Il martirio di Giovanni Battista: la più grande tela di Caravaggio

Oggi 29 agosto, nel giorno della dedicazione di una piccola basilica in onore di Giovanni Battista sul luogo del suo sepolcro, la Chiesa ne ricorda il martirio. Una catena peccaminosa porta Erodiade a chiedere la testa del più grande dei “figli di donna”, l’ultimo dei profeti e il primo degli apostoli, il “precursore”. "La decollazione di Giovanni" è il tema del più grande dipinto di Caravaggio, di cui nell'articolo si propone una lettura.

Natività e martirio, celebrate nel pieno dell’estate, rischiano di passare inosservate.

Era uomo di vita austera – un ‘nazireo’ che vestiva di una semplice tunica di peli di cammello e si nutriva di cavallette e miele selvatico – Giovanni il battezzatore, il più grande dei “figli di donna”, l’ultimo dei profeti e il primo degli apostoli, detto “precursore” perché precorre Gesù: corre dinanzi al venturo Messia per preparargli un popolo ben disposto:

«Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri. […] Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo»

Dal Vangelo di Marco (Mc 1, 3.7.8)

E chi vive con coerenza interroga chi gli è vicino e quello che dice assume una credibilità che esige osservanza in modo particolare. Immaginiamo quale sia stato l’effetto di quando aveva denunciato la situazione immorale di Erode Antipa, convivente con la cognata Erodiade, vedova del fratello: così fu da lui messo in carcere.

Erode “nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri, sapendolo uomo giusto e santo”, leggiamo ancora nel vangelo di Marco.

Forse tutti ricordiamo che venne un giorno in cui Erode Antipa, organizzata una festa in occasione del suo compleanno, apprezzò tanto la bellezza nel ballo di Salomé, figlia della stessa Erodiade, che le giurò: «Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno». Ecco che Erodiade le suggerì di chiedergli la testa di Giovanni il Battista. E “il re, fattosi molto triste, a motivo del giuramento e dei commensali non volle opporle un rifiuto” (Mc 6, 26).

“Oggi gli ‘Erode ed Erodiade’ si sono moltiplicati, lo scandalo è ormai la normalità e il peccato della carne molto spesso porta anche a quello dell’omicidio per gli aborti che si praticano”.

Suor Ostia del Cuore Immacolato

La decollazione di Caravaggio

A questa vicenda si ispira il più grande dipinto (una tela di cinque metri per quattro) del Caravaggio, “La decollazione di S. Giovanni Battista”.

Michelangelo Merisi da Caravaggio, 1608, olio su tela, 361×520 cm, Concattedrale di San Giovanni, La Valletta

Il pittore lombardo dei giochi luce-buio e chiaro-scuro ambienta la scena al buio: nel carcere di Macheronte, nell’odierna Giordania, la città dov’era anche il palazzo reale di Erode, ma non nella cella. Il buio regna dove manca la speranza, l’amore. Dove non c’è via di uscita.

È la prima opera della storia dell’arte che ritrae Giovanni ancora con la testa nell’istante precedente la morte: tutte le rappresentazioni precedenti lo rappresentavano già decollato.

Una novità caravaggesca, questa, che riguarderà anche altre opere successive dello stesso autore.

Un successo artistico forse anche per l’immedesimazione di Caravaggio nella situazione: la stessa condanna gravava anche sulla sua testa. A causa del suo carattere e del suo temperamento avventato, si ritrovava spesso coinvolto in risse particolarmente cruente, come quella in cui perse la vita Ranuccio Tomassoni. Così, decise di allontanarsi immediatamente da Roma e dallo Stato Pontificio per nascondersi prima a Napoli e poi a Malta. Probabilmente l’artista si recò sull’isola proprio per chiedere di entrare nel cavalierato poiché tale carica l’avrebbe riabilitato agli occhi del Papa.

Un realismo richiesto, ad ogni modo, dalla stessa Chiesa, per porre il fedele di fronte a quadri in cui risultasse più facile immedesimarsi. La pittura era “biblia pauperum”, vangelo figurato in un’età in cui leggere era patrimonio di pochi.

Un realismo accresciuto inoltre dall’ubicazione del dipinto nell’oratorio in posizione tale che da una finestra la luce giungesse naturalmente dove le figure erano state rappresentate illuminate.

Ma la luce è anche segno della testimonianza di Giovanni, “lampada che arde e risplende” – dice la liturgia. Luce che si spande su tutti i presenti: il carceriere imperterrito, l’aguzzino che s’appresta a vibrare il colpo finale con il piccolo pugnale detto “misericordia”, seminudo – forse per non macchiarsi gli abiti, forse per il significato di dignità che il vestito assume nella sacra scrittura –, una giovane che porta un bacile su cui raccoglierà la testa del Battista e una vecchia che si copre il volto con le mani per l’orrore. Sulla destra due carcerati assistono da una grata alla scena. Il santo è colto negli ultimi spasmi di vita, con le mani legate dietro le spalle, e indossa l’abituale veste di peli di cammello intrecciati (suo emblema) ed una tunica rossa (rimando al futuro martirio di Cristo suo cugino, a cui assomiglia anche fisicamente).

Al di sotto del santo la spada con cui era stato scagliato il primo colpo, mentre una corda recisa e fissata ad un anello sulla parete a destra fa intuire cos’era successo qualche istante prima, quando il Santo era stato slegato e portato avanti.

Questa l’unica opera che Caravaggio firma, in rosso: prosecuzione del sangue che sgorga dalla gola di Giovanni: “f[ra] Michelangelo”. Sì, Michelangelo Merisi, ai più noto come Caravaggio, al momento della realizzazione dell’opera era già un Cavaliere dell’Obbedienza Magistrale dell’Ordine di Malta, il più alto grado cui poteva aspirare un uomo e un artista come il Merisi, un frate.

Perché il 29 agosto?

Il martirio del precursore si colloca nel giorno a cui risale la dedicazione di una piccola basilica in suo onore sul luogo del suo sepolcro, a Sebaste, in Samaria; inoltre, al 29 agosto data il secondo ritrovamento della testa del Santo, che papa Innocenzo II fece poi traslare nella chiesa di San Silvestro in Capite, a Roma.

Infine, non dimentichiamo che Giovanni è un santo speciale anche perché solo di lui, di Maria e di Gesù festeggiamo la nascita. Sappiamo che liturgicamente la nascita di Giovanni è fissata al 24 giugno, sei mesi prima della nascita di Gesù. Nel vangelo di S. Luca è scritto a proposito dell’annuncio dell’angelo Gabriele a Maria: “quando Elisabetta fu al sesto mese” (Lc 1,26). Quando le giornate iniziano ad accorciarsi, appena passato il solstizio di estate, segno di una luce che tende a diminuire per lasciare sempre più spazio “alla luce vera che illumina ogni uomo che stava per venire nel mondo” (cfr Gv 1,9).

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Giuseppe Longo

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