Il cammino della Basilicata sulla via dell’ambra

Come questa regione periferica riuscì a inserirsi in una delle più importanti ed estese vie commerciali del mondo antico

Qualcosa di inaspettato riguardo alla Basilicata preistorica ci viene rivelato da piccoli manufatti di ambra, una gemma con cui si creavano – e si creano ancora oggi – gioielli da indossare come ornamento. In campagne di scavo condotte in area lucana, l’archeologia ha restituito una grande quantità di questi preziosi oggetti, probabilmente prodotti di artigianato locale. La produzione e la diffusione di gioielli in ambra è da far risalire, in questo territorio, a epoche remotissime, addirittura al secondo millennio a.C.

Per essere lavorata dagli artigiani locali, l’ambra era all’epoca solitamente importata dalle coste siciliane, dove in seguito alle mareggiate capitava talvolta che si depositassero piccole quantità di questa gemma di origine vegetale. In ere geologiche passate, dopo che gli alberi resinosi esaurivano il loro ciclo vitale, la parte legnosa della pianta andava incontro alla decomposizione biologica mentre la resina si fossilizzava insieme al materiale che era rimasto eventualmente intrappolato al suo interno, come insetti o piccole specie vegetali.

Col tempo, il mondo mediterraneo venne via via in contatto con le regioni più settentrionali del continente europeo, una terra di cui già i primi greci avevano sentito parlare, la terra degli Iperborei, mitico popolo che secondo il poeta greco Pindaro aveva la fortuna di non andare incontro né a malattia né a morte.

Possiamo immaginare quale interesse potesse suscitare nei greci tutto ciò che poteva provenire da queste terre lontane. E, per accrescere il loro stupore, non poteva esserci oggetto migliore dell’ambra. Per la magia cui rimanda questa sorprendente gemma che strofinandola si elettrizza, che al tatto trasmette un certo calore e che con il suo intenso colore ricorda il colore del sole al quale, tra l’altro, già la mitologia greca accostava tradizionalmente l’ambra.

Tutto ciò lascia capire come la diffusione dell’ambra baltica verso i mercati mediterranei non avrebbe incontrato ostacoli di sorta e sarebbe stata destinata a sicuro successo. Anche perché i paesi baltici avrebbero rivelato di avere una grande abbondanza di giacimenti di questi fossili; ancora oggi, nel mondo, il novanta per cento di tutta l’ambra disponibile giunge dal Baltico.

Si comprende che per ovvi motivi questa nuova grande quantità di gemme, proveniente dalle regioni settentrionali dell’Europa, sarebbe stata ben accolta particolarmente in quei centri dove l’ambra era già conosciuta, era apprezzata, era lavorata ad arte e, soprattutto, aveva un certo mercato. Dopo aver attraversato l’Europa, dopo aver scavalcato le Alpi, dopo essere giunti ad Aquileia, che all’epoca era il più grande snodo commerciale, i mercanti di ambra cominciarono la loro discesa verso il sud della penisola italiana, oltre che verso altre destinazioni.

Il primo centro della penisola in cui l’ambra trovò un ambiente favorevole alla sua diffusione furono le terre marchigiane del Piceno, dove l’artigianato dell’ambra era già conosciuto grazie alla civiltà etrusca con cui queste terre erano venute in contatto. Non a caso quello piceno sarebbe stato poi denominato “popolo dell’ambra”.

Ma la maggior fortuna per l’ambra fu quando giunse nelle terre dell’attuale Basilicata, la Magna Grecia dell’epoca, perché in quel tempo proprio dai greci che controllavano le sue coste, oltre che dagli egiziani, provenivano le maggiori richieste di ambra, le migliori offerte di denaro e un interesse culturale enorme.

Figure d’ambra – Museo di Policoro
Dal catalogo della mostra “Magie d’ambra”, 2006

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Paolo Tritto

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