Secondo incontro dei vescovi a Benevento sulle “Aree interne”

Ad un anno di distanza dal loro primo incontro, più di trenta Vescovi italiani si sono ritrovati il 30 e 31 agosto a Benevento, presso il Centro “La Pace”, per approfondire la riflessione sulle “Aree interne”, ovvero su quelle zone montane in preda allo spopolamento, minacciate da un declino che sembra inarrestabile e che travolge le comunità con il loro patrimonio culturale e sociale. I convenuti, provenienti da dodici Regioni: Sicilia, Sardegna, Calabria, Basilicata, Puglia, Campania, Molise, Abruzzo, Lazio, Toscana, Emilia-Romagna e Piemonte, hanno messo in campo delle riflessioni con molto realismo tenuto conto che l’abbandono delle aree interne costituisce un problema per l'intera nazione "in quanto un territorio non presidiato dall’uomo sarà sottoposto a una pressione maggiore delle forze della natura, con il rischio di nuovi e accresciuti disastri ambientali". Peraltro, nel documento finale, alla conclusione del convegno, i Vescovi tra l'altro hanno dichiarato che "qualora entrasse in vigore l’autonomia differenziata, ciò non farebbe altro che accrescere le diseguaglianze nel Paese", consci del fatto che questo eventuale provvedimento comporterebbe ulteriori problemi alle aree interne del meridione.

Servizio di TRM con intervista a mons. Antonio Giuseppe Caiazzo

Nel suo saluto ad apertura incontro, Mons. Accrocca ha affermato: “Il nostro Convegno, come precisavo già lo scorso anno nel mio saluto iniziale, è un incontro di natura prettamente pastorale; esso segnala però anche un problema di natura squisitamente politica, perché la maggioranza dei Comuni italiani è costituita da realtà con popolazione al di sotto dei 5.000 abitanti, geograficamente collocati su tutto il territorio nazionale, non solo nel centro-sud dello Stivale, come rivela – con evidenza solare – anche la nostra provenienza: siamo infatti vescovi giunti qui da ben dodici Regioni italiane, del Nord, del Centro e del Sud del bel Paese, dal Piemonte alla Sardegna e Sicilia. Il problema dev’esser quindi assunto dal Governo centrale… e va affrontato non a forza di slogan dal sapore elettorale, ma con progettualità e intelligenza politica, merce – ahimè – sempre più rara”.

Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, nel suo intervento di apertura, ha introdotto i lavori dando lettura della lettera di apprezzamento di Papa Francesco per il cammino dei confratelli vescovi.

Lettera di Papa Francesco

Ai Cari Fratelli nell’Episcopato delle

zone italiane cosiddette “interne” 

Il vostro ritrovarvi per condividere proposte e progetti in vista di una fruttuosa pastorale nei territori delle vostre Diocesi, è segno di un impegno a crescere nel servizio alla comunione. Desidero esprimere apprezzamento per questo cammino di confronto e di amicizia, che richiede di essere percorso con la mente e il cuore aperti, per testimoniare una Chiesa inclusiva e senza barriere nella quale ognuno possa sentirsi accolto. 

In questa prospettiva, è quanto mai necessario essere animati dal desiderio di raggiungere tutti, affinché nessuno sia escluso dall’annuncio del Vangelo. Le idee missionarie e i piani pastorali non possono prescindere da questo punto fermo: nella Chiesa c’è posto per tutti! Si tratta di fissare lo sguardo ai vasti orizzonti esistenziali, di uscire dai propri schemi ristretti, in atteggiamento di umile docilità allo Spirito Santo. 

Di fronte alle difficoltà dei territori in cui vivete, siete chiamati ad aiutare i sacerdoti, i consacrati e i fedeli laici che più da vicino condividono la vostra missione ad essere lievito nella pasta del mondo. Tutti insieme, in unità e senza campanilismi, non stancatevi di porre gesti di attenzione alla vita umana, alla salvaguardia del creato, alla dignità del lavoro, ai problemi delle famiglie, alla situazione degli anziani e di quanti sono ai margini della società. Così sarete immagine dinamica e bella di una Chiesa che vive accanto alle persone, con una predilezione per i più deboli, che è al servizio del popolo santo di Dio perché si edifichi nell’unità della fede, della speranza e della carità. 

Cari Fratelli nell’Episcopato, auspico che il vostro incontro possa essere una fruttuosa esperienza fraterna e ritorni a beneficio dei fedeli affidati alle vostre cure pastorali. 

Prego per voi e per le vostre comunità, affinché possiate sempre testimoniare il Vangelo con lo stile della dolcezza e della misericordia. Vi affido alla materna protezione della Madonna e di cuore vi invio la mia Benedizione, chiedendovi per favore di pregare per me. 

Roma, San Giovanni in Laterano, 12 agosto 2022 

Francesco

Ha fatto poi seguito un’intensa relazione di Mons. Mariano Crociata, Vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, sul tema: “Una pastorale per le Aree interne: spunti di riflessione”.

Mons. Crociata, nell’esplicitare le caratteristiche delle Aree interne, ha messo in evidenza che ci sono delle differenze notevoli tra quelle del Nord rispetto a quelle del Centro-Sud che soffrono di collegamenti infrastrutturali inadeguati e mancanza di servizi facilmente accessibili. Il cuore della sua relazione sono alcuni punti fermi su cui poi è stata articolata la riflessione dei convenuti. Vale la pena riportare questi punti:

1. Il carattere locale della Chiesa, in particolare in rapporto alla figura della parrocchia.

2. Il cambiamento profondo del rapporto della Chiesa con il territorio a partire da due fattori: la mobilità e il digitale.

3. L’inadeguatezza dell’impianto pastorale tridentino ancora di fatto operante nell’immaginario ecclesiale (le unità pastorali sono state talora realizzate adattando il vestito della civiltà parrocchiale al corpo nuovo della società e della Chiesa di oggi: troppo eterogenei per integrarsi facilmente).

4. Il bisogno di una nuova visione di Chiesa, effetto di una nuova comprensione delle presenze nella vita della Chiesa: sacerdozio comune, ministeri istituiti, diaconato permanente, ministero ordinato.

“Accanto a questi punti fermi, – sostiene ancora Mons. Crociata –  ciò che si può immaginare è una rivisitazione delle unità pastorali, o comunque le si voglia chiamare, alla luce però di alcune attenzioni: la riarticolazione non solo funzionale ma anche teologica della dimensione ministeriale della Chiesa, la rivalutazione dello stile di itineranza della pastorale ecclesiale e una nuova spiritualità dell’annuncio e della missione. Il tutto senza perdere di vista alcune esigenze: raccordare le varie dimensioni della territorialità oggi, tentare di comporre impianto tradizionale e innovazione nell’azione pastorale, tenendo conto in particolare del ruolo della pietà popolare”.

Parte da un’analisi pastorale dei temi in discussione ed affronta, mons. Crociata, tutti i punti in maniera dettagliata partendo dalla narrazione evangelica dell’azione di Gesù rivolta a persone la cui vita è stata cambiata dall’incontro con Lui. Ed in particolare dice che “Di fronte a tutto questo il modello di parrocchia disegnato dai concili Lateranense IV e Tridentino non può più essere considerato in grado di reggere il confronto con le esigenze pastorali di oggi”, spiegando le motivazioni che conducono a tali affermazioni.

E’ anche interessante un approfondimento della vita sacerdotale rispetto allo svolgimento dell’azione ministeriale dei presbiteri. E qui, per introdurre l’argomento dice: ” Il Vaticano II ha messo in moto un processo che forse adesso comincia a venire a maturazione. E il processo ha due acceleratori precisi: il sacerdozio battesimale di tutti i credenti e la reintroduzione del diaconato permanente”. E’ un argomento che sviluppa approfonditamente evidenziando le prospettive future, e ciò relativamente alle aree interne, ed i pericoli a cui si va incontro se si fanno passi sbagliati.

Parlando delle pratiche religiose sacramentali e devozionali è molto critico e soprattutto realista. Infatti, ad un certo punto dice: “C’è bisogno di cominciare da un nuovo assetto distributivo degli impegni, delle responsabilità, delle collaborazioni, sempre vigilando, perché «cultualizzazione del clero e burocratizzazione dei laici con un incarico ecclesiale sono i pericoli incombenti», riprendendo un passaggio dal volume scritto da Mons. Franco Giulio Brambilla sul tema La parrocchia oggi e domani.

Il concetto viene meglio espresso in questo passaggio: “Un principio elementare è che il ministero dei preti sia servizio delle persone e delle comunità, e non di guardiani delle chiese da tenere aperte a tutti i costi. Non si decidono gli orari e il numero delle celebrazioni, per esempio, solo per garantire la valorizzazione di una o più chiese. Ridursi a custodi di un patrimonio immobiliare, per quanto di grande valore storico, artistico, religioso e culturale, sarebbe la più triste delle fini del nostro ministero”.

Infine, Mons. Mariano Crociata conclude il suo intervento con questo passaggio: “Le aree interne formano la parte debole del Paese. Noi crediamo però che la coscienza della debolezza e la ferma volontà di reagire, soprattutto se assunte in una luce di fede, sono in grado di produrre effetti anche superiori alle potenzialità effettive. Se a questo si aggiunge la persistenza di un patrimonio ancora non del tutto dilapidato, dal punto di vista morale e religioso, allora le possibilità di riscatto, ecclesiale e civile, aumentano a dismisura. Si tratta di ricomporre le identità sociali e di ritessere il filo della coesione sociale, di rifondare il legame sociale, in un contesto – purtroppo – di generale contrattualizzazione delle relazioni sociali. Bisogna, nondimeno, crederci e lavorarci assiduamente, non con eventi spot e manifestazioni che fanno notizia. Ci vuole fervore e serietà. Difficile di questi tempi, ma possibile e necessario”.

Due giorni molto intensi di lavoro e confronto che hanno portato alla stesura del documento finale in cui i Vescovi danno la disponibilità della Chiesa italiana a restare, a non abbandonare quei territori, ma allo stesso tempo affermano che la politica italiana non può costruire il futuro senza tener conto di quelle realtà territoriali marginali nelle quali, tuttavia, i giovani vogliono restare ma devono essere opportunamente aiutati a rimanere, “aree marginali” che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Matteo Zuppi, ha definito durante la sua relazione «Un laboratorio per tutta la Chiesa italiana».

Dichiarazione finale

Foto da Nuova Irpinia

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Domenico Infante

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