Quale futuro dopo il PiTESAI, Piano sulle aree idonee alla ricerca e all’estrazione dei combustibili fossili

Le straordinarie potenzialità della Basilicata nel processo di conversione ecologica

Il MiTE, Ministero per la Transizione Ecologica, ha pubblicato il “Piano della transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI)”. Il Piano individua le aree in cui è consentito lo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale. Ovviamente, tra i territori maggiormente interessati a questo tipo di attività c’è la Basilicata dove, come sappiamo, sono concentrati i più importanti giacimenti di combustibili fossili di cui dispone la nazione.

La pubblicazione del Piano ha suscitato contrastanti reazioni nell’opinione pubblica. C’è chi ha suonato il campanello di allarme, ritenendo che con questo provvedimento il governo darebbe il via libera a nuove licenze per le estrazioni di idrocarburi. In realtà, la moratoria che era in vigore precedentemente aveva un carattere soltanto transitorio, in attesa che fosse varato appunto il PiTESAI che stabilisce i vincoli e le norme cui le compagnie devono attenersi per le attività di prospezione, per la ricerca e la coltivazione dei combustibili fossili. Si tratta di vincoli stringenti finalizzati a evitare che il territorio venga ulteriormente saccheggiato; un rischio purtroppo concreto. Il PiTESAI è dunque un passo avanti per la tutela dell’ambiente.

Altri, più preoccupati per gli importi delle bollette dell’energia che per la tutela dell’ambiente, vedrebbero positivamente un incremento delle estrazioni per poter ridurre le importazioni di metano, il cui prezzo è ormai alle stelle. Anche importanti editorialisti si sono espressi in questo senso, vedendo nel PiTESAI lo strumento che consentirebbe un maggiore sfruttamento delle risorse per raggiungere un’autosufficienza energetica che metterebbe la nazione al riparo dalla speculazione.

Purtroppo non è così. Innanzitutto, come abbiamo visto, non è affatto vero che il Piano delle aree idonee concede una maggiore libertà in questo senso; è invece un documento che è l’esatto contrario di una deregulation. Inoltre, un incremento delle estrazioni non si traduce automaticamente in una maggiore autosufficienza né può determinare un significativo calo dei prezzi. Per la semplice ragione che gli idrocarburi estratti non passano nella disponibilità della nazione ma vengono prelevati dalle compagnie petrolifere e immessi sul mercato per essere venduti a prezzi di mercato. Questi prezzi sono determinati dai grandi produttori, soprattutto mediorientali. Ben poco dunque potrebbero fare le autorità nazionali rispetto a ciò.

L’idea diffusa che lo Stato sia proprietario delle risorse minerarie scaturisce dalle norme del Codice civile e in particolare dall’art. art. 826 dove si afferma che i giacimenti di idrocarburi rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato o delle Regioni. Concretamente però tutto questo si traduce nella facoltà per lo Stato di approntare strumenti giuridici di tipo concessorio e un quadro normativo finalizzato a ottenere dagli operatori il buon governo del giacimento, il rispetto delle norme di sicurezza e ambientali, nonché il pagamento di un corrispettivo sotto forma di royalties e canoni.

Il PiTESAI appena pubblicato comunque vuole essere uno strumento per regolamentare l’attività dell’industria petrolifera e non rappresenta, in nessuna maniera, un ostacolo al processo di transizione energetica in atto, processo che deve ovviamente andare avanti sulla strada della decarbonizzazione.

La Basilicata, più di ogni altra regione italiana, potrebbe dare un grande contributo allo sforzo che la conversione ecologica comporta per l’Italia. Innanzitutto cogliendo l’opportunità rappresentata dall’elemento che paradossalmente rappresenta la maggiore debolezza della regione, quello dello spopolamento. La Basilicata ha una bassissima densità di popolazione, pari a un quarto della media nazionale.

È facile comprendere quanto ciò sia rilevante nella creazione di impianti di energia rinnovabile che hanno il loro aspetto di maggiore problematicità nella ricerca delle aree disponibili. La Basilicata – particolarmente la provincia di Matera – ha inoltre una vasta disponibilità di aree incolte, quindi improduttive dal punto di vista agricolo, di gran lunga superiori a quelle di tutto il resto del territorio nazionale, aree che potrebbero diventare produttive nel campo delle energie rinnovabili.

Altri elementi di cui il territorio regionale potrebbe avvalersi per le fonti rinnovabili sono i maggiori tempi di insolazione del suolo, utile per gli impianti fotovoltaici, e la grande estensione delle dorsali appenniniche sia nel versante adriatico sia in quello tirrenico, aree privilegiate per i parchi eolici.

La Basilicata ha tutte le potenzialità per poter realisticamente pensare alla creazione di una produzione di energia da fonti rinnovabili, con tecnologie già oggi disponibili, prossima alla quantità di energia ricavabile dai combustibili fossili estratti dal proprio sottosuolo. Questa sì che avrebbe il potere di abbattere i livelli di dipendenza dal gas metano che oggi rappresenta una quota di oltre il quaranta per cento del fabbisogno nazionale di energia.

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Paolo Tritto

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