Che fine ha fatto il “mondo cattolico” ?

Riceviamo dal prof. Lindo Monaco, Presidente della Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali di Basilicata, una nota stampa sull'impegno dei cattolici in politica. Una riflessione prima di affrontare la prossima e impenativa tornata elettorale.

Sarà che queste elezioni, anticipate di un nonnulla, proprio non hanno convinto nessuno; sarà che i messaggi della campagna elettorale, arrivati fin sotto l’ombrellone, ci hanno profondamente infastidito; sarà che la proposta politica, in fin dei conti, è sempre la stessa (come sempre gli stessi sono i personaggi che ce la propongono); sarà anche che la digitalizzazione del materiale elettorale, finalmente aggiungiamo, non rende indecorosi i marciapiedi delle nostre città; sarà quel che sarà ma, anche se a soli sette giorni dal voto, non si respira aria di elezione, volutamente non al plurale.

Eleggere – si sa – è sinonimo di scegliere, preferire, promuovere.

Eppure i cittadini, ancora una volta, pur essendo chiamati ad eleggere, non sono messi in condizioni di scegliere, preferire e quindi di promuovere.

Le segreterie dei partiti, o meglio di quel poco o nulla che resta dei partiti, hanno – anche qui: ancora una volta – nel segreto delle proprie stanze romane deciso chi fosse “degno” di rappresentare un territorio, talvolta paracadutando nomi in ossequio alla sola “legge” del collegio sicuro.

Se aggiungiamo, poi, che la diminuzione dei parlamentari (che, diciamo la verità, nulla aggiunge in termini finanziari alle casse dello Stato) e la farraginosità di una incomprensibile legge elettorale (che in cinque anni non si è “avuto il tempo di cambiare” pur con governi di ogni colore e che risulta utile solo ai partiti per essere certi di rientrare in qualche modo in parlamento)  sta provocando una vera e propria distorsione democratica della rappresentanza, comprendiamo il perché si respiri più che aria di elezione, aria di contrapposizione; più che aria di promozione, aria di bocciatura.

La politica sembra solo vivere per se stessa e sembra alimentarsi solo di autoreferenzialità.

Cresce – dicono i sondaggi – il partito del non voto, in tanti cercano le ragioni “culturali” dell’astensione (che poi, ringraziando Dio, non si trovano mai… votare è un diritto al quale proprio non vogliamo sottrarci), la rassegnazione e la sfiducia sembrano prevalere sul concetto di costruzione di futuro che invece dovrebbe essere proprio del “tempo” elettorale.

Il momento storico, lo sappiamo tutti, è davvero delicato: la recente pandemia, la guerra nel cuore della vecchia Europa, il disastro economico-finanziario, le ombre cupe e minacciose che ci attendono nell’ormai prossimo autunno.

Siamo, evidentemente, oltre che nel cuore della crisi della democrazia rappresentativa, nel pieno di una vera e propria crisi sociale, di una profonda crisi spirituale (si badi, non solo religiosa), di una vera e propria crisi dell’umano.

Questa politica, ahimè, è davvero specchio di questa nostra società (vale ovviamente anche al contrario). Una società frammentata, a tratti disorientata, profondamente sfiduciata.

Le intenzioni di voto danno in crescita, come sempre è stato dal ‘94 in poi, quella che sembra la novità del momento. Ai tempi: Berlusconi prima, Prodi poi. Nel recente passato: Renzi, poi Grillo, poi Salvini, oggi la Meloni.

E’ curioso notare come, con la stessa facilità, si possa salire e scendere nei sondaggi; come è curioso notare che le classi più “deboli”, un tempo rappresentate da una sola area politica, oggi fluidamente cambino – quando li trovano – i propri “rappresentanti”.

Tutto questo è anche frutto di quel sistema bipolare tradito proprio dalla stessa politica che lo ha voluto.

Il bipolarismo, nato in Italia con una nuova legge elettorale dopo il vuoto lasciato dalla DC, non è mai stato un bipartitismo e l’assetto bipolare che avrebbe dovuto consegnare stabilità politica e legittimazione popolare garantita è divenuto, nel migliore dei casi, una promessa mancata.

In questo scenario, che senza difficoltà alcuna possiamo definire desolante, manca la voce di quello che un tempo chiamavamo “mondo cattolico”.

Che fine hanno fatto i cattolici? Uomini e donne educati dalla dottrina sociale della Chiesa; cresciuti con il cibo solido della solidarietà; formati dai principi di sussidiarietà, trasparenza, legalità, moralità; impegnati in quel pre-politico che dovrebbe rendere i cittadini consapevoli artefici del proprio destino. Dove sono finiti?

E’ diventato, forse, inutile il pensiero dei cattolici nel terzo millennio? E’ davvero destinato a insignificanza il patrimonio di valori che il cattolicesimo sociale ha prodotto e rappresentato negli anni?  Sono davvero spariti i cattolici?

Ho l’onore di presiedere, su mandato dei Vescovi di Basilicata, la Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali lucane ed ho, per questo, il privilegio di conoscere a fondo e di amare intimamente le tante espressioni del laicato associato presenti nella nostra Regione. Realtà vive ed operanti sul territorio, che sanno mostrare col proprio agire esperienze di bellezza, di condivisione, di prossimità.

Associazioni e movimenti ecclesiali che ogni giorno, con generosità, lavorano per dare un respiro di fondata speranza, un prezioso contributo tanto nell’ottica della ricomposizione dell’umano quanto della ricostruzione sociale.

Abbiamo detto di stare vivendo un tempo di profonda crisi, ed è profondamente vero, ma i nostri corpi intermedi non sono in crisi, non sono affatto residuali.

Movimenti e associazioni ecclesiali continuano – ogni giorno pur tra mille difficoltà – la loro attività tentando di far emergere dalla storia la dimensione del buono, del bello, della prossimità: la dimensione di un umanesimo integrale che non può non essere capace di concretezza, di ascolto, di vicinanza.

Valori che la politica offre ormai con estrema fatica.

Penso, poi, all’instancabile attività degli uffici di Curia o al prezioso contributo delle sedi Caritas delle nostre Chiese particolari: spazi di prossimità che quotidianamente mettono a disposizione risorse generose e valori di accoglienza pura e disinteressata.

Che dire, inoltre, dell’incessante lavoro – frontaliero –  che svolgono le nostre Parrocchie, luoghi educativi in cui ogni giorno si costruisce comunità, fraternità, spiritualità, cultura del dono.

Più che chiedersi, allora, dove sono finiti i cattolici verrebbe da chiedersi: Dove la politica attuale è impegnata in questi contesti di valore?

No, il mondo cattolico non è scomparso e i cattolici non si sono estinti… affatto!

Forse, nel tempo della comunicazione ad ogni costo, il mondo cattolico comunica poco il proprio agire, magari nel vivo desiderio di non ostentare, ma non per questo l’impegno “pubblico” dei cattolici si è fatto residuale.

Quello dei cattolici, è vero, è un impegno “pubblico” che si celebra lontano dagli scranni, che non procede per slogan o semplificazioni, che non è retto da una logica contrappositiva, che si sforza di cercare ciò che unisce più di quello che divide.

La politica, infatti, per i cattolici resta il luogo di una vocazione non di una (personale) realizzazione, un luogo  in cui la mitezza si fa metodo ed il dialogo unica prospettiva per il futuro e questo luogo – aggiungo purtroppo – è ben lontano da quello abitato da questa nostra politica.

Certo, è forse giunto il tempo anche di tornare a servire la vita pubblica nei luoghi decisionali, di contribuire attivamente alla costruzione di uno spazio politico “differente”, di allargare il nostro cuore al fine di “organizzare la speranza”.

Non è un caso infatti che nell’aprile u.s. la Consulta Regionale delle Aggregazioni Laicali di Basilicata ha lanciato un appello a quanti avvertivano, come urgente, un sostanziale cambio di rotta sociale nel nostro territorio.

Sono stati allestiti e distribuiti sull’intero territorio lucano oltre 16 tavoli di ascolto e confronto sui temi più importanti della nostra Regione: ecologia, lavoro, sanità, cultura, cooperazione sociale, educazione, impresa, volontariato…, un modo per costruire, insieme, un nuovo capitale sociale che ci auguriamo sia capace di liberare le forze della società civile. Questo lavoro dei tavoli continua in modo discreto, umile e con spirito laborioso e profetico perché in tanti auspicano, proprio di fronte alla crisi di questa nostra politica, una vera e propria rinascita culturale capace di creare le premesse per fare un salto di qualità in ordine allo sviluppo integrale della Basilicata. 

No, i cattolici non sono scomparsi e non si limitano neppure “solo” a sperare, ma lavorano per “organizzare” la speranza anzi, per costruirla… un mattone dopo l’altro; amando in modo preferenziale i poveri, facendosi compagni degli ultimi, ascoltando le attese di questo tempo, camminando insieme a quanti rendono vitale il tessuto di questa nostra società condividendone angosce e aspettative.

                                   Lindo Monaco

Presidente Consulta Regionale Aggregazioni Laicali di Basilicata

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Lindo Monaco

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