La Chiesa e l’Arte – Franco Lisanti

Il nostro viaggio sul tema la Chiesa, l’Arte e gli artisti, continua con le riflessioni del prof. Franco Lisanti, a cui chiediamo di presentarsi ai lettori di Logos:

Laureato in lettere con un anno di specializzazione in storia dell’arte. Docente presso la Scuola Media di Ferrandina. Ha operato presso la Sovraintendenza ai Beni Artistici e Storici della Basilicata. E’ stato componente del Consiglio Nazionale per i Beni Culturali ed Ambientali. Ha fatto parte della Commissione Diocesana dell’Arte Sacra. Componente del Comitato consultivo per i problemi dell’Università. E’ stato commissario governativo per l’amministrazione straordinaria dell’Istituto Tecnico Industriale “F. Cassola” di Ferrandina. Presidente del centro di ricerca “Metapontum Agrobios”. Ha ricoperto diverse cariche: Sindaco di Ferrandina, Presidente della Provincia, consigliere e assessore regionale.

Quali riflessioni le ha suscitato l’Omelia di Paolo VI, in cui affronta il rapporto tra la Chiesa, l’arte e gli artisti?

“Lo potevo fare anch’io” è una delle frasi che spesso si sentono usare, a commento di un’opera d’arte contemporanea. L’arte contemporanea è un ottimo modo per capire il nostro tempo, da dove veniamo, verso dove andiamo. Una mente curiosa non può che guardare con interesse all’arte, spesso specchio di cambiamenti sociali, morali e politici.

La vostra arte – diceva Paolo VI negli Insegnamenti II, [1964], 313 – è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parole, di colori, di forme, di accessibilità“. Ed ancora diceva Paolo VI nell’Omelia della Messa degli artisti nel 1964: “Qualche volta dimenticate il canone fondamentale della vostra consacrazione all’espressione; non si sa cosa dite, non lo sapete tante volte anche voi: ne segue un linguaggio di Babele, di confusione. E allora dov’è l’arte? L’arte dovrebbe essere intuizione, dovrebbe essere facilità, dovrebbe essere felicità. Voi non sempre ce le date questa facilità, questa felicità e allora restiamo sorpresi ed intimiditi e distaccati“.

Affermava Papa Benedetto XVI: “ci sono espressioni artistiche che sono vere strade verso Dio. La bellezza suprema, anzi sono un aiuto a crescere nel rapporto con lui, nella preghiera“.

Non è facile esprimere il proprio punto di vista su come ognuno di noi desidera la Chiesa e quali siano le aspettative riposte in essa. La risposta più naturale sarebbe che fosse come l’ha voluta il suo “Fondatore”. Ma, con lo sguardo rivolto verso la storia, la Chiesa, pur non cambiando le fondamentali verità, ha assunto varie dimensioni, a seconda del periodo storico in cui ha operato.

Ciò vale anche per l’arte sacra contemporanea. Ognuno vorrebbe la Chiesa a propria immagine e somiglianza per giustificare alcuni comportamenti a cui non si vuole rinunciare. Da qui nasce anche il luogo comune di distinguere la Chiesa di Papa Francesco da quella di Benedetto XVI o di altri papi, sentendosi rispecchiati nell’una più che nell’altra, anche rispetto ai gusti artistici.

Gli autori delle espressioni artistiche contemporanee, anche religiose, nella loro ricerca hanno almeno due tempi: uno dedito alla riconquista dei valori, ossia di una nuova spiritualità dell’arte e di un altro tipo di uomo e un tempo che beneficerà di tutto ciò per dare all’arte una funzione risolutiva tra i contrasti estetici e sociali.

Cito una produzione musicale artistica contemporanea “Nigra sum sed formosa“, oratorio mariano, composta dal nostro conterraneo Damiano D’Ambrosio, a cura della Fondazione Orchestra Lucana delle province di Matera e Potenza di cui sono stato presidente.

“La composizione – dice l’autore – si distacca dalla forma tradizionale, scenica e drammatica, per diventare un ciclo di affreschi a soggetto mariano, una serie di pannelli sonori ispirati a dipinti e sculture celebri, che raccontano sulla base di testi biblici e liturgici, il percorso esistenziale della vita di Maria.

Grazie al Vaticano II, si può dire che i processi della storia della Chiesa e della vicenda dell’umanità intera si sono avvicinati ed intrecciati, come forse mai prima era avvenuto. Mai un’assise conciliare aveva prestato tanta attenzione alle sfide del tempo. Ci fu anche una riforma della liturgia, senza mai mettere in discussione il rigore della stessa e l’attenzione dei fedeli a viverla. Di qui la necessità che anche le espressioni dell’arte contemporanea siano, comunque, funzionali all’azione liturgica.

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Marino Trizio

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