Solennità del Corpo e Sangue di Cristo: il festeggiato è il SS. Sacramento. L’accolito Giuseppe Fiorentino ammesso al diaconato nella celebrazione diocesana di giovedì 30 maggio

“Se nella messa ‘in Coena Domini’ celebriamo l’istituzione dell’Eucaristia, con la solennità del Corpus Domini il mistero eucaristico viene proposto per l’adorazione e la meditazione a tutto il popolo santo di Dio. Ecco perché ci ritroviamo ogni anno, come Chiesa Diocesana, per riscoprire il senso profondo e concreto dell’amore di Gesù, donato nell’offerta del suo corpo e del suo sangue” (Omelia di Mons. Antonio G. Caiazzo, celebrazione Corpus Domini diocesano, giovedì 30/05/2024).

Una doppia celebrazione, come quando si festeggiano tappe importanti della nostra vista e si scelgono due date distinte perché nessuno manchi ai festeggiamenti, anche i parenti e gli amici che vivono fuori.

Tanto più quando il festeggiato è eccezionale, qual è il SS. Sacramento nella solennità odierna.

Sì, oggi il festeggiato è il SS. Sacramento: nel 1208, la beata Giuliana di Retìne, a Liegi, in Belgio, ebbe una visione: il disco lunare risplendente di luce candida, deformato però da un lato da una linea rimasta in ombra. Da Dio intese che quella visione significava la Chiesa del suo tempo, che ancora mancava di una solennità in onore del SS. Sacramento. Ecco l’origine della festa di oggi, istituita nel 1264 l’anno dopo il miracolo eucaristico di Bolsena da papa Urbano IV (nativo proprio di Liegi). E se la festa fu fissata al giovedì successivo alla prima domenica dopo Pentecoste (dal 1977 è stata spostata alla domenica seguente), in alcune Chiese locali viene celebrata sia a livello diocesano nella giornata originale, sia a scala più particolare nella domenica che segue.

Una celebrazione solenne e partecipata

Una bella celebrazione in cattedrale giovedì sera, presieduta dal nostro arcivescovo Mons. Antonio G. Caiazzo e concelebrata dall’intero clero diocesano.

Una liturgia le cui orazioni (l'”eucologia”, per usare il gergo tecnico dei liturgisti) mantiene vivo il segno della scienza e della spiritualità di oltre sette secoli fa del sapiente padre domenicano Tomaso d’Aquino.

Una liturgia della Parola tutta eucaristica. La prima lettura (Es 24,3-8) ci ha proposto una prefigurazione dell’Eucaristia con il racconto del “sacrificio di comunione” presieduto da Mosè in cui vengono sacrificati giovenchi, viene letto il libro dell’alleanza, il popolo afferma «Quanto ha detto il Signore, lo eseguiremo e vi presteremo ascolto», il sangue degli olocausti viene versato metà sull’altare metà nei catini e con quest’ultimo viene asperso il popolo con le parole: «Ecco il sangue dell’alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!». La pericope evangelica ci ha presentato l’istituzione dell’Eucaristia secondo Marco.

Un’omelia ad alta quota, sintesi di un ampio approfondimento esegetico della liturgia della Parola.

Il vescovo ha sottolineato come nell’ultima cena non c’è più un libro contenente precetti che gli uomini devono osservare di cui ci aveva parlato la prima lettura, “ma Gesù che comunica loro il suo essere amore” e come la comunione che il popolo promette al Signore è spesso rotta dai tradimenti eppure Lui “continua ad amarci affinchè impariamo anche noi a fare altrettanto per ritrovare la nostra vera identità”. E inoltre: “Come Gesù, nuovo Mosè, anche noi siamo chiamati a ripartire dalla schiavitù del nostro Egitto, nella quale ci siamo rifugiati, per essere liberatori del nuovo popolo d’Israele dalla schiavitù del peccato e dalla morte. Nostro compito, seguendo il Maestro e Signore, è riportare l’umanità alla Terra Promessa del Paradiso”.

Nel commento al Vangelo, la sottolineatura dell’Arcivescovo: “Per il pane [Gesù] usa il verbo ‘benedire’, per il vino il verbo ‘ringraziare’, dal quale deriva la parola Eucaristia. Come mai questa differenza? Marco ripete i due verbi già utilizzati nei due racconti che lui riporta della moltiplicazione dei pani, il primo in terra ebraica, il secondo in terra pagana. Gli esegeti dicono che nell’Eucaristia viene radunata insieme al popolo di Israele tutta l’umanità”. Inoltre, sempre l’esegesi del Vescovo alla pericope di Marco, “Quando [Gesù] diede il pane, non viene riportato che questo venne mangiato, mentre quando Gesù diede il calice del vino, viene detto: ‘rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti’. Cosa significa? Chi accoglie Gesù nella sua vita deve bere anche al calice, simbolo di morte, di donazione completa: questa è la vera Eucaristia, perché ‘questo è il mio sangue dell’alleanza’. Meglio ancora, bere dalla coppa vuol dire accettare questo tipo di morte di Gesù e operare, come Lui”.

L’ammissione agli ordini sacri di Giuseppe Fiorentino

Dopo l’omelia, l’ammissione al diaconato permanente di Giuseppe Fiorentino, coniugato con due figlie, 61 anni. Autista in pensione, “guidava le cisterne, trasportava merce pericolosa, quindi anche il lavoro lo ha sempre portato a pregare per affidare la sua vita a Dio”, ci testimonia la moglie Luisa Morelli. Dopo 4 anni di cammino e di varie e valide esperienze pastorali – presso il centro geriatrico “San Raffaele”, accanto al cappellano don Biagio Plasmati, all’Ospedale “Madonna delle Grazie” accanto al diac. Terenzio Cucaro e presso la mensa “don Giovanni Mele – con il suo sì e il consenso pubblico della sposa, Giuseppe è stato ammesso al diaconato dal nostro arcivescovo. Un momento di ufficializzazione della sua chiamata e della sua scelta al cospetto della Chiesa locale, in cui il vescovo ha invocato per lui la benedizione e il popolo di Dio ha pregato e si impegna a continuare a sostenerlo con la preghiera.

Chi è il diacono permanente?

Giusepe Fiorentino e, dietro, la sua famiglia:
la moglie Luisa Morelli e le figlie Valentina con il fidanziato e Marianna con il marito

Il diaconato è un grado del sacramento dell’Ordine Sacro e può costituire una tappa intermedia verso il sacerdozio, in questo caso si dice “transeunte”, o rimanere nella forma “permanente”, accessibile in tale caso anche agli uomini sposati, come ruolo di “servizio” nella vita liturgica e pastorale, nelle opere sociali e caritative.

Il servizio dei diaconi nella Chiesa è documentato fin dai tempi degli Apostoli. Il Concilio Vaticano II, dopo un lungo periodo di assenza, ha ripristinato la figura del diacono permanente lasciando alle singole conferenze episcopali la possibilità di restituire questo ministero nel loro territorio in base alle esigenze pastorali. In questa maniera il diacono può aiutare la Chiesa a rispondere ai nuovi bisogni della nostra epoca e a porre la diaconia, servizio, come base portante delle relazioni ecclesiali.

I candidati al diaconato devono ricevere un’accurata preparazione e il loro percorso formativo, umano, spirituale, dottrinale e pastorale, dura alcuni anni e prevede lo studio teologico, un tirocinio nelle comunità parrocchiali e incontri di approfondimento.

Il ministero del diacono è sintetizzato dal Concilio Vaticano II con la triade “diaconia della liturgia, della predicazione e della carità” con cui serve “il popolo di Dio, in comunione con il Vescovo e con il presbiterio”.

Una processione che non vede crisi

Così, dopo la celebrazione eucaristica e un momento di adorazione stanziale, la sempre tanto partecipata processione del Corpus Domini per le vie del centro cittadino. Una tradizione che non vede crisi, che anzi crea dispiaciuta meraviglia in occasioni eccezionali quali il Covid-19 in cui è stata sospesa come misura di protezione dai contagi.

Il cammino è stato accompagnato dalle preghiere e riflessioni predisposte dall’Ufficio Liturgico Diocesano sul tema “L’eucaristia ci insegna a pregare”, in sintonia con l’anno della preghiera che viviamo, accogliendo l’invito di Papa Francesco, in preparazione al Giubileo del prossimo anno.

Sulla pagina Facebook “Logos-Le ragioni della Verità” sono disponibili ampi tratti di diretta durante lo svolgimento della processione.

Per chi vuole, la diretta completa della celebrazione è al link seguente:

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Giuseppe Longo

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