Un Natale diverso, “un Natale meraviglioso”

Betlemme, la spada di Erode, la fuga in Egitto e, oggi, la liberazione di Patrick Zaki

La nascita di Gesù, a giudicare da quello che ci rivela il Vangelo, è stata nella storia qualcosa di molto diverso dal Natale che solitamente si immagina. È stato infatti un momento altamente drammatico perché, se è vero che Dio si è fatto uomo, tutto questo è successo in un modo diverso da come se lo era immaginato il popolo di Israele di allora e diverso da come se lo immagina l’uomo di oggi.

Scrive l’evangelista Matteo che, apprendendo della nascita di Gesù a Betlemme, «il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme». Riferisce Luca nel suo Vangelo che anche i pastori, apprendendo della nascita, «furono presi da grande timore». Un timore che nel caso dei pastori – è vero – durò appena un attimo per l’intervento rassicurante dell’angelo che disse: «vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo».

Non è immediatamente evidente quale fosse la ragione del turbamento di Erode. Tutto farebbe supporre che non dovesse essere particolarmente impensierito dalla nascita di un bambino in una povera stalla, il figlio di Maria, sconosciuta ragazza galilea che se ne sarebbe tornata tranquillamente nella lontana Nazaret non appena ultimati gli adempimenti relativi al censimento e trascorso il tempo prescritto della purificazione rituale dopo il parto. Ma, a guardare con più attenzione, non è propriamente così.

Il Vangelo riferisce che Erode ebbe un accesso d’ira perché i Magi «si erano presi gioco di lui» e che per questo, addirittura, «si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme». Perché? Forse perché presentiva che in ciò che era avvenuto quella notte in quella stalla poteva esserci una concreata minaccia per l’establishment da lui faticosamente costruito e per il potere da lui detenuto; qualcosa che avrebbe potuto mobilitare le masse, qualcosa che avrebbe potuto mettere scompiglio e che, come aveva detto l’angelo, «sarà di tutto il popolo».

In fondo, Erode non ci era andato troppo lontano, sebbene si potrebbe con sicurezza escludere che egli abbia appreso delle parole di quella sconosciuta ragazza galilea che aveva detto chiaramente, accorgendosi della sua strana gravidanza e mentre magnificava Dio, che il Signore «ha rovesciato i potenti dai troni, / ha innalzato gli umili; / ha ricolmato di beni gli affamati, / ha rimandato i ricchi a mani vuote».

Non sappiamo nemmeno se Erode, dopo le informazioni ricevute dai Magi, abbia saputo che quel bambino nato a Betlemme era stato registrato al censimento come discendente della stirpe del re David. Se questa ipotesi fosse vera, potrebbe in qualche modo spiegare la reazione che portò Erode a pianificare la raccapricciante strage dei bambini innocenti.

Erode era re d’Israele, ma non era re di origine ebraica. E questa “macchia”, unita al fatto che aveva ricevuto l’investitura dagli odiati romani, aveva un peso non secondario nella considerazione del popolo di Israele. È vero, l’autorità di Erode alla fine sarà abbastanza tollerata in Israele per essere riuscita finalmente a ristabilire il regno e, sopra ogni cosa, a riedificare il Tempio di Gerusalemme; ma tutto questo sarà condizionato da un certo pregiudizio che persisteva nei suoi confronti.

Che a Betlemme, la città di Davide, fosse nato un discendente del vero re d’Israele avrebbe potuto generare una certa ostilità di Erode verso il popolo che poteva acclamare re il bambino, rompendo quel delicato equilibrio su cui il potere di Erode si reggeva. Anche i Magi avrebbero potuto ratificare il diritto al trono del bambino, cosa non del tutto improbabile, essendo giunti apposta dall’Oriente.

Tutti questi timori turbavano fortemente Erode. Di ciò era ben consapevole Giuseppe, lo sposo di Maria, tanto che per questo fu indotto alla fuga portando in salvo la famiglia in Egitto. Il Vangelo ci riferisce infatti che Giuseppe conosceva bene Erode. Comunque sia, si potrà vedere che mai da Nazaret giungerà la rivendicazione di un diritto di successione al “regno di questo mondo”, per la semplice ragione che Gesù non era figlio naturale di Giuseppe e, soprattutto, perché Egli aveva ben altre intenzioni.

Gesù si presenta fin dall’inizio senza quei titoli di nobiltà che pure gli spettavano e si presenta come povero. Sua madre lo aveva detto dal primo momento: «ha rovesciato i potenti dai troni, / ha innalzato gli umili». Gesù veniva dunque a introdurre questo principio e, per questo, il cristianesimo che nasceva si poneva sicuramente come un cristianesimo sovversivo. Lo era rispetto ai progetti del potere ma anche rispetto a qualcosa – si vedrà anche questo – che scandalizzerà l’uomo religioso. Perché ciò che si vedrà sarà una cosa inaudita: un Dio che spoglierà se stesso, che si farà povero. Quel Dio che rovesciava i potenti dai troni, cominciava abbattendo il trono suo stesso e, disarmato, si consegnava agli uomini.

Lo scrittore Andrea Di Consoli ha scritto recentemente che, col tempo, il Natale è destinato inevitabilmente a divenire un ricordo sempre più sbiadito fino a perdere del tutto il suo significato. «Gesù» scrive Di Consoli, «non è più presente nelle nostre vite di italiani moderni».

Càpita questo, è vero, e il Natale è ormai qualcosa di sbiadito per tanti uomini. Per tanti uomini, soprattutto in Occidente, il Natale ha perso lo spessore drammatico proprio dei fatti che accadono, che accadono veramente.

Ma Gesù nasce oggi, alla stessa maniera in cui è nato a Betlemme, con la stessa drammatica potenza. Drammatica come ha potuto essere, per esempio, la vicenda di Patrick Zaki, almeno per come è stata vissuta in Italia un po’ da tutti.

Questo giovane egiziano ha passato due anni in carcere, per quello che si sa, a causa di un post sui social in cui denunciava le discriminazioni cui sono soggette le minoranze cristiane, come quella copta. Come possiamo vedere, ancora oggi, del cristianesimo c’è qualcosa che non è sbiadito affatto tanto da far apparire sovversivo perfino un ragazzo buono e del tutto disarmato come Patrick.

Non è noto perché questo giovane copto abbia scritto quello che ha scritto. Ma quello che ha scritto è vero, perché la spada di Erode, la spada della persecuzione, minaccia ancora i figli cristiani in ogni angolo della terra. Forse Patrick ha scritto quello che ha scritto perché, come Giuseppe duemila anni fa, anche lui conosce le intenzioni di Erode e le persecuzioni cui sono esposti i cristiani. E forse la sua non era propriamente una denuncia, ma un appello rivolto al suo amato paese, l’Egitto. La stessa cosa che fece Giuseppe con la sua decisione di portare, anche lui, la santa famiglia al sicuro in Egitto.

Quello di Patrick potrebbe essere perciò un drammatico appello con cui egli chiede se questo paese, l’Egitto, vuole oggi essere, di fronte al mondo intero, il luogo dove il Bambino Gesù e il tormentato popolo dei cristiani possono ancora sperare di trovare un rifugio sicuro. Sarebbe bellissimo che le autorità egiziane comprendessero questo e ciò farebbe di questo Natale un Natale davvero diverso. Anzi, come ha detto Patrick Zaki nel corso della trasmissione di Fabio Fazio, “un Natale meraviglioso”.

RAI, Che tempo che fa, 12 dicembre 2021

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Paolo Tritto

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