Pasolini a cento anni dalla nascita. Un non credente alla ricerca di Cristo

"La storia della Passione è la più grande che io conosca, e che i testi che la raccontano sono i più sublimi che siano mai stati scritti"

Nel centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, vogliamo richiamare alcuni suoi scritti che possono essere utili a comprendere, tra le altre cose, quale fosse il suo particolare rapporto con Cristo. Mentre era alla ricerca di chi potesse interpretare Gesù nel suo film Vangelo secondo Matteo, Pasolini annota:

Manca sempre qualcosa, c’è un vuoto
in ogni mio intuire. Ed è volgare,
questo non essere completo, è volgare,
mai fu così volgare come in quest’ansia,
questo “non avere Cristo” – una faccia
che sia strumento di un lavoro non tutto
perduto nel puro intuire in solitudine,
amore con se stessi senza altro interesse
che l’amore, lo stile, …
[1]

Più volte accusato di blasfemia e di vilipendio alla religione cattolica si premurò di accompagnare il contestato episodio della Ricotta dalla didascalia:

Non è difficile predire a questo mio racconto una critica dettata dalla pura malafede. Coloro che si sentiranno colpiti infatti cercheranno di far credere che l’oggetto della mia polemica sono la storia e quei testi di cui essi ipocritamente si ritengono i difensori. Niente affatto: a scanso di equivoci di ogni genere, voglio dichiarare che la storia della Passione è la più grande che io conosca, e che i testi che la raccontano sono i più sublimi che siano mai stati scritti“.

Nel ricordare le sue origini così si esprime nella poesia “10 giugno”:

“ …Io sono una forza del Passato. / Solo nella tradizione è il mio amore. / Vengo dai ruderi, dalle Chiese, / dalle pale d’altare, dai borghi / dimenticati sugli Appennini o le Prealpi, /dove sono vissuti i fratelli.” [2]

In una lettera a Luciano Caruso della Pro Civitate Christiana nel febbraio 1963 esplicita:

Io non credo che Cristo sia figlio di Dio, perché non sono credente, almeno nella coscienza. Ma credo che Cristo sia divino: credo cioè che in lui l’umanità sia così alta, rigorosa, ideale da andare al di là dei termini comuni dell’umanità. Per questo dico «poesia»: strumento irrazionale per esprimere questo mio sentimento irrazionale per Cristo“.

Dobbiamo far notare, a questo proposito, il significato di quell’inciso “almeno nella coscienza”, che apre tutto uno scenario inesplorato.

Si potrebbe concludere con questo vertice di comunicazione di sé contenuto nella nota lettera del 27 dicembre 1964 a don Giovanni Rossi, fondatore della Pro Civitate Christiana di Assisi, dove Pasolini aveva maturato l’idea del Vangelo secondo Matteo, dopo aver partecipato alla Messa di Natale insieme alla sua amata mamma Susanna Colussi. È una lettera in cui probabilmente molti cristiani potrebbero riconoscersi:

“ … Sono “bloccato”, caro Don Giovanni, in un modo che solo la Grazia potrebbe sciogliere. La mia volontà e l’altrui sono impotenti. E questo posso dirlo solo oggettivandomi, e guardandomi dal suo punto di vista. Forse perché io sono da sempre caduto da cavallo: non sono mai stato spavaldamente in sella (come molti potenti della vita o molti miseri peccatori): sono caduto da sempre, e un mio piede è rimasto impigliato nella staffa, così che la mia corsa non è una cavalcata, ma un essere trascinato via, con il capo che sbatte sulla polvere e sulle pietre. Non posso né risalire sul cavallo degli Ebrei e dei Gentili, né cascare per sempre sulla terra di Dio.”


[1] Pier Paolo Pasolini da “L’alba meridionale” VI in “Poesia in forma di rosa”, Garzanti, Milano (1964)

[2] Pier Paolo Pasolini: La poesia “10 giugno” (1962) fa parte della raccolta “Poesia in forma di rosa” (1961-1964) ed è stata pubblicata anche in Pier Paolo Pasolini “Mamma Roma”

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Michele Bruno

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