Il Congresso Eucaristico Nazionale di Matera e la presenza di Papa Francesco

Sulla barca sicura della Chiesa, nel mezzo del mare tempestoso di oggi

Il Congresso Eucaristico Nazionale di Matera (22-25 settembre 2022), con la partecipazione di Papa Francesco alla celebrazione eucaristica conclusiva, è un evento che potrebbe forse segnare la nostra storia. E sicuramente sarà qualcosa, come ha ricordato il nostro Arcivescovo, che non ha precedenti nella storia della nostra Regione.

Non spetta a una redazione giornalistica, come può essere questa di Logos, riassumere il significato di un evento che, ovviamente, soltanto il Congresso stesso può fissare. Però, una cosa preme chi è chiamato a scrivere: manifestare ciò che il Congresso, con la Presenza eucaristica, può suscitare nel cuore di uno dei tanti partecipanti che ha la fortuna di ritrovarsi tra la folla del popolo cristiano, di ritrovarsi come può ritrovarsi un uomo di fronte a Cristo, cioè come un naufrago, esausto ma in prossimità dei soccorsi.

Perché per questo Cristo è venuto: per salvarci, per riportarci sulla barca sicura della Chiesa, nel mezzo del mare tempestoso di oggi. Rimarrà sicuramente questa immagine del Congresso, nonostante sia saltato l’appuntamento del Papa con i profughi e i migranti previsto in Cattedrale, annullato per consentire ai partecipanti al Congresso di tornare in tempo alle proprie residenze e potersi recare alle urne per l’elezione dei rappresentanti al Parlamento. Rimarrà sicuramente questa immagine, la vecchia immagine dell’ancora di salvezza che vuole essere la Chiesa per l’uomo naufrago.

Altra immagine che è bello riprendere è quella legata, in questo Congresso eucaristico in maniera ancora più evidente, alla partecipazione diffusa nella città, circostanza imposta sia per la carenza nella città di Matera di un luogo idoneo a contenere la grande folla dei pellegrini, sia per le criticità legate alla pandemia del Covid non ancora debellata. In tutto questo vogliamo, come Cristo, cercare Zaccheo il quale, anche lui naufragato tra la folla, cercava di emergere da questa, salendo sul sicomoro per vedere passare il Signore tra le strade della città.

Sappiamo quanto il Papa sia legato a questo approccio cristiano. Quando ancora mons. Bergoglio era vescovo di Buenos Aires, riprendendo l’assemblea di Aparecida, scriveva: «La certezza che Dio vive nella città ci riempie però di fiducia, e la speranza della Città Santa che scende dal cielo ci infonde coraggio apostolico. Come Zaccheo, la buona notizia che il Signore è entrato nella città ci dà slancio e ci spinge a uscire per le strade». In fondo, il Congresso eucaristico potrebbe essere semplicemente questo passaggio di Cristo tra le nostre case e la nostra posizione quella di Zaccheo che vuole semplicemente vederlo.

Ma non è un passaggio che passa – e questo è certamente un paradosso – passando, Gesù rimane per sempre con noi. Lo disse a Zaccheo di non essere lì per andar via subito dopo; disse di volersi fermare a casa sua.

Non si possono concludere queste note, forse disarticolate, con un’altra circostanza che potrebbe apparire casuale, se non proprio come un incidente nel corso dello svolgimento del Congresso. La circostanza imprevista delle elezioni politiche anticipate. Già in un precedente articolo abbiamo richiamato le parole di Chesterton il quale, durante il Congresso eucaristico di Dublino, affermò che bisognerebbe andare a votare come si va al Congresso eucaristico. Perché, evidentemente, anche nel modo di andare a votare si vede la verità della nostra fede. Soprattutto dalla fiducia che ci anima.

Il popolo italiano sembra recarsi alle urne con scetticismo, deluso, senza una vera speranza per il futuro della società. Il popolo cristiano, ridestato dall’esperienza del Congresso eucaristico, può andare a votare con fiducia. Perché sa che, invece, tutto può cambiare e che un bene più grande ci aspetta; anzi, tutto è già cambiato, perché Cristo sta già attraversando la città e con il suo passaggio ha già cambiato tutto del nostro mondo, del nostro modo di vivere. Ed è lì che ci aspetta. Che ci aspetta perché vuole fermarsi a casa nostra, con noi. E noi, con lo stesso slancio di Zaccheo, vogliamo correre ad aprirgli la porta del nostro mondo e della nostra vita.

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Paolo Tritto

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