Nel ’49 il primo congresso eucaristico diocesano di Matera

Il vescovo dell’epoca, mons. Cavalla, scriveva: «L’Eucaristia è la misura della fede, della virtù di un popolo; è come il sole delle belle giornate»

“Per il maggior bene delle anime”, come scriveva l’arcivescovo mons. Cavalla, il 1° gennaio 1949 iniziava le pubblicazioni L’Eco di Matera, quindicinale cattolico lucano, sotto la direzione di don Franco Conese. La Chiesa locale era ben consapevole delle sfide che, cessato il periodo bellico, si aveva davanti. In quel momento si cercava “la via maestra”, come scriveva don Conese nell’editoriale del primo numero dell’Eco, la via che consentisse di venir fuori dal baratro in cui la guerra aveva precipitato la nazione. Si cercava, “la via della bontà, la via del bene” – sono sempre parole di Conese.

Qual era questa via del bene? “La via maestra”, cui si riferiva l’editoriale del giornale, ha un nome: “Io sono la via” dice Cristo. Nello stesso numero del giornale si dava notizia della volontà dell’arcivescovo mons. Vincenzo Cavalla di indire a Matera il primo Congresso eucaristico diocesano. Mentre ad Acerenza, che allora era unita a Matera in un’unica diocesi, si sarebbe celebrato un congresso mariano.

Il giornale riporta le parole dell’arcivescovo Cavalla: «A Dio piacendo nel prossimo maggio terremo a Matera il 1° Congresso Eucaristico Diocesano. È desiderato dai buoni, è necessario per ravvivare la Fede, accendere la speranza cristiana in questi tempi burrascosi, attirare copiose benedizioni divine sulle nostre popolazioni».

Si vede in queste parole la volontà della Chiesa di riportare l’Eucaristia dentro la storia degli uomini. «Ciò è necessario per salvare la società» proseguiva l’arcivescovo. «L’Eucaristia è la misura della fede, della virtù di un popolo; è come il sole delle belle giornate, che riscalda, rianima e feconda la natura, fa sbocciare i fiori e maturare i frutti». Dopo un periodo di preparazione e di funzioni liturgiche, si sarebbero tenuti corsi di predicazione in tutte le parrocchie – i “congressini parrocchiali” – tre giorni di studio e di preghiera, le solenni conclusioni il 15 maggio a Matera.

In quegli anni, oltre alla “vergogna” dei Sassi, ai problemi della ricostruzione postbellica e delle agitazioni nel mondo del lavoro, la Chiesa di Matera doveva confrontarsi con il diffondersi del protestantesimo che nella popolazione locale andava riscuotendo un certo seguito. Ma soprattutto, tra i fedeli, si assisteva a un preoccupante allontanamento dalla liturgia eucaristica, un fenomeno di proporzioni significative tanto che sarà oggetto di studi storici.

Raffaele Giura Longo, nel saggio Per una storia del movimento cattolico in Basilicata, scrive infatti che in quegli anni «appena il 20% della popolazione frequentava la messa domenicale, e che assai scarsa — per non dire quasi nulla — era la partecipazione costante a pratiche religiose più impegnative». Addirittura mons. Cavalla, nella sua Lettera pastorale del marzo ’49 parlerà di “apostasia dal sensus Christi”.

All’apertura del Congresso eucaristico giunse un messaggio augurale di Papa Pio XII a firma del Sostituto mons. Montini. Dall’11 al 15 maggio si alterneranno come oratori nove vescovi, tra i quali anche mons. Anselmo Pecci, vescovo emerito di Acerenza e Matera. Altre relazioni saranno tenute da un certo numero di parlamentari, tra i quali Emilio Colombo, allora sottosegretario all’Agricoltura, Gaetano Ambrico, Maria Iervolino. La giornata conclusiva fu presieduta da mons. Demetrio Moscato, arcivescovo di Salerno e Primate della regione ecclesiastica salernitano-lucana, cui le Chiese della Basilicata erano all’epoca aggregate.

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Paolo Tritto

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