Il gusto del verbo tornare

Nel Cuore di questi spazi immensi viandante dall’Appennino lucano tuffato nelle poderose Ande per incontrar quella madre malata rigenerando fecondità per riscattare il gusto del pane nella fraternità che sana le ferite del mundo para la paz, diàlogo y perdon. Dal Cuore dei Sassi alle rocce di Quito figli e fratelli nel cosmo infinito per rinsaldare fratture pregne di astio nemico: popoli feriti resi sani dall’unica fonte di vita: Cuore squarciato di Cristo. Don Pino a Quito

Rileggendo, come in un magico canto che giunge da lontano, queste parole scritte dal nostro Arcivescovo viene quasi spontaneo collegarle a quelle dell’Inno per il Congresso Eucaristico nazionale: “È il pane della pace nelle nostre contese, dov’è divisione ricrea l’unione, placa dissidi, riapre al dialogo, risana ferite, profuma di perdono. È il pane di chi è povero, desiderio di chi ha fame, al ricco richiama il bisogno d’amore, scalda i cuori, forma all’ascolto, colma di bene, fragranza di Vangelo. È il tuo corpo, Signore Gesù!”.

È passato un anno! L’8 settembre di questo 2023 il nostro Arcivescovo don Pino è partito come delegato per Quito in Ecuador per partecipare ai lavori in preparazione al Congresso Eucaristico internazionale che si svolgerà a settembre 2024. Dioincidenze …!

I bilanci e le memorie sono sempre un po’ pericolosi perché, se non pensati con equilibrio, rischiano di cadere in mere espressioni nostalgiche o di giudizio. La prima domanda che sorge spontanea è chiedersi cosa ci ha lasciato il Congresso e quale preziosa eredità da far fruttificare ci ha consegnato Papa Francesco il 25 settembre in uno stadio gremito e gioioso che, al solo vederlo, faceva sgorgare lacrime di profonda gioia e commozione, forse anche lacrime di riscatto per una terra che pur ricca di tante risorse naturali ed umane, si  sente e di fatto è sempre un po’ ai margini, sempre priva di qualcosa, di mezzi, di lavoro, di investimenti, di cultura.

L’eredità di cui disponiamo va ben oltre i confini dello spazio temporale, abbiamo vissuto qualcosa di talmente grande da non essere ancora capaci, se pur a distanza di un anno, di apprezzarne ed elencarne gli elementi. Potremmo iniziare col dire che ci ha formato allo spirito del lavoro di squadra, consapevoli che, come in un mosaico, ogni tessera ha la sua importanza e, senza di essa il quadro è incompleto ed imperfetto. Un lavoro enorme arricchito da tanta buona volontà, gioia, entusiasmo, serietà e fedeltà alla parola data. Dai tanti volontari all’agenzia che ci ha aiutati per la logistica, da chi ha curato il cibo che nutre il corpo a chi con dedizione si è occupato di curare le sacrestie quotidiane e del Papa perché ogni celebrazione fosse pienamente dignitosa e partecipata. Da chi è rimasto nascosto ma si è dedicato ai lavori più umili e dunque preziosi, a chi ha sacrificato la partecipazione agli eventi per vigilare sulla sicurezza. E da questo possiamo dedurre che un atteggiamento vincente per le nostre comunità potrebbe essere necessariamente il lavorare insieme, senza competizioni, ognuno per quel che sa e che può fare, gareggiando nello stimarci a vicenda come sempre ci ricorda l’apostolo Paolo.

Sembra un sogno, ma sognare è voce del verbo amare. E certe cose, anzi, certi miracoli si possono realizzare solo con l’Amore incondizionato. Ha fatto bene a tanti toccare con mano lo spirito di servizio di quanti, nei giorni precedenti il Congresso e durante, erano parte di categorie che nella nostra mentalità entrano a far parte di quelle persone verso le quali si deve ossequio. No! L’unico ossequio che ha caratterizzato tutti è stato il confronto e l’ascolto reciproco, consapevoli che dalla bocca di tutti poteva scaturire un prezioso suggerimento. Ognuno si è spogliato di ruoli e titoli per farsi fratello di cammino e nella verità. Ed è così! Perché se a distanza di un anno sono rimaste in piedi e si sono rafforzate amicizie fraterne è perché abbiamo lavorato con sincerità e spirito di collaborazione.

Il Congresso eucaristico nazionale ci ha lasciato in dono uno stile! Nelle undici parrocchie dove in maniera diffusa si sono svolti i lavori del mattino abbiamo toccato con mano la sinodalità della Chiesa. Cardinali, vescovi, presbiteri, diaconi e laici insieme, seduti in maniera amichevole e sincera tra i banchi ad ascoltarsi, a confrontarsi, a raccontarsi e a progettare. Tutti discepoli, nessun maestro, tutti grandi e attenti ascoltatori, desiderosi di operare al meglio in una Chiesa che spesso mostra anch’essa segni di stanchezza e smarrimento. Il Congresso eucaristico ci ha lasciato e consegnato in dono la bellezza e l’autentico significato del verbo tornare!

Tornare al gusto del pane, tornare al gusto della speranza, tornare al gusto delle cose fatte per e con amore, tornare al gusto della misericordia e del perdono offerto e ricevuto, tornare a Gesù come ci ha ricordato Papa Francesco nell’omelia del 25 settembre: “ Quando la speranza si spegne e sentiamo in noi la solitudine del cuore, la stanchezza interiore, il tormento del peccato, la paura di non farcela, torniamo ancora al gusto del pane. Tutti siamo peccatori: ognuno di noi porta i propri peccati. Ma, peccatori, torniamo al gusto dell’Eucaristia, al gusto del pane. Torniamo a Gesù, adoriamo Gesù, accogliamo Gesù. Perché Lui è l’unico che vince la morte e sempre rinnova la nostra vita”.

Si torna dove si è stati bene, dove ci si è sentiti amati, dove qualcosa o qualcuno ci ha attratti. Si torna dove c’è profumo di casa, di pane, di condivisione. Si torna dove si respira famiglia.

I tanti delegati e pellegrini che hanno partecipato al Congresso tutto questo, ne siamo certi, lo hanno portato via come dono nel cuore. Le loro eco nei mesi successivi ce lo hanno dimostrato!

Tutto questo e molto altro ci ha lasciato il dono il XXVII Congresso Eucaristico nazionale. E dopo?

Con parresia paolina forse, come chiesa di Matera, dobbiamo umilmente chiederci cosa ne abbiamo fatto dopo il 25 settembre della sovrabbondanza di doni ricevuti in quei giorni …

Ci raduni il Signore e ci faccia tornare a gustare i doni e i frutti di giornate colme di benedizione, di bellezza e di fratellanza.

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Maria Pina Rizzi

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