di gran lunga più grande, in Italia – paese di profonda tradizione cattolica – è festa nazionale: “Tutti i Santi”.

Centoquarantaquattromila segnati, provenienti da ogni tribù dei figli d’Israele.
Una moltitudine immensa, che nessuno poteva contare, di ogni nazione, tribù, popolo e lingua. Tutti stavano in piedi davanti al trono e davanti all’Agnello, avvolti in vesti candide, e tenevano rami di palma nelle loro mani.

Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 7,4.9)

Certo. I santi non sono 365 o poco più, ma quell’infinità di uomini e donne che hanno vissuto in misura “alta” la loro vita cristiana (così si esprimeva papa Wojtyła), in ogni latitudine e longitudine, uniti alla potenza divina, mirando ad una perfezione di vita sempre più alta (questo il significato del numero che abbiamo poc’anzi citato, 144.000 = 12 x 12 x 1000).

M. Ferragina, “Ognissanti” studio per parete absidale, biro e acquerello acrilico su carta Canson 600g, cm 21×29.

E tutti siamo chiamati alla santità. È questo concetto è uno dei frutti del Concilio Ecumenico Vaticano II:

Muniti di salutari mezzi di una tale abbondanza e di una tale grandezza [i sacramenti, ndr], tutti i fedeli di ogni stato e condizione sono chiamati dal Signore, ognuno per la sua via, a una santità la cui perfezione è quella stessa del Padre celeste.

Dalla costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium (LG, n° 11)

Un concetto ribadito qualche anno fa da papa Benedetto XVI che ai santi ha dedicato ben due anni delle sue udienze-catechesi del mercoledì:

Il Concilio Vaticano II, nella Costituzione sulla Chiesa, parla con chiarezza della chiamata universale alla santità, affermando che nessuno ne è escluso: “Nei vari generi di vita e nelle varie professioni un’unica santità è praticata da tutti coloro che sono mossi dallo Spirito di Dio e seguono Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria” (LG, n° 41).

Dall’Udienza di Papa Benedetto XVI del 13 aprile 2011

E ancora da papa Francesco, che nel 2018 ha scritto l’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo:

Quello che vorrei ricordare con questa Esortazione è soprattutto la chiamata alla santità che il Signore fa a ciascuno di noi, quella chiamata che rivolge anche a te: «Siate santi, perché io sono santo». Ognuno per la sua via. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza.

Dall’esortazione apostolica “Gaudete et exsultate” (GE, nn° 10,11)

La commemorazione dei fedeli defunti

Ricordare i defunti il giorno due, e poi l’intero mese di novembre in cui ci troviamo, significa pregare perché vengano associati a quella schiera innumerevole di anime salve tutti coloro che, ancora in Purgatorio, attendono di farne parte. Perché la nostra preghiera ha questo potere.

È questa quella “comunione dei santi” che ogni domenica professiamo nel Credo!

Ma ha potere anche per noi che così compiamo un’opera di misericordia: pregare per i defunti.

Sono giorni di comunione tra terra e cielo, giorni di grazia in cui veniamo stimolati, dalla liturgia e – perché no? – anche dalle visite che facciamo a chi non c’è più nei nostri campi santi a riflettere sulla caducità della vita e, così, ad “imparare a contare i nostri giorni” (Sal 90). A farne, cioè, un uso significativo.

Ma anche le ultime domeniche dell’anno liturgico che stiamo vivendo, con i passi evangelici che ci propongono, ci portano all’essenza del messaggio cristiano: accanto al discorso della montagna nella solennità dei santi, abbiamo di recente ascoltato quel brano che ci parla della Legge che si sintetizza in due soli comandamenti e, poi, quello sulla necessità di una coerenza di vita per cui ci fa da avvertimento il comportamento dei farisei…

Eppure non cessano i rumori di guerra.

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Giuseppe Longo

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