La Candelora: purificazione di Maria o presentazione del Signore?

Candelora, Presentazione di Gesù al tempio, Hippapante... i tanti nomi ci mostrano la ricchezza della festa che oggi si celebra, a cui sono collegati anche detti e tradizioni, non solo cristiane.

San Vito dei Normanni (BR), Cripta di San Biagio, “La presentazione al tempio”, XII sec.

Tanti nomi per questa Epifania del Signore

Un tempio giudeo, magari gelido, e sei persone: Gesù, Maria, Giuseppe, Anna, Simeone, un sacerdote.

Un incontro, una epifania, una profezia, 40 giorni dopo Natale.

Questo è la festa di oggi che ha suscitato opere d’arte e ispirato massime e tradizioni.

La festa fu introdotta nel VI sec. a Costantinopoli e poi nel VII sec. giunse a Roma con Papa Sergio, sebbene la scena dell’incontro al tempio fosse già oggetto di attenzione e di rappresentazione artistica precedente.

Mosaico sull’arco trionfale di S.Maria Maggiore a Roma (V sec.),
precedente all’istituzione ufficiale della festa

E assimilò pian piano la Festa delle candele, “festum candelarum”, appunto: “Candelora”, come ancora oggi popolarmente è chiamata in riferimento ad una processione che aveva luogo a Roma in epoca paleocristiana, come contraltare alle sfilate carnascialesche.

Se andiamo alle fonti bibliche, leggiamo nel Vangelo di Luca:

Mosso dallo Spirito, Simeone si recò al tempio e,

mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù

anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,

perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli:

luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

C’era anche una profetessa, Anna.

Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.

Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio

e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme” (Lc 2, 29-38).

Pertanto, “festa dell’incontro” o, equivalentemente, “Hippapante” è il nome che questa festa ha in Oriente, tra i fratelli ortodossi.

Monastero di Loukas, Boeotia, Grecia

Invece i cattolici hanno voluto focalizzare maggiormente l’attenzione sulla S. Famiglia che si reca al tempio.

Da tradizione ebraica, la puerpera di ogni primogenito, 40 giorni dopo il parto, si recava al tempio per offrire il neonato al Signore e, assieme a lui, lasciava un’offerta per il tempio: “Una coppia di tortore o di giovani colombi”, come prescrive la Legge del Signore” (Lc 2,23) per le famiglie più povere.

Per purificarsi: ecco perché per secoli, dal tempo di Carlo Magno, la festa di oggi è stata chiamata tra i cattolici dalla sua istituzione sino ad una sessantina d’anni fa “Purificazione di Maria”. Secondo la Torah, la donna, a 40 giorni dal parto (un numero simbolico già in antico!), con questo adempimento, poteva essere purificata dal sangue sparso in quell’occasione.

“Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè”

leggiamo nel Vangelo di Luca (Lc 2,22).

Giotto, Cappella degli Scrovegni, Padova, 1306

Ma nella sua riforma liturgica, il Concilio Vaticano II ha voluto ricentrare l’attenzione su Gesù, di cui la festa di oggi rappresenta un’Epifania, dopo quella dei Magi e prima di quella al Battesimo, nel fiume Giordano.

Gesù si manifesta a Simeone e Anna e, attraverso di loro, come una luce “per illuminare le genti” (Lc 2,32), appunto, si propaga inarrestabilmente a tutti.

Ecco il nome corrente di “Presentazione di Gesù al tempio”.

E oggi, in cui la liturgia ci presenta per l’ultima volta Gesù Bambino, una tradizione vuole che termini definitivamente il periodo natalizio e si tolga finalmente il presepe costruito magari in tanto tempo e con tanta passione, sebbene liturgicamente il tempo del Natale termini in effetti con il Battesimo di Gesù nella domenica che segue l’Epifania.

E si inizia a volgere lo sguardo alla Pasqua: la profezia del dolore di Maria nella preghiera di Simeone (“E anche a te una spada trafiggerà l’anima”, Lc 2,34) nonché la liturgia della luce – con cui la celebrazione odierna ha inizio, retaggio di quel “festum candelarum” che dà il nome al giorno di oggi – ci proietta sulla passione e sul lucernario della Veglia Pasquale.

Fatto sta che dal 1997, l’offerta di Gesù primogenito al Signore e l’attesa vigilante del Signore dei due vegliardi Anna e Simeone hanno suggerito all’allora pontefice Giovanni Paolo II di istituire per questo girono la festa della vita consacrata, giunta quest’anno alla sua 27^ celebrazione.

Molti nomi ma anche molti proverbi nati soprattutto in un contesto agricolo – anche ingenuamente l’uno il contrario dell’altro:

Se c’è sole a Candelora,

dell’inverno semo fòra,

ma se piove o tira vento,

ne l’inverno semo dentro

oppure

Per la Candelora

se nevica o se piova dell’inverno siamo fora,

se è sole o solicello

siamo nell’invernerello

Com’è ovvio che sia, non può essere un giorno specifico a consentirci di prevedere il meteo del resto della stagione fredda!

Non di meno l’arte si è lasciata ispirare dalla scena dell’incontro al tempio, come vediamo già da un assaggio contenuto in questo articolo dai mosaici paleocristiani alle chiese rupestri della nostra vicina Puglia, ma di questo tratteremo nel contributo del prossimo anno!

Gentile da Fabriano,1423, Tecnica tempera su tavola, Museo del Louvre, Parigi

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Giuseppe Longo

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