Associazioni e movimenti: Un dono per la chiesa ed una risorsa per la società

Una importante sessione del nostro Sinodo diocesano è stata dedicata alla vita delle Associazioni e dei Movimenti Ecclesiali all’interno della nostra Chiesa di Matera-Irsina.
Dal tenore delle condivisioni assembleari è emerso chiaramente che la vita comunitaria che caratterizza i singoli movimenti è, dai più , poco conosciuta.
Persino quello straordinario luogo di comunione e servizio ecclesiale che è la Consulta Diocesana delle Aggregazioni Laicali era – al massimo – nota, ai sinodali, per la sua sigla: CDAL, acronimo di cui, invero, non tutti conoscevano neppure il significato.
Questa scarsa consapevolezza della grazia e della bellezza che il “laicato associato” esprime all’interno della nostra Chiesa locale deve interrogare, in modo serio e significativo, aderenti e responsabili di associazioni, movimenti e consulte.
La poca conoscenza dei singoli cammini di fede, nati per opera dello Spirito Santo e riconosciuti dall’autorità ecclesiale, rischia di favorire valutazioni di autoreferenzialità che i movimenti francamente non meritano. Non è un caso che la parola più associata ai movimenti nel corso della sessione sinodale sia stata proprio autoreferenzialità.
Ma, non è autoreferenziale vivere appieno la vita comunitaria dello specifico movimento all’interno del quale, magari, si è incontrato per la prima volta il Signore e si fatto esperienza della sua Grazia.
Non è vivere un cammino parallelo a quello della vita della Chiesa locale aderire, fino in fondo, al cammino di santità proposto dalle singole realtà ecclesiali che sono espressione del laicato associato. Anzi ! E’ l’esatto contrario: l’assenza di fedeltà ad un carisma specifico grazie al quale abbiamo fatto esperienza di Dio è da tradursi come assenza di fedeltà ecclesiale.
Al centro delle nostre riflessioni, quando affrontiamo il tema “Movimenti Ecclesiali”, debbono porsi dinamiche relative all’appartenenza comunitaria: e l’appartenenza è cosa del cuore, non della ragione !
Appartenere ad un movimento ecclesiale è appartenere ad una Comunità, ad un fraternità, ad un cenacolo. Appartenere ad un movimento ecclesiale non è appartenere ad una associazione culturale. Appartenere ad un movimento ecclesiale non è appartenere ad un “gruppo” (sociologicamente inteso) che ha finalità di ispirazione cristiana ma è appartenere alla Chiesa.
I Movimenti sono espressione di Chiesa, nella Chiesa e per la Chiesa ed esistono per contribuire fattivamente alla pastorale delle Chiese locali nel quadro, tuttavia, di una comunità ecclesiale partecipe e responsabile. Ed è proprio in un quadro di partecipazione e responsabilità che è, però, di tutto il Corpo “ben compaginato e connesso” che è la Chiesa-Popolo di Dio che possono comprendersi gli effetti della presenza dei movimenti ecclesiali.
Se è vero, infatti, che partecipare – in modo fattivo e responsabile – alla vita della pastorale delle Chiese locali per i movimenti significa innanzitutto aderire al proprio “specifico” cammino di santità che si delinea sulla scorta di un particolare carisma, di un particolare progetto di annuncio, di una ben connotata esperienza di fede; è ancora più vero che la peculiare vocazione del singolo movimento deve poter emergere nella storia della porzione di Chiesa in cui opera. Quando la bellezza del nostro carisma non “contagia” positivamente chi ci sta intorno, il nostro carisma è evidentemente mortificato perché non è più speso per “l’utilità comune”. Quando il nostro carisma non contribuisce in modo specifico alle attività pastorali poste in essere dalla nostra Chiesa, il nostro carisma perde il suo altissimo valore.
L’associazionismo cattolico, è noto a tutti, ha rivestito e riveste nella società in cui opera un ruolo di primissimo piano sul versante educativo, caritativo, culturale e politico; e forse per questo siamo portati a pensare e ad immaginare l’utilità del nostro carisma solo per il “mondo” e non per la nostra Chiesa.
Se così fosse, sembrerebbe giunto il tempo di fare una approfondita riflessione!
All’interno dei movimenti e delle associazioni si scorge un laicato che negli anni è maturato, si è alimentato alla Parola e al Magistero e si è fatto carico di molte delle sfide che il tempo presente ha posto e pone. Sono esperienze che non rivendicano spazi, ma il riconoscimento di una vocazione che si esprime nella dimensione associativa e non solo nell’apostolato individuale.
Giova ricordare, comunque, che per affrontare adeguatamente il tema dell’associazionismo ecclesiale, sarebbe necessario affrontare tanto il tema dello stato di salute del laicato cattolico (attraversato, evidentemente, da una significativa crisi e da un concreto smarrimento in termini di partecipazione, adesione, vocazione, fedeltà) quanto il più ampio tema dello stato di salute della Chiesa tutta: che investe laici e clero.
Un tema che siamo chiamati ad affrontare insieme, a partire dal comune battesimo e cercando di capire come oggi le diverse vocazioni possono davvero essere complementari.
Emerge insomma, in modo netto, sin da queste prime sessioni del Sinodo che, ancora di più, i movimenti sono chiamati a promuovere iniziative di comunione volte a favorire la reciproca conoscenza: I nostri differenti carismi, del resto, non possono che creare affinità e relazione, divenendo segno della comunione e dell’unità della Chiesa in Cristo (Apostolicam Actuositatem n.18)

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Redazione

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