Il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Entusiasmi e timori.

La macchina della pubblica amministrazione sarà capace di essere più efficiente del passato?

L’articolata esposizione del Presidente Draghi in Parlamento sul PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza, ha visto una reazione di grande entusiasmo. È un fatto che lascia ben sperare ovviamente, era da tempo che non si vedevano nel Parlamento italiano scene di entusiasmo. Sarebbe un vero peccato, pertanto, se questa riconquistata concordia rimanesse frustrata per i soliti, annosi problemi che condizionano il nostro povero paese.

Recentemente nella città toscana di Carrara è stata ultimata la costruzione di un grande albergo. Casa c’entra questo – si dirà – con il discorso del Presidente del Consiglio in Parlamento? Un po’ c’entra, perché l’hotel in questione è stato costruito con i fondi dei Mondiali di calcio del 1990. È dunque trascorso un quarto di secolo dalla progettazione dell’opera, il tempo non trascurabile del passaggio di una generazione.

Quale necessità ci fosse di costruire un grande albergo nella città di Carrara in occasione dei Mondiali del ’90 è un’altra storia; si può dire soltanto che qualcuno – qualche politico cioè – deve averci visto allora una fondata ragione nel finanziare l’opera, nonostante il complesso alberghiero sia notevolmente distante dal Marassi di Genova, il più vicino stadio che all’epoca ospitava le partite del Mondiale. Chissà, forse qualcuno pensava allora a gruppi di tifosi che, prima di accedere allo stadio genovese, lasciando alle spalle la Toscana, volessero percorrere tutti i 112 chilometri che separano Carrara da Genova, per ammirare per intero il panorama incantevole della lunga Riviera di Levante.

Al di là di questo, comunque, cosa può insegnarci la storia dei Mondiali del ’90? Anche oggi, come allora, è piuttosto diffusa l’ingenua convinzione che la causa dell’arretratezza dell’Italia rispetto agli altri paesi europei stia tutta nella mancanza di risorse finanziarie, nella mancanza di soldi. La provvidenziale disponibilità di risorse messe in campo in questo momento dall’Unione europea, di conseguenza, potrebbe contribuire a colmare definitivamente questo antipatico divario.

Tali risorse rappresentano indubbiamente una grande occasione che però – giova ricordarlo – deve essere messa in grado di generare qualcosa. Forse in Italia non mancano tanto i soldi quanto la capacità di spenderli bene e certamente di spenderli in tempo perché possano servire allo scopo.

Negli anni Novanta si poteva assistere da un lato al dilagare della corruzione nella pubblica amministrazione e dall’altro al problema dei tempi che la giustizia impiegava per venire a capo delle vicende giudiziarie che la corruzione politica generava. Era un corto circuito che bloccava tutto, o almeno frenava parecchio il corso delle cose.

La corruzione è difficile da tenere sotto controllo anche oggi, ma bisogna dire che si può fare molto più di ieri grazie agli strumenti che adesso sono a disposizione per rendere più trasparente la pubblica amministrazione. Per quanto riguarda i tempi della giustizia c’è invece da prendere atto che il problema è ancora tutto lì ed è difficile mettervi mano. I giudici temono qualche modifica che possa mettere a rischio la loro giusta libertà di azione. Timore però forse eccessivo perchè in realtà nessuna persona seria attribuisce la lentezza della giustizia alla stessa magistratura.

Il sistema della giustizia è infatti molto complesso e, per esempio, dietro a una sospensiva del TAR c’è l’azione legale di soggetti che ritengono, non sempre fondatamente, di vedere lesi legittimi interessi, di fronte ai quali la legge impone ai giudici l’obbligo di procedere comunque.

Spesso sono cose come queste che bloccano tutto. Forse si dovrebbe cominciare a fare qualcosa, oltre che per concretizzare l’accesso a nuove risorse finanziarie, anche per ricomporre queste anomalie con equità e in un clima di serenità. Per non perdere anche questa ultima occasione.

Risorse del Piano nazionale di ripresa e resilienza

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Paolo Tritto

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